Riportiamo una sintesi della meditazione di don Igino Canali sul tema della penitenza, svolto a Sezano al ritiro in preparazione al Natale della Fraternità di Verona, con la partecipazione delle Fraternità di Brescia e Bologna.

La penitenza potrebbe sembrare un tema non legato all’Avvento, invece non è così. Nel medioevo, al tempo di Francesco c’erano cinque quaresime; la prima in Avvento, l’ultima era quella di S. Michele, in occasione della quale Francesco si recò alla Verna dove ricevette le Stimmate (1224). Con il termine penitenza noi intendiamo nel nostro codice mentale ciò che si fa dopo la confessione: la rinuncia a qualcosa, pregare di più, il pellegrinaggio a piedi in un santuario, ecc. Ma fare penitenza per il francescanesimo significa entrare nell’ordine del Vangelo; non tanto rinunciare a qualcosa o sopportare qualcuno, ma cambiare vita secondo il Vangelo. Allora la penitenza è permanente: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a far penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo” (2Test, FF 110). Il passo di servire i lebbrosi è l’episodio decisivo; lì Francesco capisce di dover entrare nell’ordine di Dio, di doversi fidare di Dio.

renatodelcorsoAllora la scelta diventa vocazione: “Uscii dal mondo”. La penitenza è una scelta di vita, lo stile francescano. Il nome dei francescani, inizialmente, è penitenti di Assisi; nel corso della prima visita a Roma dal Papa, Francesco e i suoi compagni vengono presentati con questo titolo perché la penitenza è la via verso il Vangelo. Allora la penitenza per Francesco è qualcosa di molto diverso da quello che pensiamo noi; infatti la preghiera Absorbeat, che risale a un periodo precedente il Capitolo delle Stuoie (1221), diventa la radice. La via della penitenza è il suo modo di vivere, l’amore che Cristo ha dato a Francesco. Questo è il codice spirituale fondamentale di Francesco: vivere sotto il cielo con povertà perché questa è l’unica via per arrivare veramente al Signore. “Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amore mio” (FF 277). Sulla radice di questa preghiera si inserisce la Lettera ad un ministro. Quando nel francescanesimo si verifica qualcosa che mette in crisi l’Ordine, Francesco invoca la misericordia. Per questo motivo rinuncia alla carica di ministro generale dell’Ordine: perché resta fedele alla via della penitenza.

Anche di fronte allo sconvolgimento del suo carisma, risponde con la penitenza, e se ne va nella valle di Rieti per un anno intero (1223). E, quando un ministro (probabilmente un ministro provinciale) comunica a Francesco che intende lasciare l’incarico, Francesco risponde con la lettera che lo invita ad entrare nella misericordia. La lettera contiene due passaggi fondamentali. 1. Non rispondere con astio e risentimento alle difficoltà causate da altri: “Ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti coprissero di battiture, tutto questo devi ritenere come una grazia” (Lmin, FF 234). 2. Non lasciare l’incarico, altrimenti diventa un “impedimento nell’amare il Signore Iddio”: “E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza. E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori. E questo sia per te più che stare appartato in un eremo” (Lmin, FF 234s). Usa misericordia con loro. Ama chi ti crea problemi, perché Cristo per amore nostro è morto sulla croce. E perdona: “Amali e non pretendere che diventino cristiani migliori”, non pretendere che gli altri cambino. Questa è la via del Vangelo. Nella seconda parte della Lettera ad un ministro, Francesco dà il comando di obbedienza, imponendo di perdonare qualunque peccato abbia potuto commettere “alcun frate al mondo”. Allora la via della penitenza è uno stile permanente di vivere il Vangelo con lo stile di Cristo Salvatore perché ha perdonato. Il Salvatore salva l’umanità sulla croce “per amore dell’amor suo”.

Nel codice della misericordia funziona la via della penitenza: “E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli” (Lmin, FF 235). Se quel frate è un presuntuoso, chiedi tu se vuole essere perdonato e “amalo più di me”. Se per amore nostro Cristo è morto sulla croce, allora tu perdonalo e usa misericordia. Francesco insiste sul punto perché raccomanda al ministro provinciale di ricordare questo a tutti i guardiani (Lmin, FF 236). Nessuno vive la carità se non fa penitenza: io chiedo a te, Signore, di essere un uomo di penitenza come identità fondamentale che mi permette di fare tutto il resto. La penitenza è questa.

Renato Dal Corso