Dalla presentazione di Don Marco Settembrini, Direttore della Casa
Come evidenzia il Documentario sulla vita del Card. Giacomo Lercaro, nel 1951 il Cardinale, a seguito dell’alluvione del Polesine, trova alcuni ragazzi rimasti senza casa e li prende con sé nella famiglia di sua mamma, di sua sorella e della perpetua. In realtà in una intervista il Card. Lercaro ricorda come i primi ragazzi arrivarono nel 1948. Di fatto poi la famiglia si sposta in Arcivescovado a Bologna in via Altabella, dove il Cardinale continua l’accoglienza di ragazzi che arrivano ad essere 60-70. I ragazzi sono accolti nel Palazzo arcivescovile in letti a castello in varie stanze. Avvicinandosi il suo pensionamento e con finanziamenti raccolti dagli Stati Uniti e dalle Chiese del Nord Europa, il Card. Lercaro costruisce questa enorme casa che viene inaugurata il giorno del suo compleanno 28 ottobre 1966. Il 7 gennaio 1967 viene inaugurata la Cappella. Sarà poi il Segretario del Cardinale, Mons. Arnaldo Fraccaroli, a succedergli a capo della struttura, divenendo presidente della Fondazione Lercaro e Rettore della Casa dal 1978 fino al 2007. Nel 2007 la Casa è stata chiusa per lavori di restauro fino al 2012. Nel 2012 un sacerdote di Bologna, Don Riccardo Pane ha dato la sua disponibilità per accogliere nuovi ragazzi ed è rimasto qui per alcuni anni. Io sono arrivato come Direttore nell’ottobre 2016.
La Casa è pensata per facilitare lo studio dei ragazzi provenienti da comunità cristiane italiane e nel mondo. E’ proprietà dell’Opera Diocesana di S. Maria della Fiducia, a sua volta sostenuta dalla Fondazione Lercaro. Dispone di borse di studio, elargite nella misura in cui è necessario in base al reddito delle famiglie che chiedono l’ingresso qui per i propri figli. Villa S. Giacomo è un luogo che vuole aiutare i ragazzi ad esprimere i propri talenti ed anche un luogo dove essere vicini alle Chiese sorelle, in particolare dei paesi più poveri. I ragazzi stranieri accolti si impegnano a tornare nei loro paesi di origine per contribuire allo sviluppo della comunità cristiana là presente e allo sviluppo della società. Al momento la Casa accoglie una quarantina di giovani studenti: 25 italiani, 15 stranieri. Provengono da dodici regioni italiane e da 10 paesi del mondo.
Qui, come avete potuto vedere a partire dalla Cappella, è molto presente l’arte… L’idea è quella di lasciarci condurre dall’arte a vedere la bellezza che Dio ha concesso alla sua creazione e alla vita dell’uomo, sia la bellezza spirituale, sia la bellezza della vita in quanto dono di Dio.
Come vive la comunità? La comunità si ritrova il lunedì sera per la Messa comune alle 19,30. E’ poi animata da un incontro biblico settimanale o la domenica o il lunedì sera, perché a scuola i ragazzi studiano Omero, Virgilio, Dante, Manzoni … ma nessuno studia la Bibbia poiché si pensa di poter leggere da soli la Bibbia, che invece ha una cultura molto meno famigliare rispetto a questi autori e richiede chiavi di lettura. Noi pensiamo anzitutto a fornire strumenti per la lettura dell’Antico e del Nuovo Testamento. Poi ci sono teologi che vengono a parlarci nell’anno. In questo tempo avremo un esperto di letteratura copta che ci parlerà dei Vangeli aprocrifi, poi uno storico che ci parlerà di S. Francesco e S. Domenico, prossimamente un teologo spirituale ci parlerà di Charles de Foucauld. Inoltre proponiamo conferenze sui diversi ambiti del sapere umano, così da sollecitare i ragazzi ad integrare lo studio specifico del loro ambito (i ragazzi sono iscritti un po’ in tutte le facoltà) con l’attenzione a tutte le dimensioni della vita della società.
In definitiva cerchiamo di abituare i ragazzi a studiare seriamente pensando in prospettiva, per inserirsi in maniera responsabile nella società, in questo mondo molto vario in cui è necessario rimanere attenti.
Sono tre i pilastri su cui si fonda l’accoglienza a Villa S. Giacomo:
• Lo studio deve essere serio
• La vita comunitaria
• Il Vangelo
Riguardo al primo punto, ci sono criteri minimi di riferimento (secondo una tabella condivisa con i collegi universitari italiani) che devono essere rispettati per aiutare i ragazzi a mantenersi in un percorso serio di studio. Riguardo alla vita comunitaria, se un ragazzo viene qui vuole dire che desidera impegnarsi nelle relazioni, conoscere, essere disponibile per tutti i servizi (ciascun ragazzo ha un servizio). Anche la presenza alla cena per noi è importante perché ci troviamo attorno ad un tavolo e ci raccontiamo.
Il terzo pilastro è il Vangelo. Il Card. Lercaro diceva che questa Casa è nata per l’Eucarestia. Alla Mensa eucaristica spezziamo il Pane che distribuiamo a tutti; abbiamo bisogno di fare così anche quando è finita la Messa. Questo collegamento con la Messa lo troviamo importante perché, mettendoci davanti a Dio, ci mostra come non è questione tanto di obbedire a regolamenti, ma è questione di cuore, questione di conoscenza interiore. Quando uno è davanti a Dio, trova dentro di sé un po’ di sabbia, un po’ di polvere, ma trova anche l’oro; così troverà difetti anche in altri ma sarà felice di riconoscere anche l’oro nell’altro. È il momento in cui smettiamo di accusarci, ci chiediamo perdono, ringraziamo, ascoltiamo la Parola e siamo nutriti dal Risorto.
La Messa da alcuni è partecipata tutti i giorni, da altri solo due volte la settimana. Di fatto è vero che se l’altare venisse meno, la nostra Casa diventerebbe un albergo. È la Messa che fa sì che noi possiamo ritrovare le nostre radici, come una casa che non è qui per fare profitti ma per aiutare i ragazzi ad incontrare il Risorto e servire la società. Per noi è molto bello.
L’investimento sui giovani è il migliore che si possa fare perché è un investimento per il futuro. Investiamo molto in questa opera sperando di sollecitare persone generose. Per il prossimo anno abbiamo offerto borse di studio attraverso il Pime Missioni estere per accogliere ragazzi provenienti dalle loro Missioni. Le prime richieste vengono dall’India per una coppia di fratelli figli di lebbrosi. E cerchiamo attraverso i missionari di poter aiutare i laici delle società più ferite dalla guerra o dalla povertà.
Trascrizione dalla viva voce non rivista da Don M. Settembrini