Sintesi dell’omelia di p. Vittorio Viola * neo eletto Vescovo di Tortona
Basilica S. Maria degli Angeli, 9 novembre 2014
Vicino alla Pasqua, Gesù sale al tempio e, poiché vede che esso è ridotto a un luogo di mercato, allontana con la sferza i mercanti. Questo gesto compiuto da Gesù, mite e umile di cuore, impressiona i suoi.
Per poter capire cosa stia accadendo i discepoli hanno bisogno della parola del Salmo: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà” (Sl 69,10). Si accorgono che Gesù è divorato dallo zelo per la casa di suo Padre, che è luogo di preghiera, della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, luogo in cui il popolo si presenta a Dio con il dono dei sacrifici. Gesù è talmente preso dalla passione per la casa di suo Padre, che non può trattenere quei gesti di furore nel vederla ridotta a luogo di mercato. Sono gesti che tutti percepiscono come profetici e non come quelli di un folle. Gesù offre garanzie difficilissime da comprendere.
Egli dice: “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo riedificherò”. Queste parole, che risuoneranno come una bestemmia agli orecchi dei suoi accusatori e che saranno comprese dai suoi solo dopo la Pasqua, si riferiscono, come dice Giovanni, al tempio del suo corpo che porta a compimento il tempio di Israele.
Gesù – l’altare, il sacerdote, la vittima – è il modo nuovo in cui Dio ha scelto di essere presente in mezzo al suo popolo. È questa l’intuizione fondamentale di che cos’è la Chiesa (il suo corpo), perché se il tempio nuovo, il nuovo sacerdote, il nuovo altare è il corpo di Gesù, per noi c’è un solo luogo di culto, un solo sacerdote: Gesù Cristo. A noi è dato di poter fare un atto di culto solo se riusciamo a fare parte del suo corpo, partecipando alla sua offerta.
I nostri riti non possono dare gloria a Dio. L’unica possibilità di dare gloria a Dio è offrire i nostri corpi “come sacrificio santo, vivente, gradito a Dio” (Rm 12,1). Questo è il culto spirituale, non ce n’è un altro!
A volte usiamo l’espressione “la Chiesa corpo di Cristo” come un’immagine che dice, in qualche modo, una nostra relazione con Lui. Ma noi siamo realmente il suo corpo, innestati nella sua carne, in forza del dono dello Spirito che circola dentro di noi dal giorno del Battesimo.
Abbiamo la stessa linfa vitale, lo stesso destino, lo stesso sangue che ci fa una cosa sola con Lui, partecipando alla sua offerta. Questo è l’amore: altro non ci viene chiesto di vivere.
Noi qui riuniti attorno al suo altare siamo la visibilità del suo corpo, tant’è che il luogo che contiene la Chiesa prende il nome di chiesa.
Anche la ritualità della dedicazione di una chiesa altro non è che i segni dell’iniziazione cristiana trasferiti a un luogo: l’aspersione con l’acqua, l’unzione con il crisma, l’illuminazione sono espressione di un’iniziazione di quel luogo perché contiene la Chiesa, noi, il popolo dei battezzati.
Quali sono le conseguenze di questa parola di Gesù, a quale culto ci ha abilitati, quale responsabilità è per noi il celebrare? Lo Spirito di Gesù spinge in noi perché il mondo possa sentire il profumo dell’offerta di Gesù che è l’amore che siamo chiamati a vivere anzitutto nelle relazioni tra di noi trasformate da questo dono che è l’offerta di Gesù. Se noi ci lasciamo sempre più innestare in profondità dentro il corpo di Gesù (ed è questo che lo Spirito vuol fare dal giorno del Battesimo) sempre di più il mondo verrà riempito della presenza del suo corpo, che è la Chiesa.
Per ciascuno di noi c’è una chiamata a far parte del suo corpo.
Noi vogliamo chiederti, Signore, di essere sempre più degni di far parte del tuo corpo, di non offrire resistenza all’azione del tuo Spirito in noi. Vorremmo essere, Signore, totalmente docili alla tua azione di trasformazione in te per poter essere nel mondo la tua Chiesa, il tuo corpo, la presenza tua, di te che sei il Vivente.
A cura di Lucia Baldo