Prof.ssa Alessandra Bonoli*

Stiamo vivendo una crisi mondiale senza precedenti, marcata da emergenze ambientali, sociali ed economiche.
Le sfide ecologiche, come l’emergenza climatica mondiale o gli impatti complessivi sull’ambiente sono fortemente interconnessi e richiedono misure urgenti ed efficaci, in una prospettiva globale.
Negli ultimi decenni, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, l’umanità, o meglio una parte di essa, ha vissuto secondo una concezione di crescita (crescita, non sviluppo umano), anzi, di straordinaria accelerazione economica globale che non ha precedenti storici ed è totalmente in contrasto con la consapevolezza scientifica della finitezza delle risorse naturali e della fragilità dell’ecologia e dell’ambiente da cui gli esseri umani dipendono per la sopravvivenza o per il loro benessere. La sfida per la nostra società è creare le condizioni per vivere e prosperare entro i limiti ecologici del nostro pianeta.
Sono necessarie azioni urgenti: transizione ecologica ed energetica, riduzione delle emissioni di gas serra, atteggiamento resiliente agli effetti avversi del clima, soprattutto su scala urbana e suburbana. Ad oggi, la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di 1,1°C rispetto alla temperatura media della fine del XIX secolo (prima della rivoluzione industriale) e risulta più calda di qualsiasi altro periodo degli ultimi 100.000 anni, con previsioni da parte dell’IPCC (International Panel on Climate Change delle Nazioni Unite) al 2040 di un aumento di 1,5-2,0 °C1.
I livelli di gas serra nell’atmosfera continuano a crescere a causa delle emissioni di origine antropica: le concentrazioni di anidride carbonica, di metano e protossido di azoto sono le più elevate da sempre e l’aumento della concentrazione nell’atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra, connessi in particolare all’uso di combustibili fossili, contribuisce ad una crescita esponenziale il nostro pianeta, con conseguente cambiamento climatico. Molti aspetti del cambiamento climatico continueranno ad aumentare con il riscaldamento della Terra: ondate di calore, forti precipitazioni e siccità sempre più gravi e più frequenti.
Nel 2015, a maggio, Papa Francesco pubblica la Lettera Enciclica “Laudato si’”. A prescindere dal valore pastorale, il documento risulta la più alta summa delle conoscenze scientifiche sul tema del clima e dell’ecologia integrale. Il Papa si è avvalso della consulenza dei maggiori studiosi, quali la direttrice della agenzia di protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA), Gina McCarthy, lo scienziato Veerabhadran Ramanathan, storico sostenitore del rischio del riscaldamento globale, la presidente del WWF, Yolanda Kakabadse, e di John Schellenhuber, fondatore e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research.
È bello pensare che grazie all’enciclica, nel 2015, si vengano a concretizzare azioni anche da parte della politica.
Nel settembre, 2015, la comunità delle Nazioni Unite ha approvato l’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, i cui elementi essenziali sono riassunti in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals) e 169 sotto-obiettivi, i quali mirano entro l’anno 2030, a porre fine alla povertà, lottare contro l’ineguaglianza, affrontare i cambiamenti climatici, promuovere uno sviluppo sociale ed economico e più in generale a contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente. Gli SDGs hanno validità universale, e tutti i Paesi devono fornire un contributo per raggiungere gli obiettivi in base alle loro capacità.
A dicembre 2015 l’accordo di Parigi, siglato da 189 Paesi, nell’ambito della XXI Conferenza delle Parti (COP 21). Un’azione congiunta e un consenso globale. Oltre all’Europa, anche Cina, l’India e Stati Uniti si impegnarono per un taglio delle emissioni, a stanziare fondi per l’energia pulita, a decarbonizzare l’economia, a diffondere in tutto il mondo tecnologie verdi.

La crisi ecologico ambientale
Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento ad una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci deve impedire di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti.
Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti.
Data l’ampiezza dei cambiamenti cui assistiamo oggi, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Nella Laudato si’ il Papa ci dice che non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.
Sul problema energetico-climatico, l’Enciclica condivide tutte le preoccupazioni già da tempo espresse dagli scienziati: il clima è un bene comune che va assolutamente salvaguardato e il riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuto sostanzialmente alla grande quantità di gas serra generati dall’attività umana; i cambiamenti climatici hanno gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche; le previsioni catastrofiche non si possono guardare con disprezzo e ironia; molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico cercano di mascherare i problemi o nasconderne i sintomi.
È urgente procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale per guardare la realtà in un altro modo e raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili; i Paesi ricchi, che hanno tratto enormi benefici inquinando il pianeta, hanno maggiore responsabilità nel risolvere il problema; il consumo di combustibili fossili deve diminuire senza indugio e la transizione dall’uso dei combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili non va ostacolata, ma accelerata, così come la penetrazione delle energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo deve essere sostenuta con trasferimento di tecnologie, assistenza tecnica e aiuti finanziari.
Un ambiente sano è il prodotto dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, come avviene nelle cul ture indigene e come è avvenuto per secoli in diverse regioni della Terra. I gruppi umani hanno spesso “creato” l’ambiente, rimodellandolo in qualche modo senza distruggerlo o metterlo in pericolo. Il grande problema di oggi è che il paradigma tecnocratico ha distrutto questo rapporto sano e armonioso.
L’intervento dell’essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dall’ambiente. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l’imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Partendo dal falso assunto che le risorse del pianeta siano infinite e che la capacità della Terra di assorbire inquinamento, rifiuti, sia altrettanto illimitata.
La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all’esaurimento delle riserve naturali e all’inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita.
Nella Laudate Deum il Papa rincara la dose. Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli.
Sono necessarie forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti.

* Docente di Ingegneria delle materie prime presso
l’Alma Mater di Bologna e Coordinatrice del Gruppo
di Ricerca di Ingegneria della Transizione ecologica e
Economia circolare

1 IPCC, 2022, Cambiamento Climatico 2021: sintesi per tutti. Versione in italiano. https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/ outreach/IPCC_AR6_WGI_SummaryForAll_Italian.pdf
L’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO)e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) allo scopo di fornire al mondo una visione chiara e scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. L’IPCC esamina e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo, e importanti per la comprensione dei cambiamenti climatici. L’attività principale dell’IPCC consiste nel produrre periodicamente Rapporti di Valutazione scientifica sullo stato delle conoscenze nel campo del clima e dei cambiamenti climatici (Assessment Reports).
L’IPCC redige anche Rapporti Speciali (Special Reports) e Articoli Tecnici (Technical Papers) su argomenti ritenuti di particolare interesse scientifico e necessità.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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