Assisi, 10-12 novembre 2017
Il Capitolo delle Fonti ci ricorda la necessità di ritornare periodicamente alle fonti ispirazionali della nostra vita. La fonte ci rimanda all’immagine di un’acqua zampillante che ci è donata per ristorarci e superare così la fatica dell’andare, l’apatia, la rassegnazione, l’indifferenza a cui siamo sempre esposti; un’acqua che ci fa uscire dall’aridità per restituirci alla possibilità di accogliere le risorse dello spirito che il Signore ci dona per la nostra vita e la vita del mondo.
Quale bisogno ci sia oggi di tutto questo è evidente a tutti, in modo particolare sul versante del lavoro. Non è un caso che la recente Settimana Sociale dei Cattolici italiani abbia messo al centro il grande tema del lavoro e lo abbia sondato a partire dalla prospettiva della Laborem Exercens, come chiave essenziale della nuova questione sociale globale.
Siamo in presenza di un deficit di lavoro con imponenti esclusioni dal lavoro. Siamo in un contesto globale di accentuata mercificazione del lavoro, ridotto ad un fattore di produzione tra gli altri; mettendo al primo posto il profitto e non l’uomo a cui il lavoro è ordinato, si genera “un lavoro precario, un lavoro che schiavizza, un lavoro malsano, un lavoro indegno dell’uomo”, come denuncia il Papa: “un lavoro che uccide”.
E tutto questo in un cambiamento epocale come quello che stiamo attraversando, con l’avvento di una automazione sempre più avanzata che, se non governata, porterà a situazioni di ulteriori e più forti criticità. Siamo di fronte ad una dimensione costitutiva della persona, il lavoro, che non può essere alienata, pena il depauperamento della persona stessa e di tutta la società perché la persona a quel punto non sarebbe più in grado di provvedere allo sviluppo del suo essere personale e al mandato di cura del mondo affidatole dal Creatore.
In Assisi si ritrova palpitante la luminosa esperienza evangelica di S. Francesco che arriva fino a noi oggi e che riguarda significativamente il lavoro. Per S. Francesco, sapiente conoscitore della Sacra Scrittura, il lavoro è dono, è grazia, non un castigo. Francesco, mistico e frate, non disdegna il lavoro, anzi per Francesco è via ordinaria di conversione il lavoro, in un farsi della persona ad imitazione del corpo di Cristo. E Francesco fa del lavoro un programma di vita nel suo Testamento, tanto che il lavoro stesso diventa “esempio”, predicazione, testimonianza della provvidente misericordia del Signore e della sua presenza con noi nel nostro operare.
Con questo Capitolo in Assisi la Fraternità Frate Jacopa ha inteso riflettere sul senso del lavoro e ritrovarne le coordinate profonde di umanizzazione. Questo ci riguarda come francescani innanzitutto perché è l’eredità particolarmente lasciata nelle nostre mani. Una eredità aperta a tutti, e dunque ci riguarda come comunità ecclesiale per custodire il lavoro come “grazia” e ci riguarda come cristiani e cittadini che non possono trattenere il dono ricevuto, dono da far fruttificare per seminare speranza nella città degli uomini attraverso un lavoro degno. Tutte le età sono chiamate in causa perché nessuna età (neppure quella della pensione) può non prendersi cura del lavoro e dell’operare, tanto più che non solo il lavoro remunerato è lavoro; ed é proprio la dimensione della gratuità che occorre tenere alta in questa nostra società, sia all’interno dello stesso mondo del lavoro (CV e EG), sia attraverso il lavoro di cura per la propria famiglia, per il bene comune, per accompagnare e sostenere le fragilità nelle loro varie forme.
Sempre ricordando che per S. Francesco il santo operare, proprio del lavorare “fedelmente e devotamente”, arriva ad abbracciare la più ampia missionarietà, come ci ricorda la Lettera ai fedeli con l’invito a “portare Cristo nel proprio cuore e nel proprio corpo per partorirlo con le opere sante che devono risplendere agli altri in esempio”.
Queste riflessioni, riprese dall’introduzione ai lavori della presidente Argia Passoni, esprimono le motivazioni del ritrovarsi a Capitolo in Assisi di tutta la Fraternità Francescana Frate Jacopa. Maturate nella veglia di preghiera in apertura del Capitolo e nella Celebrazione Eucaristica alla Basilica di S. Francesco, esse hanno offerto il quadro di riferimento dello svolgimento del Convegno articolato in tre momenti: il primo dedicato alla ripresa dei temi proposti dalla Settimana Sociale (Cagliari, 26-29 ott. 2017) ad opera del Dott. Augusto Magliocchetti (Aci e Meic); il secondo dedicato all’ascolto dell’eredità di S. Francesco riguardo al lavoro e all’operare a cura di P. Pietro Messa ofm (docente di storia del francescanesimo Pontificia Università Antonianum); il terzo momento affidato alla Dott.ssa Stefania Proietti, Sindaco di Assisi, per una testimonianza sul tema “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”.
La prima relazione (di cui a seguire riportiamo una prima parte), rifacendosi alle conclusioni della Settimana Sociale e alla Dottrina Sociale della Chiesa, ha evidenziato l’urgenza di una rinnovata presa di coscienza sul lavoro oggi e la necessità di una conversione culturale perché, se vogliamo creare le condizioni per un lavoro degno, occorre accrescere innanzitutto l’attenzione alla dimensione soggettiva del lavoro, riqualificare l’impianto formativo, e come cristiani e cittadini attendere ad un esercizio di laicità più consapevole, capace di crescere nel discernimento comunitario in una vigilanza evangelica e in una mobilitazione sociale per il bene comune che ha come perno la salvaguardia del lavoro.
Nella seconda relazione P. Pietro Messa ha posto in evidenza le coordinate fondamentali della visione del lavoro in S. Francesco. Per Francesco il lavoro è dono e grazia, non un castigo connesso al peccato dell’uomo (per i monaci invece era qualcosa da evitare per dedicare il tempo all’ “ozio contemplativo”). S. Francesco comanda il lavoro per allontanare l’ozio (in questo caso l’ozio “demoniaco”, l’accidia) avvicinandosi in questo al modo di intendere il lavoro di S. Benedetto che già assume una visione positiva del lavoro rispetto al monachesimo precedente. Francesco fa del lavoro un comando ai suoi frati per dare l’esempio lavorando “fedelmente e devotamente”. Il punto di svolta per una spiritualità del lavoro P. Messa lo ha poi prospettato a partire dal vivere di Francesco nel rendimento di grazie in conformità all’operare di Cristo. Gesù rende grazie e spezza il pane e dona tutto se stesso. Il lavoro in Francesco ha questa dimensione eucaristica: spezzare il pane nella gratuità, è condividere i doni nella gratuità (cf. sintesi del relatore in questo Speciale). Si è profilata così una spiritualità del lavoro che può essere illuminante per recuperare quella dimensione soggettiva del lavoro piuttosto emarginata oggi; una spiritualità del lavoro che porta fuori dalla mercificazione perché in ogni lavoro (remunerato o meno) c’é comunque la gratuità per il bene di tutti gli uomini e la cura del mondo, che il Creatore ha affidato all’uomo, c’é la generosità di donare se stessi con competenza e amore.
Ed in questa ottica il lavoro è via di perfezionamento di sé e di tutta la società.
La terza e ultima riflessione è stata pensata nella forma della testimonianza per comprendere come i due poli considerati (il lavoro nella situazione di oggi e le coordinate per una umanizzazione del lavoro) possono interagire in un vissuto. La testimonianza, davvero esemplare ed intensa, è stata offerta dalla Dott.ssa Stefania Proietti alla luce della sua straordinaria esperienza lavorativa e di impegno sociale, civile, politico, rendendo ragione del titolo delle Settimane Sociali: “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”.
La libertà, unita ad un forte senso di responsabilità, ha caratterizzato infatti fin dall’inizio degli studi il suo percorso. La creatività, espressa dando il meglio di sé nel campo di lavoro individuato, senza paura di affacciarsi al nuovo (sia in ambito di ricerca, sia nella fondazione di una piccola società di ingegneria orientata alla sostenibilità) ha raggiunto importanti traguardi con ottimi risvolti di valorizzazione ambientale. Lavoro partecipativo poi non solo nella forma della società e della ricerca universitaria, ma anche a livello di incontri internazionali sul clima, sentendo l’impegno per l’ambiente come parte integrante del suo essere cristiana con la conseguente collaborazione in Diocesi e nel gruppo Custodia del creato della Cei.
Infine lavoro solidale, che estende la solidarietà al pianeta terra e alle persone che abitano le zone più colpite dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento attraverso l’applicazione di metodologie per la sostenibilità ambientale che rendono possibile l’affrancamento dall’inequità. Tutto questo ancora a monte dell’impegno attuale per la sua città Assisi in qualità di sindaco (Per una trattazione più adeguata della testimonianza, carica di motivi di speranza anche per tanti giovani, si rimanda alla pubblicazione dell’intervento nel prossimo numero del Cantico).
Il Capitolo, che ha visto anche la partecipazione alla Veglia di preghiera mariana alla Porziuncola e una breve visita alle Sorelle Clarisse di S. Coletta, si è concluso nel modo più bello con il rendimento di grazie al Signore nella Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Assistente P. Lorenzo di Giuseppe ofm, nel Santuario di Chiesa Nuova, il luogo dove S. Francesco ha maturato nella casa paterna la sua vocazione. L’avere insieme rinnovato lì le Promesse Battesimali secondo le linee della spiritualità del Santo di Assisi ha assunto la specificità di un mandato a mettere a frutto nelle nostre rispettive realtà “la grazia del lavoro ed il santo operare”.
A cura della Redazione