Martìn Carbajo Nùñez, ofm

Pubblichiamo la prima parte dell’ampia riflessione svolta in diretta streaming nel 2° Incontro del Ciclo “Il tempo della cura. Vivere con sobrietà, giustizia fraternità”, promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa in collaborazione con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo. L’incontro, finalizzato ad introdurre all’enciclica “Fratelli tutti” (FT)1, ha posto al centro la dimensione profonda della fraternità colta in S. Francesco e nell’enciclica, a cura di Martín Carbajo Núñez, ofm, francescanista e docente di teologia morale (Pontificia Università negli Stati Uniti). La seconda parte della relazione sarà pubblicata nel prossimo numero del Cantico. È possibile visionare il video dell’incontro sulla pagina youtube Fraternità Francescana Frate Jacopa e sulla pagina fb Santa Maria Annunziata di Fossolo.

Il concetto di fraternità è complesso e può essere utilizzato a vari livelli (interpersonale, ecclesiale, universale, cosmico) e con significati diversi. Questo termine, con i suoi derivati (fratellanza, confraternita), era di uso comune nel Medioevo e continua ad essere usato oggi per riferirsi ad associazioni di tipo studentesco religioso, massonico, ecc. In ambito ecclesiastico e francescano, si applica a un’intera congregazione religiosa e alle sue provincie o comunità locali. Le Costituzioni generali OFM iniziano affermando: “L’Ordine dei Frati Minori, fondato da san Francesco d’Assisi, è una Fraternità”.
La Rivoluzione francese ha coniato lo slogan: “Libertà, uguaglianza, fraternità”. La fraternità diventa così un motto, legato alla nostra natura comune, all’uguaglianza dei diritti e ad un apparente universalismo, ma non supera la dinamica di separazione e di confronto tribale. D’altra parte, il marxismo esclude la fraternità nel presente quando proclama la lotta di classe come necessaria e inevitabile per avanzare verso una futura società egualitaria e pacificata.
Le ultime encicliche ed esortazioni apostoliche di Papa Francesco sviluppano questo tema da prospettive complementari. La fraternità umana presentata da FT rientra nella fraternità cosmica promossa dall’enciclica Laudato si’ (LS). Nella casa comune tutti siamo in relazione (FT) e “tutto è in relazione” (LS). Le due encicliche ci invitano ad ascoltare “tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (LS 38), anche se la Laudato si’ si focalizza sul primo e la FT sul secondo. Entrambe le grida sono inseparabili e l’uno non può essere ascoltato senza occuparsi dell’altro.
Il Papa riconosce esplicitamente che le sue ultime due encicliche si ispirano a Francesco d’Assisi, che “si sentiva fratello del sole, del mare e del vento”, ma “sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne” (2). Seguendo questa linea, studieremo il modo in cui il poverello di Assisi ha inteso la fraternità e come l’enciclica Fratelli Tutti lo presenta, evidenziando i punti di contatto tra le due prospettive.

1. DIMENSIONE TEOLOGICA E TRASCENDENTE DELLA FRATERNITÀ
La parola “fratello” (frater) è una delle più usate da Francesco d’Assisi nei suoi scritti (306 volte), solo superata da quella di “Signore” (“Dominus“). Il termine “fraternità” (fraternitas), tuttavia, appare solo dieci volte e sempre riferita all’Ordine in quanto tale2.
Francesco, infatti, preferiva evitare le parole astratte. Il poverello non ci ha lasciato una definizione di fraternità, ma certamente ha dato priorità alle relazioni fraterne sugli aspetti istituzionali della sua forma di vita.
L‘enciclica FT usa la parola “fraternità” quarantaquattro volte, il doppio della parola “solidarietà”. Benedetto XVI, nel capitolo 3 dell’enciclica Caritas in veritate (CV), aveva già preferito parlare del “principio di fraternità” anziché del principio di solidarietà. In questo modo, il Papa sottolinea che l’altro non è solo un individuo tra tanti altri, ma un fratello che apprezzo nella sua singolarità. Papa Francesco ripete la stessa idea:
“Mentre la solidarietà è il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternità è quello che consente agli eguali di essere persone diverse. La fraternità consente a persone che sono eguali nella loro essenza, dignità, libertà, e nei loro diritti fondamentali, di partecipare diversamente al bene comune”3. Abbiamo bisogno di “far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità” (8), in modo da poter andare avanti insieme verso “un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana” (127). Più che offrire programmi o soluzioni già elaborate, l’enciclica FT ci invita ad avviare processi, ad assumere valori e atteggiamenti che ci permettano di indirizzare gli sforzi di tutti verso questo obiettivo comune.

1.1. UN CONCETTO TEOLOGICO
Francesco d’Assisi intende la fraternità da una prospettiva di fede. La sua conversione, il suo cammino vocazionale e i frati che lo seguono sono per lui un dono divino completamente immeritato e inaspettato.
Egli accoglie con gioia e venerazione i suoi primi compagni, perché vede in loro un dono divino che non può rifiutare. Nel suo testamento esclama: “Il Signore mi dette dei fratelli” (Test 14). Francesco non può respingere un candidato “ricco di fede e di devozione” (3Comp 32), anche se è poco intelligente e non ha grandi doti. Vuole che il gruppo dei suoi seguaci si chiami “Frati Minori” e non sia legato ad una specifica attività, poiché il programma di vita fraterna sarà il loro scopo più importante.
Continuando in questa linea, l’enciclica FT non riduce la fraternità a una teoria sociale, come facevano gli stoici o gli illuministi, ma la collega a una visione trascendente. Joseph Ratzinger afferma che la fraternità cristiana si distingue nettamente dall’idea di una fraternità chiusa ed elitaria, riservata agli iniziati, che troviamo, ad esempio, nella massoneria liberale.
La fraternità cristiana non è il frutto di una trattativa (do ut des), ma un’espressione di gratuità e di reciprocità; cioè, essa non si basa su un contratto sociale, che regola la libertà e l’uguaglianza di tutti, ma sulla fede in Dio Padre, che ci ha liberamente chiamati all’esistenza e che, in Cristo, ci ha resi fratelli per la forza dello Spirito.
La fraternità cristiana ha un fondamento trascendente: è intesa “dall’alto”, dall’apertura al Padre di tutto e di tutti. Infatti, “la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità“ (CV 19).
La fratellanza e la dignità umana sono valori di base, trascendenti e mai negoziabili, che “vanno al di là di ogni consenso” (211). Essendo “l’immagine visibile del Dio invisibile”, la persona è “soggetto di diritti che nessuno può violare” (273). Quando questa dignità umana viene negata, la porta si apre al totalitarismo e alla legge del più forte.

1.2. FRATELLI IN CRISTO
Francesco d’Assisi intende la fraternità come un concetto teologico che nasce dalla sua fede nel “Padre di nostro Signore Gesù Cristo” (2Cor 1,3, Fior 6). “Uno solo è il vostro il Padre, quello che è nei cieli” e, quindi, “siete tutti fratelli” (Rnb 22,33-34) nel fratello maggiore. Nell’Ufficio della Passione, Francesco celebra che tutti siamo inseriti nel rapporto filiale di Cristo con il Padre.
Coloro che si aprono all’azione dello Spirito purificano il loro modo di relazionarsi, fino a diventare sposi, fratelli e madri di Cristo; cioè, assumono il modo più puro e più alto di rapportarsi. Queste affermazioni sono fatte da San Francesco nella sua Lettera ai fedeli, mostrando così che il suo ideale di relazioni fraterne nello Spirito è auspicabile per tutti quanti.

1.2.1. PROSPETTIVA TRINITARIA E CRISTOLOGICA
La fraternità cristiana ha un fondamento trinitario e cristologico: Dio Padre ci ha fatto figli nel Figlio per la potenza dello Spirito Santo. Mossi dallo Spirito, che è l’artefice dell’autentica fraternità, siamo chiamati ad avere “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Tutti abbiamo la stessa dignità e partecipiamo ad un unico progetto d’amore.
Nella prospettiva cristiana, la fraternità dà senso alla libertà e all’uguaglianza, non il contrario. Il credente non abbraccia la fraternità universale perché ha verificato empiricamente che condividiamo la stessa natura, apparteniamo alla stessa specie, siamo uniti da interessi comuni e dipendiamo l’uno dall’altro, ma perché ha sperimentato che, in Cristo, siamo tutti figli dello stesso Padre nello Spirito.
“Per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo. Da esso «scaturisce per il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione di tutti»” (277).

1.2.2. FRATERNITÀ COSMICA
La fede nel Dio Creatore porta ad amare l’altro come parte di sé, a sentirsi reciprocamente responsabili gli uni degli altri e a prendersi cura insieme della casa comune. La fraternità umana, infatti, si estende a tutte le creature, poiché “tutto è collegato”.
Dobbiamo passare da una visione utilitaristica a una visione contemplativa, capace di ammirare il mistero dell’Altro, degli altri e del creato. Uniti in Cristo, il fratello maggiore, e mossi dallo Spirito, camminiamo insieme verso il Padre. Le creature sono anche le nostre sorelle. Questa profonda fraternità cosmica arriverà a pieno compimento alla fine del nostro pellegrinaggio, quando “Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28).

1.3. DONO E COMPITO
Come Gesù con i suoi discepoli, San Francesco riconosce che ognuno dei suoi frati è un dono di Dio Padre. Pertanto, li invita a comportarsi come fratelli spirituali; cioè, mossi dallo Spirito, “poiché se la madre nutre e ama al suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?” (Rb 6,8). “Avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione” (Rb 10,8) è il valore fondamentale della fraternità, giacché è lo Spirito che li costituisce in fratelli spirituali. Chiede loro di essere poveri, casti e minori, ma soprattutto di essere fratelli. “Ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino tra loro famigliari l’uno con l’altro” (Rb 6,7) perché ognuno di loro è un dono divino, un tempio della Trinità che esige venerazione e rispetto.
La fraternità è dono e compito: una grazia divina che richiede conversione e impegno. Avendo sperimentato la gratuità divina, il credente si sente spinto a convertirsi e a costruire la fraternità universale. Lasciandosi guidare dallo Spirito, sarà in grado di riconoscere che tutti siamo infinitamente amati dal Padre e, quindi, degni ed eguali. Questa esperienza lo aiuterà a superare qualsiasi pretesa di superiorità o privilegio, poiché egli tutto vedrà come un dono da amministrare responsabilmente, mettendolo al servizio degli altri. La fraternità non si riduce a un buon desiderio o a uno strumento per altri scopi. Dobbiamo costruire insieme la cultura della fraternità e, a partire da essa, comprendere le attuali sfide etiche, sociali ed ecclesiali.

2. CHIAVI DI LETTURA: L’INCONTRO CON IL LEBBROSO E LA PARABOLA DEL SAMARITANO
L’incontro con il lebbroso è stato decisivo nella conversione di Francesco d’Assisi e così lo riconosce alla fine della sua vita: “Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo” (Test 3). Da buon samaritano, Francesco si avvicinò a quello straniero che incontrò lungo la via e lo trattò con misericordia. Riconosce che Dio stesso lo condusse, perché fino ad allora gli sembrava “cosa troppo amara vedere i lebbrosi” (Test 1) e da loro fuggiva con profondo orrore.
Tuttavia, da quel momento di grazia in poi, Francesco “stava in mezzo aloro e li serviva umilmente” (3Comp 11), perché in essi riconosceva colui che per noi “ha assunto l’aspetto spregevole di un lebbroso” (LM 1,5).
L’enciclica FT chiarisce il concetto di fraternità mettendolo in relazione con la parabola del Buon Samaritano. Questa storia biblica, commentata al capitolo secondo, è la chiave di lettura di tutto il discorso successivo, poiché manifesta “l’opzione di fondo che dobbiamo compiere per ricostruire” la fraternità universale (67). Il lettore è invitato a lasciarsi interpellare personalmente dalle riflessioni che seguono, invece di ridurle a semplici elucubrazioni mentali. “Con chi ti identifichi?”, “A quali di loro assomigli?” (64).

2.1. LA GRATUITÀ DELL’AMORE
Rivedendo gli avvenimenti della propria vita nel testamento, Francesco d’Assisi riconosce con gioia che “tutto è grazia”. Il Datore di ogni bene gli rivelò che doveva vivere secondo la forma del santo Vangelo, gli concesse di “incominciare a fare penitenza”, gli insegnò a essere misericordioso, gli si manifestò vivo nei poveri e nei lebbrosi, cambiò in dolcezza quello che prima gli era amaro, gli diede “fede nelle chiese” e “nei sacerdoti” (Test 4 e 6), gli donò fratelli, gli aprì il cuore all’incontro con la diversità.
L’enciclica FT insiste pure sulla gratuità dell’amore. Il Buon Samaritano è un modello di quel tipo di relazioni gratuite che rendono possibile la fraternità universale. La sua vicinanza alla persona ferita non risponde né a legami di sangue né a interessi personali o di gruppo. La vittima era un ebreo sconosciuto ed egli apparteneva a un popolo che gli ebrei disprezzavano. Nulla di esterno li univa, se non la comune dignità umana. Il samaritano non era un suo vicino, ma si fa suo prossimo.
Superando pregiudizi di ogni tipo, il samaritano tratta quel bisognoso con misericordia, pur avendo meno motivi per farlo che gli altri passanti. Il suo atteggiamento fraterno contrasta fortemente con l’indifferenza del levita e del sacerdote, che erano connazionali del ferito e, inoltre, funzionari del tempio; cioè incaricati di aver cura del popolo. Socialmente, erano i più vicini, ma nessuno di loro si rende prossimo.
La fratellanza universale pone al centro la persona concreta, con la sua inalienabile dignità, e fa un’opzione preferenziale per i più bisognosi, per le vittime. Non risponde a interessi egoistici, ma alla gratuità dell’amore. Si applica a tutti i livelli: personale, comunitario, internazionale. Papa Benedetto XVI ha ricordato che senza la gratuità dell’amore “non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia” (CV 38).

2.2. DOBBIAMO DIVENTARE PROSSIMI
La fratellanza non deve essere ridotta a un’idea o a un sentimento. In un mondo lacerato dall’indifferenza e dall’abuso, l’unico atteggiamento pienamente umano e cristiano è quello di diventare prossimo, come il Buon Samaritano. Qualsiasi altro modo di agire ci situerà tra i briganti o tra quelli che preferiscono ignorare la sofferenza altrui.
Esultando di amore divino, Francesco d’Assisi invita tutti i suoi frati ad essere “tra”, sottomessi ad ogni creatura, gioiosamente “prossimi“ ad ogni essere umano, non importa se “amico o avversario, ladro o brigante” (Rnb 7,14). Benedetto XVI ricorda che “il suo essere uomo di pace, di tolleranza, di dialogo, nasce sempre dall’esperienza di Dio-Amore”. Liberato da ogni pretesa di dominio, il poverello “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio” (4).
Oggi “vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata” (30) che ci allontana dai bisognosi. Diamo più importanza alle nostre attività e ai nostri affari che alla cura delle persone, come se questo fosse un aspetto marginale nella nostra vita. Spesso chiediamo: “Che cosa fai?” ma raramente domandiamo: “Di chi ti prendi cura?”.
Il lavoro, lo studio e altre attività produttive sembrano più importanti che la cura dei deboli o dei bisognosi, perfino quando si tratta di parenti stretti. Inoltre, questo tipo di lavoro assistenziale è socialmente meno apprezzato e quindi meno retribuito. Nella parabola, il levita e il sacerdote avevano cose più importanti da pensare e, quindi, non si fermano a prendersi cura del ferito.
Dimentichiamo che, assistendo i bisognosi, ci prendiamo cura di noi stessi e cresciamo in umanità. Seguendo l’esempio del Buon Samaritano, anche noi dobbiamo diventare prossimi dello sconosciuto e del lontano; cioè, dobbiamo “riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita” (1). Questo è il senso della fraternità aperta. D’altra parte, quando ignoriamo gli indigenti con la scusa di essere troppo impegnati, stiamo rafforzando le strutture di dominazione e di ingiustizia; cioè facciamo parte del gruppo dei “briganti della strada” (75).
(Continua)

1 Nel corpo del testo le citazioni dell’enciclica Fratelli tutti’ saranno indicate con i soli numeri tra parentesi.
2 Per completare quando qui diciamo sulla fraternità in San Francesco: URIBE F., «La fraternidad en la forma de vida propuesta por Francisco de Asís», in Selecciones de Franciscanismo 32 (2003) 236- 249; DOYLE E., St. Francis and the Song of Brotherhood and Sisterhood, The Franciscan Institute, St. Bonaventure (NY) 1997.
3 FRANCESCO, «Messaggio alla Prof.ssa Margaret Archer», (24.04.2017), n. 1.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata