Dibattito in piazza Duoma tra Carlo Petrini, Enzo Bianchi e Antonio Sciortino sul tema “Pane che dà la vita”, nell’ambito del Festival biblico 2015
(21 maggio – 2 giugno)
«Enzo Bianchi e Carlo Petrini sono ormai una coppia di fatto». Ha esordito così don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, per presentare il priore di Bose e il fondatore di Slow Food, chiamati sempre più spesso insieme a parlare di cibo. E ieri erano in piazza Duomo a Vicenza, in dialogo su “Pane che dà la vita”, nell’ambito del Festival Biblico 2015. Ed è un dialogo accorato, perché parla di temi forti. «I dati della Fao – esordisce Bianchi – ci dicono che, nonostante ormai abbiamo raggiunto i 7 miliardi, c’è cibo per tutti, ma a molti manca il denaro per acquistarlo. Così succede che un miliardo di persone sia denutrito e 800 milioni soffrano la fame. Mentre nell’emisfero nord ci sono 900 milioni di obesi.
Mentre in Italia il 40% del cibo viene sprecato. La vera divisione è tra quelli che hanno fame e quelli che hanno troppo da mangiare».
Il dialogo è corredato da esempi di vita vera; sono entrambi figli di comunisti, il religioso Bianchi e il non credente Petrini. «Ma vorrei averne di non credenti così», aggiunge Sciortino, che non ha dubbi che il fondatore di Slow Food prima o poi andrà “sulla via di Damasco”. Alla tavola del festival non poteva mancare il riferimento a Expo 2015, un evento per Petrini che «a partire dal titolo: “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, poteva essere un’agorà per l’Italia, ma ha mancato, si è snaturato. C’è una retorica volgare basata sulla ricchezza, sull’opulenza.
È una grande fiera con pochi contenuti. Non c’è accenno alcuno alla speculazione che governa il mondo». Anche Enzo Bianchi non adopera mezzi termini: «Quando vedo che uno accumula ricchezza senza mai vedere l’altro che è povero, dico che questa è una ricchezza maledetta. Ho letto che un imprenditore italiano guadagna 7 mila volte quello che guadagnano i suoi operai. Per me questa è una ricchezza maledetta. Oggi il 20 per cento della popolazione possiede l’80 per cento delle risorse. I ricchi oggi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Ma per la nostra fede cristiana è la presenza di Dio che impone equità, Dio manda i ricchi a mani vuote. È urgente che ritroviamo la communitas, l’idea del bene comune, la corresponsabilità dell’uno verso l’altro. Il cibo e tale quando è condiviso, altrimenti è veleno per chi se lo accaparra».
Ma c’è un altro “evento”, molto più pregnante che tutti attendono con trepidazione, ha detto Sciortino, l’enciclica di Papa Francesco dedicata al creato. «E noi lo custodiamo questo creato? – riprende il priore di Bose -. Rispettiamo le altre creature? La barbarie nella quale viviamo ci fa trattare gli animali come carburante », così facendo «violiamo quella che dovrebbe essere una sinfonia tra noi e le altre creature viventi». Questa società sembra proprio che gli altri se li sia dimenticati. «Ci siamo persi il valore della fraternità – ha aggiunto Petrini, citando papa Francesco -. Non ci fa male che molti nostri fratelli perdano la vita nel Mediterraneo. Li guardiamo morire, ma non discutiamo mai, per esempio, di land grabbing, questa terribile pratica che li rapina delle loro terre. In Africa 80 milioni di ettari sono stati comprati da Cina e Arabia Saudita, con la complicità dei governanti. Chiediamoci perché poi vengono via. Levare la terra vuol dire levare la capacità di produrre cibo. Si è arrivati al paradosso che in Messico il 5 per cento dei contadini soffre la fame. Mai era successo nella storia. I contadini lavoravano duramente, con mille sacrifici, ma la fame in campagna no. E tutto questo in nome di quel feticcio che si chiama libero mercato. L’80 per venti dei semi è di proprietà di 5 multinazionali. Ma il seme è bene comune, patrimonio comune, non può essere proprietà di qualcuno. Negli ultimi 50 anni il cibo ha perduto valore. Non conta il lavoro che c’è dietro, conta solo quanto costa. Abbiamo completamente perso il legame con la natura, anche nella terminologia. Non sei più un contadino, sei un imprenditore agricolo. Benedetti i giovani che tornano alla terra, per me sono degli eroi. Compriamo da loro, evitiamo la grande distribuzione. Dobbiamo essere tutti uniti in questa lotta alla disumanizzazione».
Il telefonino a tavola è per Sciortino «un ospite fisso, sempre acceso, sempre presente, anche se noi non lo abbiamo mai invitato». Ed è per il priore di Bose «la scusa perché non si ha più nulla da dire in famiglia. La tavola per dodici mila anni è stata il luogo di umanizzazione per eccellenza, oggi è luogo di estraneità. Una volta era in legno, bella, grande. Poi è diventata via via sempre più piccola. Significa che non si vuole più portare nessuno a casa. Ma il cibo è relazione, condivisione. Mio padre mi diceva: “Se non dai da mangiare ad un povero, non sei più mio figlio. Ricordati che in molte famiglie si tiene una sedia vuota perché chi arriva, anche se non ha avvisato, possa sedersi e mangiare assieme”. E poi alla fine, va ringraziato sempre chi ha cucinato. Fare da mangiare è la grammatica elementare per dire a qualcuno che gli si vuole bene. Ti do da mangiare bene, perché voglio che tu stia bene». E ai cristiani che si sono dimenticati di condividere, Bianchi ricorda che «saremo giudicati non su quante volte siamo andati a Messa, ma sul Vangelo: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete, e mi avete dato da bere”».
Per approfondimenti www.festivalbiblico.it