Ogni 100 metri q. di suolo, 47 presentano qualche forma di degrado. Non si tratta solo di cementificazione, ma anche di erosione, desertificazione, compattazione, contaminazione da metalli pesanti. Un danno enorme per le rese agricole, i servizi ecosistemici, il clima, la salute e l’economia. L’80% dei terreni agricoli, pari al 23% del territorio italiano, è sottoposto a fenomeni erosivi e il 68% ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente. Sono alcuni dei dati contenuti nella prima edizione del Rapporto “Il suolo italiano ai tempi della crisi climatica”, realizzato da Re-Soil Foundation. Una fotografia che evidenzia quanto il problema suolo sia complesso e ancora troppo sottovalutato.

Rivalutare il suolo e le sue potenzialità
“Il suolo è molto importante – sottolinea Walter Ganapini, presidente Comitato tecnico scientifico Re Soil Foundation – ma purtroppo è una risorsa scarsa aggredita pesantemente in termini di consumo, mentre era stata concepita per essere curata, accudita e rigenerata. E questa situazione di degrado e di consumo del suolo deve essere superata a partire dal riprendere una consapevolezza che era presente già in chi in passato lavorava nelle campagne. Quindi è fondamentale fare un punto serio e scientifico prima di tutto sullo stato del suolo e molti sono i parametri che influiscono sulla salute del suolo che vede in Italia più del 47% dei suoli con delle problematicità, e questo vuol dire tendenzialmente minore produzione agricola sul piano quantitativo, ma anche una minore qualità della produzione”.

Un Paese bello ma fragile
E questo problema è legato anche alla conformazione geofisica dell’Italia. “È un Paese straordinario e meraviglioso – prosegue Ganapini – ma anche estremamente delicato. Infatti abbiamo l’80% di colline e montagne. Pensiamo alle ceneri del Vesuvio, che ancora oggi diventano colate rapide sui Monti Lattari che sovrastano le pianure e le città della Campania.
Noi dobbiamo essere consapevoli che rigenerare un suolo richiede secoli e in questi anni abbiamo sottoposto il nostro territorio ad una duplice azione, sovra utilizzando i terreni più fertili e marginalizzando il resto che è l’80% del territorio. Occorre, quindi per prima cosa manutenzione del territorio e del suolo, e sapere che c’è una connessione fortissima sulla biodiversità, che può diventare un potenziale anche economico enorme”.

Un problema che attraversa tutta l’Italia
I dati che vengono fuori dal rapporto sono molto preoccupanti. Un esempio è rappresentanto dal carbonio organico, componente che ha un ruolo vitale per il funzionamento dell’ecosistema suolo e per la sua fertilità.
La maggior parte dei suoli italiani, in particolare quelli coltivati, ne hanno un contenuto inferiore al limite considerato necessario per poter definire sano un suolo. “La carenza della sostanza organica – ha spiegato nella presentazione Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica Agraria all’Università di Bologna – interessa territori da nord a sud dell’Italia. Sono particolarmente colpite alcune aree del Piemonte nella zona del cuneese, dell’Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, gran parte dei territori della Sicilia e parte della Sardegna. Una situazione dannosa sia sotto il profilo agronomico che ambientale”.

Il grave problema della desertificazione
Tra i problemi in evidenza anche quelli legati alla desertificazione del territorio. Una questione da non sottovalutare, tanto che l’Italia è compresa a tra i Paesi a rischio nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione. Le più colpite risultano le regioni meridionali, ma proprio a causa dei cambiamenti climatici ormai è tutto il territorio nazionale ad essere a rischio. Una situazione che troviamo in maniera molto grave in tutto il mondo. Infatti, sono circa 200 i Paesi e 1 miliardo le persone interessati dal processo di desertificazione. Tra gli Stati più colpiti ci sono Cina, India, Pakistan e diverse nazioni di Africa, America Latina, Medio-Oriente, ma anche Paesi dell’Europa mediterranea, come Portogallo, Spagna, Grecia, Cipro, e Malta.

Un’agricoltura consapevole per recuperare il suolo
La strada da fare è quindi ancora molto lunga. Un approccio partecipato e percorsi condivisi, oltre al problema del recupero delle aree contaminate, possono essere molto efficaci per curare anche molti altri mali del suolo. Come quello di adottare un’agricoltura ‘amica del suolo’ capace di adattare i sistemi agricoli alle condizioni esistenti, programmando operazioni che nel tempo riescano a riabilitare i suoli.
“In molti casi – sottolinea la Società Italiana Scienze del Suolo – il recupero o la rivisitazione delle sistemazioni idraulico-agrarie può essere la chiave di volta per permettere la reintroduzione di sostanza organica nel suolo. Molte azioni possono essere messe in atto, ma devono essere intraprese di comune accordo tra amministratori, esperti, aziende agricole e cittadini”.

Marina Tomarro – Città del Vaticano

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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