La dignità dell’esistenza di tutti | ilcantico.fratejacopa.net

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Nella nostra società parlare di disabilità, fragilità, malattia, crea disagio; come se tutto ciò non appartenesse anche al nostro vivere, alla nostra quotidianità. Ma il tema della disabilità così come quello della dignità della persona e della vita è, da un lato, un argomento di grande attualità, per il dibattito sul progetto di legge Calabrò in discussione alla Camera, dall’altro di enorme importanza dal punto di vista culturale in merito alla concezione di fragilità e di persona stessa.

Spesso si parla di malattia e di disabilità secondo un’idea sbagliata che porta a delle conseguenze riguardo alla considerazione della persona in quanto tale. Si tratta, nella maggior parte dei casi di scarsa conoscenza. La recente Legge 3 marzo 2009, n. 18 (ratifica Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità) definisce persone con disabilità “coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri” (art. 1).

Chiunque di noi quindi, se messo in un contesto ambientale sfavorevole, può diventare persona con disabilità e ogni persona, anche solo in un periodo della propria vita può trovarsi in una condizione di disabilità. Ma su una base di eguaglianza con gli altri.
Quando tutto ciò sarà realtà? Basta volerlo!
Purtroppo oggi il vero problema sta nella mancanza di sensibilità e di reale attenzione nei confronti del mondo della disabilità. Nonostante che le persone con disabilità stesse, insieme con le loro famiglie e le associazioni che li rappresentano, stiano cercando con moltissimi sforzi di coltivarle coinvolgendo l’opinione pubblica ed il mondo politico e sociale.

Oggi, infatti, la strumentalizzazione e la spettacolarizzazione di alcuni singoli “casi” prevalgono ancora sulla volontà e sulla vocazione a prendersi concretamente cura della persona. La cultura della presa in carico, della condivisione e della partecipazione nei confronti della persona disabile non è ancora sufficientemente penetrata e maturata all’interno della nostra società. Quotidianamente le persone con disabilità combattono per stimolare e sensibilizzare la società in cui tutti viviamo sui loro bisogni e su quelli delle loro famiglie, cercando con tutte le forze di promuovere un concetto di dignità della vita umana e della persona non riconducibile unicamente alla residua efficienza delle funzioni del corpo. Una sfida senza dubbio difficile ed impegnativa.

A volte mi chiedo: sono solo le persone con disabilità a non avere forze o capacità sufficienti per spiegare le loro ragioni oppure, proprio perché i nostri argomenti vengono considerati troppo problematici e implicano necessariamente un impegno e uno sforzo alla condivisione e all’ascolto, e le persone con disabilità sono considerate ingombranti se non addirittura un costo sociale che è più comodo e/o conveniente non affrontare? Le persone con disabilità sono persone meravigliose che pur in condizioni di grave difficoltà e fragilità, vogliono legittimamente difendere e ribadire l’indisponibile diritto ad una vita dignitosa. In questo senso è importante affermare come “inguaribile” non vuol dire necessariamente “incurabile” ma si tratta, di garantire un ambiente che permetta libertà d’azione e di scelta, nella quotidianità, alle persone con disabilità e alle loro famiglie.

È necessario partire dal presupposto che la vita umana è un mistero irriducibile che non può essere descritto esclusivamente dai soli elementi biologici e pertanto non è ammissibile l’idea per cui una vita sia degna di essere vissuta solo a certe condizioni. Il riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano deve essere il punto di partenza e di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza e si impegna affinché la malattia e la disabilità non siano o diventino criteri di discriminazione sociale e di emarginazione. Questo riconoscimento richiede anche concreti investimenti sul piano economico e su quello culturale, per favorire un’idea di cittadinanza allargata che comprenda tutti, come da dettato Costituzionale, e per riaffermare il valore unico ed irripetibile di ogni essere umano, anche di chi è talora considerato “inutile” poiché, superficialmente, giudicato incapace di dare un contributo diretto alla vita sociale.

È inaccettabile avallare l’idea che alcune condizioni di salute, di disabilità rendano indegna la vita e trasformino il malato o la persona con disabilità in un peso sociale. Si tratta di un’offesa per tutti, ma in particolar modo per chi vive tali condizioni, questa idea, infatti, aumenta la solitudine a volte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, introduce nelle persone più fragili il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società, e favorisce decisioni rinunciatarie. Basta affermazioni del tipo nutrizione ed idratazione sono atti terapeutici, no, sono semplici strumenti di supporto vitale.

Dovremmo però essere anche noi medici a contribuire, insieme alle Istituzioni, a rinsaldare nel nostro Paese la certezza che ognuno riceverà trattamenti, cure e sostegni adeguati. Si deve garantire al malato, alla persona con disabilità e alla sua famiglia ogni possibile, proporzionata e adeguata forma di trattamento, cura e sostegno. L’indipendenza e l’autonomia del medico, che è un cittadino al servizio di altri cittadini, potranno garantire che le richieste di cura e le scelte di valori dei pazienti siano accolte nel continuo sforzo di aiutare chi soffre e ha il diritto di essere accompagnato con competenza, solidarietà e amore nel percorso di fine vita.

Mario Melazzini, Presidente nazionale Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica Onlus