“Il pianeta ha sete perché il mondo ha fame”
Riflessioni di Rosario Lembo, Comitato Italiano Contratto mondiale sull’acqua
Dal 1992, il 22 marzo è la Giornata Mondiale dell’acqua. A istituire questa ricorrenza sono state le Nazioni Unite con l’obiettivo di promuovere attività concrete all’interno dei Paesi membri contro gli sprechi e il consumo scellerato di una così importante risorsa per il nostro Pianeta, ma anche esauribile. Quest’anno la Giornata è dedicata al legame tra l’acqua e la sicurezza alimentare della popolazione mondiale; lo slogan utilizzato è “Il pianeta ha sete perché il mondo ha fame”. Ancora oggi, difatti, un miliardo di persone non hanno accesso ad acqua sicura, 2 miliardi e 700 milioni tra cui 980 milioni di bambini non dispongono di impianti igienici adeguati. Ogni giorno muoiono 4000 bambini per malattie causate da acqua inquinata e il 50% dei posti in ospedale dei paesi in via di sviluppo è occupato da vittime di acque inquinate. Questo, mentre il 12% della popolazione mondiale usa l’85% delle risorse del Pianeta.
Nei Paesi più industrializzati, invece, ogni singolo cittadino consuma in media da 2 a 4 litri di acqua al giorno e la maggior parte dell’acqua che “beviamo” è contenuta negli alimenti che mangiamo: per produrre un chilo di carne si consumano15.000 litri d’acqua e per produrre un chilo di cereali se ne consumano 1500. Dunque per garantire a tutti l’accesso ad un’alimentazione di base è necessario mettere in campo, con urgenza, alcune azioni: iniziare a consumare prodotti meno trattati, che richiedono una quantità minore di acqua; ridurre lo spreco alimentare visto che ancora oggi il 30% dei prodotti alimentari non viene mai consumato e adottare tutti un regime alimentare più sano. Dal produttore al consumatore, tutti gli attori della catena possono fare qualcosa per ridurre il consumo di acqua, a beneficio della sicurezza alimentare mondiale.
Per questo è fondamentale che tale risorsa sia gestita, innanzitutto, dagli Stati e dai singoli enti pubblici, in modo che possano essere garantiti l’accesso universale e la conservazione per le generazioni future. Come diceva un saggio indiano: ”non abbiamo ricevuto la terra in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli”. Per questo ciascuno, istituzioni incluse, è tenuto ad operare cercando di salvaguardare l’ambiente nelle sue quattro componenti principali: aria, acqua, territorio ed energia. In quest’ottica le Nazioni Unite sin dal 2000 hanno sottoscritto, assieme ai 191 Paesi dell’Onu, le linee di sviluppo del millennio con l’obiettivo di ridurre della metà entro il 2015 le popolazioni senza un accesso a fonti di acqua potabile sicure ed agli impianti igienici di base. L’inquinamento e l’emissione di Co2 in atmosfera, stanno sempre più tropicalizzando il clima anche in Italia, rendendo necessaria l’attenzione alla sostenibilità ambientale anche nelle nostre città fortemente antropizzate.
Accanto a queste considerazioni sull’accesso all’acqua ed ai consumi dell’acqua che chiamano in causa le nostre responsabilità come cittadini e abitanti del Pianeta Terra, è necessario evidenziare, in occasione della “Giornata Mondiale dell’acqua” alcune considerazioni sulle responsabilità della politica e quindi degli Stati e della Comunità Internazionale rispetto alla concretizzazione del “diritto all’acqua” sancito dalla risoluzione delle Nazioni Unite del Luglio 2010. “Il Forum Mondiale dell’acqua, conclusosi da poco a Marsiglia e i lavori di preparazione del prossimo vertice Mondiale della terra “ Rio+20” promosso dalle Nazioni Unite, fanno emergere atteggiamenti contraddittori da parte della Comunità internazionale” – dichiara Rosario Lembo – Presidente del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’acqua che da oltre 12 anni è impegnato in Italia ed nel Mondo a difesa dell’acqua come bene comune e diritto umano.
Nella dichiarazione conclusiva del Forum Mondiale di Marsiglia gli Stati si impegnano infatti ad un generico impegno ad accelerare la piena attuazione degli obblighi dei diritti umani in materia di accesso ad acqua potabile sicura e pulita ed a servizi igienici con tutti i mezzi appropriati nell’ambito degli sforzi per superare la crisi idrica a tutti i livelli, rifiutandosi, però, di affrontare la “dimensione sociale” delle politiche idriche e di riaffermare l’impegno a concretizzare i diritti umani all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dal generale delle Nazioni Unite nel 2010. In parallelo, nella bozza di risoluzione in preparazione della Conferenza di Rio +20 chiamata “Il futuro che vogliamo”, in fase di negoziazione a New York presso le Nazioni Unite, emergono posizioni ancora poco chiare da parte di alcune delegazioni che sono orientate a far sopprimere il riferimento al diritto umano all’acqua e ai servizi igienici nel testo base.
Alla luce di queste considerazioni non si può non prendere atto – constata Rosario Lembo – che ancora nel 2012 la Giornata Mondiale dell’acqua, si celebra solo a parole e proclami generici sull’accesso “universale” all’acqua potabile e servizi igienico-sanitari “di base” per tutti, senza mettere in atto impegni precisi sul piano della concretizzazione del diritto”. Sono ormai quaranta anni che i leader dei Paesi che si oppongono al diritto umano all’acqua proclamano il loro impegno a garantirlo, prima nel 2000 e adesso rinviandolo nel 2030. Nella nostra Italia, infine non si può non rilevare che nonostante il pronunciamento da parte di 26 milioni di cittadini italiani che hanno dichiarato che l’acqua non è una merce sulla quale fare profitto, il Governo ed il Parlamento, a distanza di 9 mesi, si rifiutano di dare concretezza alla volontà popolare, adottando un provvedimento legislativo che concretizzi il mandato referendario e riconosca il diritto all’acqua. È, forse, arrivato il momento che i cittadini e le comunità facciano sentire, con forza, la loro indignazione. E’ questo il modo migliore per celebrare la Giornata Mondiale dell’acqua.