L'uomo nell'età della tecnica | ilcantico.fratejacopa.net

L’uomo nell’età della tecnica | ilcantico.fratejacopa.net

 

La realtà nascosta
Nel celebre film dei fratelli Wachowski: “Matrix”, si racconta che l’umanità, sopravvissuta ad un disastroso evento cosmico, per continuare ad esistere ha avuto bisogno di speciali macchine. Ma queste hanno finito per prendere il sopravvento e chi le controlla ha preso il potere ponendo l’umanità dietro il paravento di un mondo irreale. In questo mondo gli uomini non sono più liberi in quanto non conoscono la verità, ma sono soggetti a chi controlla le macchine. Solo Neo con l’aiuto del pirata informatico Morfeo e della bella Trinity può tentare di scoprire la verità e far ritrovare agli uomini la libertà in un mondo reale, cioè in un mondo in cui si vedono le cose come veramente sono. Ed è con l’auspicio di riuscire in questo intento che Morfeo accoglie Neo nella sua nave in lotta per la libertà dicendogli: “Benvenuto nel mondo reale!”

L’appello dell’essere
Il film “Matrix” ci può aiutare a riflettere sulla nostra mancanza di libertà in un ambiente altamente tecnologizzato. La tecnica affascina l’uomo, poiché lo sottrae alle limitazioni fisiche e consente di allargare i propri orizzonti. Essa è uno strumento prezioso quando viene utilizzato per lo sviluppo dell’uomo, ma non quando trasporta fuori dalla realtà nell’illusione di un potenziamento della libertà. “A partire dal fascino che la tecnica esercita sull’essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all’appello dell’essere, a cominciare dall’essere che siamo noi stessi” (CV 70). L’uomo non è libero solo perché può “scegliere”. Inoltre la libertà è fortemente compromessa quando egli diventa una protesi della tecnica, cioè è soggetto allo stra-potere della tecnica che estende la sua logica a tutti gli ambiti della vita. Laddove vengono richieste prestazioni efficienti ed efficaci, o ciò che conta è avere abilità, risultati ad ogni costo ed in breve tempo, il rischio è quello di diventare un uomo-prodotto. Laddove si deve fare, non tanto capire cosa o perché, ma semplicemente fare, il rischio è quello di diventare un uomo-massa. Laddove la qualità della vita è determinata dallo sviluppo tecnologico e l’uomo si considera come una macchina da aggiustare quando è possibile e da rottamare in caso contrario, il rischio è quello di diventare un uomo-macchina.

 

 

L'uomo nell'età della tecnica - Il libro della natura | ilcantico.fratejacopa.net

Il libro della natura
Si può anche intendere la “libertà” come potenzialità indiscriminata e senza limiti nei confronti della natura pensata come un tutto casuale e manipolabile. L’esaltazione del progresso scientifico contribuisce a credere di dover fare ciò che si può fare, di poter adoperare, dominare, controllare la natura con libertà assoluta attraverso le leggi scientifiche. Ma la natura usata ed abusata si è ormai ribellata! Una commissione d’inchiesta dell’Onu è arrivata alla conclusione che all’umanità rimangono ancora solo pochi decenni prima di giungere al punto di non ritorno. Alcuni esperti sono convinti che siamo già arrivati al punto oltre il quale non sarà più possibile il controllo di un mondo super-tecnologizzato. Nel suo discorso al Bundestag il papa si è chiesto: “Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni?” Ed ha poi proseguito valorizzando coloro che si sono accorti “che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la materia non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stessa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni… Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente”. Ricordiamo che S. Bonaventura considera la natura come il primo libro su cui Dio ha scritto! Nel suo discorso al Bundestag il papa ha affrontato “con forza ancora un punto che oggi come ieri viene largamente trascurato: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ascolta la natura, la rispetta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana” (Discorso di Benedetto XVI al Bundestag, 22-9-2011).

La responsabilità morale
Quando la natura è considerata solo come “un aggregato di dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti allora da essa realmente non può derivare alcuna indicazione che sia in qualche modo di carattere etico” (ibidem). “Se la natura non è più qualcosa di dato e ricevuto – non solo la natura cosmica ma nemmeno la natura umana – essa è muta nei nostri confronti, non ci chiama più ad un dovere. Essa diventa allora il campo d’azione delle forme che l’uomo le voglia imporre. L’uomo ha quindi nei suoi confronti solo diritti. È il caso della concezione della natura di Kant, per il quale essa non rimanda più ad un Creatore e non è più portatrice di un senso per l’uomo. Accade piuttosto il contrario: è ora l’uomo chiamato ad adoperarla e a darle le sue proprie leggi. Questa visione della natura implica una concezione della realtà in cui il fare precede il ricevere e quindi il diritto anticipa il dovere. Infatti è l’estrema e più coerente espressione di questo diritto disancorato dal dovere, per essa ciò che si può fare si deve anche fare”(S. Fontana, Per una politica dei doveri, dopo il fallimento della stagione dei diritti, Siena 2006, p. 74). Se l’uomo comprende la natura in modo puramente funzionale, così come le scienze naturali la spiegano, non avverte più l’esigenza di una morale, di una visione comune in cui gli uomini possano condividere valori non negoziabili o un fine diverso dall’essere-per- il-consumo. La mancanza della morale porta a giustificare tutto, a non scandalizzarsi più di niente, a fare tutto ciò che è possibile fare per soddisfare i propri desideri-diritti. Già Dostoevskij evidenziava che al suo tempo c’era chi sosteneva la “tesi che il diritto deve trionfare avanti a tutto e prima di tutto il resto, e forse prima ancora che si sia appurato in che cosa consista il diritto” (F. Dostoevskij, L’idiota, Milano 2009, Feltrinelli, p. 374). Oggi, laddove si parla solo di diritti e si dimenticano i doveri, e lo sviluppo tecnologico potenzia le pretese dell’uomo, si è giunti fino al paradosso che l’uomo, travolto dalla mentalità tecnicistica, corre il rischio di trovarsi “rinchiuso dentro un a-priori” dal quale non può uscire “per incontrare l’essere e la verità” (CV 70). Di qui l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica.

L'uomo nell'età della tecnica - La ragione "allargata" | ilcantico.fratejacopa.net

L’uomo nell’età della tecnica – La ragione “allargata” | ilcantico.fratejacopa.net

L’educazione
Le potenzialità tecnologiche consentono di considerare i figli come un oggetto di consumo emotivo quando sono desiderati, e quindi voluti, per la gioia dei piaceri genitoriali. Si parla infatti di “diritti genitoriali” senza pensare che un figlio-prodotto di laboratorio non ha garanzie, come invece accade per l’acquisto di qualsiasi altro prodotto. Ma la genitorialità pretesa come diritto può portare ad un’esperienza traumatica, poiché comporta un tipo di obblighi non previsti e non contemplati dalla vita “liquido-moderna”. Comunque, anche nel caso in cui i figli siano naturali e non un prodotto di laboratorio, l’homo tecnologicus li alleverà con una logica tecnologica secondo la quale il fare precede il ricevere, il diritto anticipa o è addirittura disancorato dal dovere, tutto ciò che piace e si può ottenere diventa buono. Ecco allora che i figli non vengono educati nello sviluppo armonioso delle loro capacità, poiché viene dato peso eccessivo alla dimensione emozionale fino al paradosso che ogni divieto dei genitori viene considerato tirannico da parte dei figli. Di fronte a tale accusa molti genitori tirano i remi in barca e rinunciano a sostenere valori che essi stessi faticano a vedere perché travolti dagli stereotipi culturali dominanti. “I giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demotivate e poco autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione”(CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 12).

 

La ragione “allargata”
Per poter educare occorre recuperare una ragione di vita superando la visione ristretta di una ragione “calcolante” che limita le sue indagini all’ambito delle scienze ed esclude tutto quello che va al di là di esse affidandolo alla sola emotività. La ragione ristretta all’ambito scientifico consente un certo tipo di conoscenza, ma non è sufficiente all’essere uomini in pienezza. Essa “si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risorse” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spalancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto”( Discorso di Benedetto XVI al Bundestag, 22-9-2011).

Graziella Baldo