“Battesimo e dignità umana” – Foligno, 24/28 agosto 2011
Per il Meeting di Fraternità è stato scelto lo stesso tema che ha fatto da filo conduttore per alcune sessioni degli Incontri di formazione alle radici della fede, che si svolge a Roma presso Casa Frate Jacopa; si è così approdati a “Battesimo e dignità umana”, il nuovo testo di formazione. Questo vasto e interessante argomento è stato affrontato in Umbria nel corso della tradizionale settimana nazionale di formazione che si è svolta a “Villa La Quiete”; la struttura, gestita dai padri Dehoniani, ha costituito un ottimo punto di riferimento per l’accoglienza dei partecipanti provenienti da varie realtà regionali e per i lavori del convegno (relazioni, dibattiti, momenti liturgici, ecc.). “Villa La Quiete” si trova nelle immediate vicinanze di Foligno, ubicazione strategicamente perfetta per le mete dei mini pellegrinaggi che caratterizzano il programma delle giornate di formazione.
Don Massimo Serretti nei suoi due interventi ha sottolineato il fatto che il Signore ci ha raggiunti attraverso la Chiesa, che è il suo corpo (Col 1,24); poi la Chiesa ci ha introdotti al battesimo. L’unico modo per andare a Dio è la via che Dio ha scelto per arrivare a noi. I sacramenti sono legati all’unico Sacramento, che è Gesù Cristo. La realtà di Dio si rende carne: “E il Verbo si fece carne” (Gv 1,14). Dio diventa carne nel grembo purissimo della Vergine Maria. Qui sta il centro di tutti i sacramenti: Cristo assume la nostra umanità. E qui è presente tutto il mistero di Dio. Gesù Cristo è la via che Dio ha scelto per venire a noi. L’incarnazione di Gesù si manifesta come una curva continua di discesa. Giovanni Battista ha una reazione analoga a quella di Pietro che vorrebbe rifiutarsi di farsi lavare i piedi da Gesù: è la reazione dell’uomo di fronte all’abbassamento di Gesù. Quello che Dio fa in Gesù Cristo è condividere tutto con gli uomini; non solo, è sceso molto di più. Il Figlio dell’uomo, essendo Figlio di Dio, scende a una profondità alla quale l’uomo non è in grado di accedere. E quando Gesù afferma: “Io devo ricevere un battesimo” (Lc 12,50) non si riferisce al battesimo di Giovanni ma a quello che sarà il punto di massima discesa nella sua vita: la “discesa negli inferi” del Sabato Santo.
L’obbedienza filiale porta l’uomo Cristo Gesù a condividere la condizione dell’uomo. Anche P. Lorenzo Di Giuseppe ha svolto due interventi, puntando l’attenzione soprattutto sulla dignità del battesimo. Tutta l’opera di Dio è protesa a dare all’uomo la sua dignità, pienezza di felicità, di riuscita nella sua vita. Ma questo cammino è stato offuscato dal peccato dell’uomo che ha rifiutato Dio per dare ascolto a satana: è la tragedia del peccato originale. Qui sta la grandezza di Dio, che non abbandona l’uomo e crea una storia di salvezza tenendo conto del peccato. Se l’uomo non avesse peccato, quale storia ci sarebbe stata? La scuola francescana dice che comunque Dio avrebbe fatto una storia per manifestare la grandezza dell’uomo e la gloria di Dio. Gesù Cristo si sarebbe ugualmente incarnato. Il battesimo che abbiamo ricevuto si realizza nella nostra vita quotidiana; grazie alla fede sappiamo che Dio sta con noi. La morte di Gesù è anche la nostra morte; ma così come condividiamo la morte di Gesù, condividiamo anche la risurrezione. La nostra vita si illumina, acquista senso; è la partecipazione della nostra vita in Gesù Cristo. Siamo resi partecipi anche della risurrezione di Gesù Cristo; la Pasqua di Gesù è una sintesi anche per noi. Il battesimo guarisce non solo la nostra personalità individualmente, guarisce anche la nostra dimensione comunionale. Dio non volle santificare gli uomini individualmente ma come popolo.
Gesù Cristo ha iniziato questo progetto con la comunità degli Apostoli, che è l’inizio della Chiesa; poi gli Apostoli sono diventati le colonne portanti della Chiesa, hanno ampliato la comunità della Chiesa. Che senso ha il battesimo di Gesù nella nostra vita? È azione di Dio che è data a noi tramite lo Spirito Santo e ci porta un suggello, il carattere, un sigillo indelebile. S. Agostino lo chiama “Dominicus character”; non dipende da noi ma dall’amore di Dio, è un segno della sua misericordia: “È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2Cor 1,22). È la vita di Gesù Cristo che viene data a noi, che vive sempre e non muore mai (reviviscenza). È un segno dell’amore di Dio che ci ama così come noi siamo. A noi il compito di accoglierlo e di rispondere alla nuova vita. L’intervento di Lucia Baldo ha avuto come tema specifico “La dignità profetica del battezzato”. Cristo è “il grande profeta” (Lc 7,16); Gesù si differenzia dai profeti dell’Antico Testamento perché è lui la parola, l’annuncio. È un consacrato (“unto”) perché il Padre l’ha mandato.
Il profeta è un messo, il suo compito non è predisposto di sua iniziativa, si richiama ad un’origine che è al di fuori di lui; include un ascolto. Il profeta attualizza sempre il suo provenire da Dio; questo è il farsi persona, è il generarsi della persona. In questo momento diventiamo missionari. Francesco è diventato sempre più persona, quella persona; il rendersi sempre più tale è il farsi profeta. I doni sono tali se sono riferiti a Cristo; è l’unione con l’origine che ci fa esplicitare la nostra specificità, il nostro diventare persona. Lo smarrimento del giorno d’oggi si può riassumere con l’immagine di Diogene che con la lanterna cerca l’uomo senza trovarlo. Per essere persona dobbiamo espropriarci di noi stessi per ricongiungerci con la nostra origine: “Vieni e seguimi” (Mc 10,21) è il nostro mandato, la nostra missione. La salvezza che ci viene offerta è il trasformarsi nel profondo di noi stessi, la missione del farsi persona: questo è l’uomo da trovare con la lanterna; l’alternativa è l’anonimato. Cosa contrappone Francesco a queste lanterne che non trovano nulla? È vivida l’immagine di Francesco che percorre le strade del mondo piangendo perché “l’amore non è amato”. È il primato dell’amore, la missione di noi laici. Bisogna riscoprire l’amore vero; chi ha amato e segnato la storia ha vissuto in modo creativo. Questa vita, questa forza sotterranea che crea è l’amore, che Francesco persegue in tutta la sua vita senza mai fermarsi perché la sua è una esistenza eucaristica.
“La dignità cristiana e le sfide del nostro tempo” è stato il tema affrontato dal prof. Daniele Celli (docente di Dottrina Sociale della Chiesa all’ISSR di Pesaro). Tra i tanti passaggi interessanti della relazione, vale la pena sottolineare il tipo di rapporto che ci lega con il Padre. Gesù nell’insegnare il Padre Nostro ai discepoli non ha insegnato “verba sed verbis”, non ha insegnato “parole” ma “con parole”. Quindi ci ha comunicato con le parole del Padre Nostro la sua esperienza e per ciò stesso l’esperienza di ogni uomo, cioè quella di riconoscersi nel Padre. C’è un nesso costitutivo; l’uomo in quanto uomo riconosce che c’è qualcuno o qualcosa che ci precede. Gesù è venuto a insegnarci questo. Il cristianesimo ha il compito di risvegliare questa coscienza: conoscere Dio grazie a Cristo. Una società che non riconosce chi l’ha generata, è una società smarrita. Allora il nostro cristianesimo non è un’adesione formale a una dottrina; bisogna riscoprire il nesso costitutivo con il Padre. Noi non ci apparteniamo, apparteniamo; dobbiamo affidarci a un altro, a Cristo. La dignità del cristiano è di chi sa di essere nelle mani di un altro con la gratitudine verso chi ci permette di esserci ed operare. La gratitudine è spesso sostituita oggi dalla pretesa: tutto è dovuto, la vita è un continuo affanno ad ottenere.
Ma il cristiano sa che la verità della vita è diversa; la letizia di fronte ai problemi non è ingenuità. Il cristiano sa di essere ancorato ad una radice; il Signore aiuta a superare le difficoltà, nei momenti più difficili emerge la nostra speranza, emerge a chi apparteniamo. Il cristiano è colui che risponde di questa appartenenza in ogni luogo, nelle dimensioni della vita quotidiana, famiglia e lavoro, e nella cura della politica, come cura del bene comune. Nel corso della settimana di formazione ci sono stati tre “mini pellegrinaggi”. Il primo si è svolto presso le Sorelle Clarisse di Foligno; suor Elisabetta accompagnata da Suor Cristina ci ha presentato la meditazione dal titolo “S. Chiara: l’esemplarità di una cristiana”. Interessante il nesso con il tema generale dell’incontro: il battesimo. Nella sua testimonianza al Processo di canonizzazione, fr. Stefano riporta l’appellativo che Francesco aveva coniato per Chiara: “La cristiana”, colei che vive l’appartenenza a Cristo. Il battesimo è un dono, noi non facciamo niente per meritarlo. Ci precede come la grazia, viene prima; a noi è chiesto di accoglierlo. È Dio che ci precede, è la grazia che ci precede. Il segno distintivo, il marchio di riconoscimento è la gratuità; spesso non siamo capaci di riconoscerlo. Chiara sapeva vederlo, aveva davanti agli occhi “il Donatore” (TestsC, FF 2823); riesce a vedere i benefici che tutti abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo: “Tra tutti questi benefici, grande è quello della vocazione”. Prima della sequela di Gesù, c’è il battesimo. Chiara sa di essere oggetto della benevolenza di Dio, è consapevole di appartenere a Cristo con il battesimo: “Conosci bene la tua vocazione”, guarda chi ti fa questo dono.
“Francesco ce l’ha indicato” (FF 2824), è stato il mediatore, l’ha indicato con le parole e con l’esempio. Francesco diventa allora colui che con i suoi gesti e la sua testimonianza del Vangelo indica la via a Chiara. Tutto questo diventa un impegno per le Sorelle Clarisse, che a loro volta portano l’esempio. Chiara sentiva una vocazione alta non solo per se stessa, ma per il mondo. Questa forma di nascondimento, di silenzio, ma con la comunione dei Santi, fa vivere il dono del battesimo. Non poteva mancare nel corso della Settimana una uscita ad Assisi, con visita dei luoghi francescani più significativi per l’Anno Clariano, S. Damiano e la Basilica di S. Chiara. Fr. Gianmaria Polidoro (Assisi Pax International) ha celebrato una Messa per il nostro gruppo a Chiesa Nuova, nel corso della quale ci ha ricordato l’importanza della nostra identità. Francesco era un uomo che guardava al futuro. Ma Francesco, all’inizio della sua conversione, è vessato dalla contestazione, dall’invettiva. Quando sente l’impegno per la pace, propone un nuovo tipo di saluto: “Il Signore ti dia pace” (FF 121). E quando lo propone ai suoi compagni, aggiunge: “Verrà un giorno che anche i potenti avranno riverenza per voi a motivo di questo saluto” (FF 1619). Ci troveremo a dover testimoniare la vita cristiana, un modo nuovo di vivere.
Chi sono i francescani? Chi vede il positivo, Francesco vedeva sempre il positivo. Bisogna stabilireserenità con ogni persona che si incontra. Allora la nostra testimonianza è di chi ha “l’olio nella lampada” (cfr. Mt 25,1-13) un modo di vivere con una identità per cui gli altri ci riconoscono per quello che siamo. Abbiamo un mondo da convertire, da cambiare. Dobbiamo far vedere la nostra fiducia nel domani, noi siamo chiamati a portare una novità nel mondo. Francesco si è trovato nel periodo delle crociate. Nella piazza di Assisi, dopo la spoliazione, davanti al vescovo esclama: “Io mi riconosco in questa croce” e disegna una croce sulla veste di sacco (FF 1043); era il suo messaggio in un mondo pacifico, non era un messaggio sulla guerra. Preghiamo insieme perché questo possa accadere: “Guardateci, possiamo cambiare il mondo”. Possiamo riflettere sulla nostra identità come Francesco che fa la croce sul mantello. L’ultima uscita si è svolta a Foligno presso il monastero di S. Anna che ospita le suore della Beata Angelina da Montegiove. Si tratta di un appuntamento ormai classico: una visita guidata come una meditazione itinerante condotta da una delle Sorelle del monastero. La struttura è talmente bella da stupirci ad ogni nostro ritorno; la meditazione sul tema del battesimo è stata suddivisa, come sempre, in luoghi diversi all’interno del vasto monastero, proponendoci la luminosa esemplarità della Beata Angelina.
Altri temi importanti sono stati affrontati nel corso della Settimana; in particolare a conclusione Argia Passoni ha presentato gli Scritti di S. Francesco in relazione al tema del battesimo. La riflessione è posta come capitolo conclusivo del Testo “S. Francesco: una vita battesimale”. Costituisce una traccia di rimeditazione dei temi proposti nel Testo, alla luce dell’esperienza di S. Francesco, ed è offerto alla nostra attenzione perché ogni Fraternità possa via via approfondire e arricchire con la meditazione degli Scritti ogni unità del Testo. Degna di menzione poi la festa allestita da Rita e Alfiero di Bologna; si è svolta dopo il ritorno da Assisi, al termine di una giornata caldissima, eravamo davvero stanchi. Ma l’allegria dei bimbi ci ha contagiati e i giochi degli organizzatori ci hanno pienamente coinvolti, compresi quelli che avrebbero voluto andare a letto presto! A tutti noi il compito di valorizzare nelle rispettive fraternità locali gli ampi stimoli e contenuti del nuovo testo di formazione, nelle forme che verranno ritenute più opportune.
Renato Dal Corso