IL SENSO DEL LIMITE
Il progresso scientifico è nato per l’emancipazione dell’uomo, ma è fondamentale che non si sviluppi senza limiti in nome della libertà assoluta che si accontenta di poter scegliere, mentre non si preoccupa di scegliere il bene. Lo ha sottolineato il papa nel Msg. per la Giornata mondiale della pace 2024, in cui ha riflettuto sulla mentalità tecnocratica ed efficientista che ha perso il senso del limite. Infatti l’uomo “pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su se stesso; nella ricerca di una volontà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica” (Msg. Giornata mondiale della pace 2024, Intelligenza artificiale e pace, n. 4).
Già Benedetto XVI ha sollevato questo problema nell’Enciclica “Caritas in Veritate” dove ha esaminato il tema dello sviluppo umano. In essa ha evidenziato l’esigenza di “recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una totale autonomia” (CV 70). Invece l’uomo moderno è convinto di “essere il solo autore di se stesso” (CV 34) e ritiene che ogni legame sia oppressivo.
Ha fede solo in sé e, ponendo se stesso al centro della realtà, adora l’opera delle sue mani costruita perseguendo l’idolo della libertà assoluta. E così percorre molteplici sentieri che finiscono per costituire un labirinto.
A questo proposito papa Francesco si chiede come spiegare altrimenti la constatazione che “un’umanità, giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli elevati di sviluppo scientifico, tecnico, culturale e giuridico, non sia in grado di garantire a tutti la dignità, brancoli nel buio delle disuguaglianze e dei conflitti” (Msg. Quaresima).
È un’umanità formata da uomini e donne che non vogliono affidarsi a Dio per percorrere un cammino di fede, che li renda consapevoli di essere solo creature dipendenti dal loro Creatore. Se accettassero il loro limite di creature potrebbero arrivare ad “essere quello che il Padre ha pensato” (GE 32). E sarebbero veramente liberi nello scegliere il bene.

UNA NUOVA UMANITÀ
Il cammino di vera liberazione, iniziato col Battesimo, esige la rinuncia alla libertà assoluta; rinuncia che nel Msg. Quaresima 2024 viene identificata nell’abbandono di alcuni idoli che impediscono il cammino di fede. Ne viene fatto un elenco: “potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti… attaccarci al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone”.
Per percorrere un cammino di fede è fondamentale lo “svuotamento” da questi idoli che imprigionano il cuore e lo fanno sentire ricco di se stesso. “Quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di se stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli, né per godere delle cose più importanti della vita. Così si priva dei beni più grandi. Per questo Gesù chiama beati i poveri in spirito, che hanno il cuore povero, in cui può entrare il Signore con la sua costante novità” (GE 68).
Un cuore è povero se rinnega se stesso cioè i propri idoli e guarda la realtà nella prospettiva di Cristo.

L’EREDITÀ
S. Francesco, pellegrino e forestiero in questo mondo, ha raggiunto “l’eccellenza dell’altissima povertà” (FF 90) e l’ha lasciata in eredità ai suoi seguaci.
Nei suoi Scritti mette in evidenza che la povertà esteriore deve essere una manifestazione esterna di un atteggiamento interiore. Dove questo manca essa diventa facilmente una caricatura, un fariseismo, un fanatismo. In S. Francesco la povertà è una forma di vita che penetra tutto l’uomo e ogni settore della sua vita. Il suo ideale può essere riassunto in una frase breve: “Nulla, dunque di voi, tenete per voi, affinché vi accolga tutti colui che a voi si dà tutto” (FF 221).
L’atteggiamento spirituale di povertà interiore esige che l’uomo rinneghi se stesso.
La povertà, come kenosis, spogliamento, svuotamento da tutto, crea nell’uomo un vuoto in cui la grazia di Dio può effondersi.
La povertà, come kenosis, fa spazio all’amore di Dio, ci rende sua dimora.
La povertà, come kenosis, ci rende simili a Lui che “non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo…” (Fil 2,6-7).
S. Francesco sparge nei suoi Scritti alcune esemplificazioni su come essere poveri ad imitazione di Cristo.
Per esempio propone di vivere senza nulla di proprio non adirandosi, né turbandosi “per la colpa degli altri” (FF 160) altrimenti questa ricade su chi si adira come un tesoro fraudolento. E ancora più vicino alla prospettiva di Cristo è il povero che “odia sé e ama quelli che lo percuotono sulla guancia” (FF 163).
È beato il povero che “rende tutti i suoi beni al Signore “ (FF 168), perché non ha nulla di meritorio da presentare a Dio farisaicamente né ha la speranza di avere un compenso manifestando agli uomini i beni che il Signore gli mostra (cfr. FF 178).
Anche senza arrivare a mete così alte papa Francesco conclude che abbiamo bisogno di costruire un nuova umanità: il popolo degli umili e dei poveri di spirito. Essi svuotano se stessi per diventare dimora dello spirito di Cristo che li riempie della vera libertà. La libertà che ha il senso del limite.
La povertà di spirito rende l’uomo libero e gli consente, anche avvalendosi della tecnologia, di rendere la terra una degna dimora di tutta la famiglia umana.

Graziella Baldo

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata