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Il volume, che presenta importanti chiavi di lettura della Enciclica “Laudato Si’” per la riflessione personale e percorsi comunitari, può essere richiesto direttamente a Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa –
tel 06631980 – 3282288455 – info@coopfratejacopa.it –
www.coopfratejacopa.it. ISBN 9788894104721 –
Pagg. 160, prezzo € 13,00.

Dalla presentazione di Argia Passoni

Il presente volume raccoglie gli Atti del Convegno promosso dalla Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa, a Bellamonte (Tn) sulle Dolomiti, dal 25 al 27 agosto 2015, con il Patrocinio del Comune di Predazzo. Il tema proposto – “Laudato si’… Sulla cura della casa comune. Custodire la terra, coltivare l’umano” – è stato analizzato a partire dall’esame dell’Enciclica di Papa Francesco sull’ambiente, grazie al contributo di autorevoli teologi ed esperti.
In un armonioso convergere di letture complementari è emersa la straordinaria ricchezza di questo documento magistrale di portata innovativa, un documento che, pur nella continuità con il Magistero precedente, si dispiega interamente sulla questione ecologica come vera e propria questione sociale. La complessità e l’articolazione della cruciale questione ambientale richiede la risposta di una ecologia radicata in una antropologia a forte impianto relazionale, un approccio dove sono chiamati a confluire non solo il sapere in ordine all’ambiente, ma le scienze sociali, le dimensioni politica ed economica, il sapere teologico e l’etica.
Quale ecologia potrà essere messa in campo senza una antropologia globale, sociale, relazionale, aperta alla trascendenza?
E senza l’assunzione di una ecologia integrale che rimanda all’interdipendenza, alla reciprocità tra essere umano e ambiente, come poter uscire da quella antropologia deviata e dal dominio tecnocratico, che l’Enciclica indica come cause principali di tanta devastazione ambientale ed umana?
Le piste di attraversamento offerte dai relatori hanno evidenziato la profondità e l’ampiezza dei contenuti proposti dall’Enciclica, contenuti che ci chiamano in causa come cristiani, come francescani, ma al tempo stesso come cittadini di questo nostro pianeta ad offrire una nuova prospettiva sapienziale per abitare la terra. Parlare di cura della casa comune significa essere nella concretezza di quel cammino di conversione che ha il suo radicamento nella conversione personale ma che deve diventare conversione comunitaria verso un bene che ci precede, la terra, e che va consegnato alle future generazioni, un bene che è per tutti e per tutte le creature.
Siamo stati posti davanti all’accorato appello a porci urgentemente in stato di risposta e ad imparare a farlo attraverso una ecologia integrale con tutto ciò che questo comporta di “conversione ecologica” e di esercizio di cittadinanza ecologica, nell’apertura e nell’incontro con ogni altro uomo e donna del pianeta apprendendo a cogliere la multiforme parola sulla terra che ci viene dalle diverse competenze, dai diversi saperi, dalla diverse culture, delle diverse fedi. E con tutto ciò che questo comporta in termini di presa di coscienza del realismo a cui richiama l’Enciclica, poiché a problemi globali occorre reagire con istituzioni commisurate ai contenuti del bene comune globale, pensando ad un solo mondo, a un progetto comune, ad una sola famiglia umana nella più vasta famiglia creaturale (cf. relazione di Mons. Mario Toso).
Una chiamata a crescere in consapevolezza e in responsabilità verso il creato – affidato all’essere umano non per il dominio ma per una custodia fedele – e responsabilità verso gli altri, in particolare verso i più colpiti dal degrado ambientale e verso le generazioni a venire a cui stiamo sottraendo futuro; una responsabilità per il bene comune e per i beni comuni, patrimonio che appartiene all’umanità nel suo insieme e che non può essere espropriato. La terra infatti non è un bene economico, la sua qualità fondamentale è data dall’essere dono, dono di Dio, e di chi ci ha preceduto. E in questo senso la terra è uno spazio sacro.
Abitare la terra nel segno della benedizione e della lode vuole dire farsi amorevolmente carico di tutto questo e incarnare l’alternativa alla manipolazione, alla violazione della sacralità del dono,il dono della vita, il dono della terra, nostra madre e sorella. Non a caso l’evocazione del Cantico delle creature, propria del titolo dell’Enciclica, entra a far parte dell’argomentazione indicando la necessità di passare da un rapporto di estraneità con la natura (foriero di dominio e di sfruttamento) ad un rapporto di relazione affettuosa e rimanda alla necessità di risanare in profondità il rapporto col creato, non materia inerte ma “prima parola di Dio”, come ricorda S. Bonaventura (cf. relazione di Lucia Baldo).
Il riferimento a S. Francesco, quale gioioso testimone di umanità ecologica, di umanità riconciliata, “informa un punto di vista, una prospettiva per abitare la terra in questo tempo dell’ecologia” in quella reciprocità fontale voluta dal Creatore. L’Enciclica propone così “l’orizzonte di un umanesimo ecologico a vasto raggio che trae alimento dalla fede biblica nel Creatore, per invitare tutti gli uomini a condividere un vero e proprio patto per la terra” (cf. relazione di Simone Morandini).
A questo si accompagna l’apertura ecumenica, “valorizzazione di una prospettiva etimologicamente cattolica, cioè ospitale”. Il percorso proposto da Papa Francesco guida alla contemplazione di un Dio trinitario che è Lui stesso relazione, amore, sguardo di tenerezza rivolto ad ogni creatura. Conversione ecologica implica il “lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo”. L’Enciclica prospetta una grande sfida culturale, spirituale ed educativa implicante lunghi processi di rigenerazione. Si tratta di puntare alla formazione di una coscienza sociale, alla formazione di una coscienza critica, al discernimento comunitario e alla dimensione comunitaria per poter abitare la complessità.
Il debito ecologico – indagato al Convegno attraverso il caso emblematico del diritto umano all’acqua – ha reso con particolare evidenza come abitare la terra nel segno della benedizione e della lode richieda di associare alle buone pratiche individuali una mobilizzazione politica di proposta per ottenere l’approvazione di nuovi strumenti giuridici a difesa dei diritti umani, e di contrasto allo strapotere dei potentati della terra (cf. relazione di Rosario Lembo).
Ed urge a incamminarci con decisione verso nuovi stili di vita per un nuovo vivere insieme, come quotidiani percorsi di misericordia in senso pieno, misericordia che non tralascia la giustizia, ma la comprende e la cura con la passione propria di chi ama e sa soccorrere la fragilità (cf. relazione di p. Lorenzo Di Giuseppe).
La sezione dedicata all’ascolto della realtà locale, colta in aspetti culturali e politici, ha reso tangibile come la custodia della terra si radichi nella cura del territorio in un orizzonte di interdipendenza vitale e di passaggio di generazione in generazione, evidenziando prassi di peculiare interesse trattandosi di un territorio – le dolomiti – ecopatrimonio dell’umanità, ricco di tradizioni di gestione pubblica giunte fino a noi oggi con “regole” sapienti di custodia dell’ambiente e di condivisione che hanno salvaguardato sia la terra sia la dignità umile e operosa dei suoi abitanti (cf. relazioni di Marcella Morandini, Mauro Gilmozzi e Maria Bosin).
Il Convegno ci ha portato al cuore di questa straordinaria Enciclica di convocazione universale consegnandoci il mandato di “una ritessitura di motivazioni vitali, capaci di rigenerare una passione per la cura del mondo” nella gratitudine e nella gratuità per il dono della fede, da imparare sempre più a restituire come fermento di vita nuova, come messaggio di rinnovata speranza. Quanto di questo ci sia bisogno oggi è sotto gli occhi di tutti, davanti allo spettacolo di un egoismo individuale e di gruppo, di fronte ad una indifferenza generalizzata, di fronte al delirio di onnipotenza che tutto consuma rischiando di desertificare sempre più il cuore e la vita in ogni sua forma.
La pubblicazione degli Atti vuole essere nel segno della condivisione per contribuire a cammini di speranza, un piccolo seme nella direzione del rendere onore allo statuto creaturale da cui dipende la piena realizzazione di ogni uomo e l’armonia di tutto il creato.