S.E. Mons. Vittorio Viola, Vescovo di Tortona

Vogliamo guardare a San Giuseppe, alla sua grandezza silenziosa, discreta. Una paternità che ha dei tratti di una bellezza sorprendente che – in un tempo come il nostro dove la figura del padre è certamente molto in crisi – possono illuminare una comprensione e quindi anche poi una vita, un atteggiamento, dove il tratto del silenzio è caratterizzante. Ma un silenzio che è ascolto, un ascolto che è obbedienza, un’obbedienza che è anche coraggio, un coraggio tutto dedito a custodire.
A lui viene affidato un grande compito: quello di garantire la discendenza davidica, tratto essenziale del Messia. Questo gli viene chiesto e questo Giuseppe fa, mentre insieme a Maria accoglie questo dono in un atteggiamento contemplativo da custodire nel cuore.
Spesso non comprendendo, ma non permettendo mai che questa “non comprensione” prevalga sul dono ricevuto. Il tratto del silenzio, con tutte queste e molte altre caratteristiche, certamente è ben evidente nella figura di Giuseppe.
Anche lui riceve come la Vergine, un annuncio. Più volte il Signore gli indica la sua missione.
Lo fa in sogno, cioè in quella condizione della nostra vita in cui abbassiamo un po’ la guardia della nostra ragione e Dio ha la possibilità di muoversi più liberamente. Ovviamente è uno sguardo di fede.
Giuseppe accoglie ciò che il Signore attraverso l’Angelo gli dice. Ed è un’accoglienza sempre operosa. Compie subito dei gesti: accoglie Maria con il frutto del suo grembo, parte per custodire il bambino, parte verso l’Egitto, torna dall’Egitto. È, come comandato dall’alto, in una continua rivelazione di un piano di salvezza dentro al quale lui è chiamato a stare come protagonista e che lui accoglie in presa diretta. Non oppone mai le sue considerazioni, i suoi pensieri, forse anche la fatica che umanamente avrà provato. Subito si pone nell’atteggiamento della fede che accoglie e obbedisce. In questo assomiglia molto ad Abramo che si muove nella fede, non con la definizione di un progetto molto chiaro ma che, nell’amore che Giuseppe aveva per Maria, sua sposa, ha imparato molto da lei. E questa comunione unica, straordinaria, tra Giuseppe e Maria, questa comunione d’amore è il luogo accogliente nel quale il Papa ha consegnato a noi cinque anni fa l’Esortazione “Amoris Laetitia” e ci invita ancora a prendere in mano quel testo, ad approfondirlo, a coglierne le prospettive. Anche in questo Giuseppe ci accompagna.
Quei tratti che Papa Francesco ha delineato nella Lettera apostolica “Patris corde” sono molto preziosi per noi: padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza, nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, padre lavoratore. Tratti che descrivono l’esperienza spirituale di Giuseppe.
Invito a rileggere questo testo che ci aiuta in modo semplice ma profondo, a conoscere questi tratti della paternità di Giuseppe che hanno la forza di illuminare il mistero grande della paternità che porta in sè tutti questi elementi.
Ci accompagna la paternità di Giuseppe anche nell’accogliere la parola di rivelazione che la Sacra Scrittura, il Magistero e Papa Francesco in ultimo rivolge a noi, guardando alla famiglia. Purtroppo siamo molto abituati a parlare della famiglia sempre sottolineando gli elementi di difficoltà, di crisi che pur ci sono in modo evidente, ma questo rischia di limitare la nostra comprensione della bellezza della realtà della famiglia, che è il fondamento del nostro vivere insieme. Non è l’individuo il fondamento della nostra società, ma la famiglia, all’interno della quale si compongono in modo armonico tutte quelle relazioni che possono anche essere problematiche nella società.
Penso alle tensioni che possono esserci tra le diverse generazioni, che sono ben presenti nella famiglia, ma nella famiglia si compongono nell’amore.
Ogni aspetto, anche la differenza di genere, si compone nella famiglia, nella unità di amore, ma non c’è nessun aspetto della vita sociale, soprattutto quelli che vediamo adesso segnati da una crisi di comprensione, che non abbiano nella famiglia il luogo, dove tutto è portato all’essenziale e dove tutto si ricompone nell’amore.
Non possiamo limitarci a parlare della famiglia sempre e solo guardando agli aspetti negativi, di limite, un po’ lo abbiamo fatto anche con la Lettera apostolica “Amoris Laetitia”, che davvero apre delle prospettive importanti. Più volte il Papa ci ha detto di non leggere Amoris Laetitia solo pensando a cercare di vedere che cosa dice rispetto al “che cosa si può fare o non si può fare”.
Abbiamo limitato la lettura di questo testo a questo unico aspetto, mentre dentro questo testo ci sono dimensioni molto più profonde. Pensiamo ad esempio all’importanza degli atteggiamenti da imparare e delle virtù che vogliamo acquisire per poter vivere l’amore quotidiano. E qual è l’ambito primo nel quale siamo chiamati a vivere l’amore quotidiano se non proprio quello della famiglia? Amoris Laetitia ci dà anche delle preziose indicazioni su quelle che sono componenti importanti del nostro vivere: le dimensioni emotive, affettive, sessuali dell’amore. Come pure apre anche uno sguardo profondo perché sempre illuminato dalla rivelazione della Sacra Scrittura sulla generatività, sull’accoglienza della vita, sulle relazioni che all’interno della famiglia si compongono appunto nell’amore. Penso ad esempio al tema che Papa Francesco ha rilanciato con l’Enciclica “Fratelli tutti”. È in famiglia che facciamo esperienza prima dell’essere fratelli, fratelli e sorelle. Proviamo a pensare se potessimo espandere nella nostra società e nel mondo intero questa esperienza (che pure ha suoi limiti perché è segnata dalla nostra fragilità) dell’essere fratelli e sorelle!
Come al centro di tutto è la famiglia. In questo senso dobbiamo ripensare anche il nostro modo di fare pastorale. Il Papa ci invita ad una conversione pastorale, dove questa attenzione alla famiglia non è rispetto ad un ambito tra i tanti del nostro agire pastorale, ma è forse la realtà che può unificare il tutto della nostra azione pastorale, perché nella famiglia ritroviamo il tutto della nostra vita.
Guardare alla famiglia in questo giorno in cui guardiamo a Giuseppe, al suo atteggiamento, è per noi prezioso, perché quei tratti caratteristici e straordinariamente belli ed esemplari della santità di Giuseppe, sono atteggiamenti fondamentali del nostro vivere la famiglia. Ed è un modo di stare innanzitutto davanti a Dio e al suo mistero. Questa accoglienza nella fede, questo compimento della fede diAbramo, questo lasciarsi muovere dal disegno che Dio ha, ancorchè non conosciuto nel dettaglio, ma obbedito passo passo. È così che si custodisce il mistero di Dio che si rivela.
Dobbiamo imparare questa docilità. Se questo diventasse l’atteggiamento fondamentale di ciascuno di noi di fronte a Dio, ma anche di fronte alla presenza di Dio che è il fratello, la sorella che ci stanno accanto (in famiglia questo si può sperimentare), sarebbe l’inizio di un mondo nuovo.
Quel mondo che è nel cuore e nella mente di Dio, un mondo salvato dall’offerta del Figlio, e quindi rigenerato dall’amore.
Noi vogliamo accogliere con speranza la grazia di questa celebrazione, la compagnia di Giuseppe, il suo essere custode della Chiesa universale (l’occasione della Lettera apostolica è il 150° anniversario della Dichiarazione di S. Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale), la sua protezione, il fatto che lui adesso custodisca la Chiesa, corpo di Cristo, così come ha custodito il Verbo fatto carne, ci fa sentire al sicuro. Ma vogliamo anche imparare da lui quei tratti che il Papa ha colto. Nella sua santità vogliamo imparare da lui ad accoglierli: amore, tenerezza, obbedienza, accoglienza, coraggio creativo, lavoro, tratti forti, essenziali, concreti, che noi vogliamo, anche guardando a San Giuseppe, fare nostri, viverli nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità per poter così contribuire a costruire quel mondo nuovo reso possibile dall’amore di Dio, che si è rivelato a noi in Gesù Cristo, che Maria e Giuseppe hanno colto nella loro vita e che tutti noi desideriamo cogliere per essere in lui trasformati.

Trascritto dalla viva voce dall’Omelia di
S.E. Mons. Vittoria Viola, nella Festa di S. Giuseppe.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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