Il tempo del Giubileo è un tempo così denso di significato
e di ispirazioni da parte del Signore che ci coinvolge
totalmente. Le stesse feste liturgiche, in questo
tempo, vengono ad assumere aspetti particolari.
Anche la festa del Santo Natale che celebreremo tra
pochi giorni si arricchisce di qualcosa di particolare
per il fatto che è celebrato durante il Giubileo.
Nel Natale la Chiesa celebra un mistero che ci supera,
che è eccessivo per la nostra mente: mai l’intelligenza
umana poteva pensare a un Dio che si faceva bambino, un
bambino vero. Mai poteva pensare a un Dio che si svuotasse
fino al punto di ridursi a quell’esserino fragile, tutto
tenerezza, che supplicava per essere aiutato a vivere.
Uscito dalla beatitudine del seno del Padre, Gesù inizia
a vivere una esistenza “accidentata, ferita, sporca
nella miseria della nostra umanità”. Come scrive S.
Paolo: “Egli pur essendo nella condizione di Dio, non
ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se
stesso assumendo una condizione di servo, diventando
simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come
uomo, umiliò se stesso” (Fil 2, 6-8). Un’esistenza
che è piena condivisione con noi. Nella nascita di
Gesù a Betlemme appare chiaro che l’umiltà, lo svuotamento,
la povertà è la via di Dio per la salvezza.
Il Natale già anticipa il volto della misericordia: questo
bambino povero, fragile, indifeso, che fa solo tenerezza e
quasi invoca aiuto. Dio non solo si è chinato su di noi ma
è sceso fino a noi diventando
come noi, ha
assunto tutta la nostra
realtà, fuorchè il peccato,
diventando povertà assoluta,
debolezza.
A volte la nascita di
Gesù veniva rappresentata
con la croce: quasi
per dire che quel bambino
nasceva per prendersi
la croce, per prendere
su di sé il peccato, la
miseria, la malvagità e
liberare in questo modo
dalla schiavitù del maligno
e ricostituire il disegno
di Dio Creatore sull’uomo.
Il Natale è come l’ingresso
di questo tempio
che è la misericordia
sconfinata di Dio che
non solo ci ama, ci perdona;
ma viene incontro
a noi, unisce la sua vita
con la nostra per distruggere
la diffidenza dell’uomo
che non si fida
dell’amore di Dio.
Ci dice Papa Francesco: “Abbiamo sempre bisogno di
contemplare il mistero della misericordia. È fonte di
gioia, di serenità, di pace” (MV, 2) I pastori accampati
nei dintorni di Betlemme andando alla grotta dove si
era rifugiata la famiglia di Maria e Giuseppe dovettero
sperimentare proprio questo: videro il Messia e lo
videro bambino, povero, fragile come i loro bambini.
Per questo gioirono. Nel bambino videro la speranza
di essere amati, videro questa venuta di Dio che voleva
solo farsi vicino, prossimo.
Ancora Papa Francesco: “Ci sono momenti nei quali
in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso
lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi
segno efficace dell’agire del Padre” (MV, 3).
La nascita di Gesù indica anche a noi come dobbiamo
essere misericordiosi, come “fare l’esperienza di
aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie
esistenziali” (MV, 15), aprendo “i nostri occhi
per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti
fratelli e sorelle privati della dignità, sentiamoci provocati
ad ascoltare il loro grido di aiuto”(MV, 15).
Gesù ci insegna ad uscire, ad andare, ad essere noi a
cercare l’incontro, a stringere le loro mani. Non facciamo
resistenza ed usciamo dalla indifferenza di
fronte all’insegnamento che ci viene da questo
Bambino. Solo così il nostro sarà un buon Natale.
p. Lorendo Di Giuseppe

Il tempo del Giubileo è un tempo così denso di significato e di ispirazioni da parte del Signore che ci coinvolge totalmente. Le stesse feste liturgiche, in questo tempo, vengono ad assumere aspetti particolari. Anche la festa del Santo Natale che celebreremo tra pochi giorni si arricchisce di qualcosa di particolare per il fatto che è celebrato durante il Giubileo.
Nel Natale la Chiesa celebra un mistero che ci supera, che è eccessivo per la nostra mente: mai l’intelligenza umana poteva pensare a un Dio che si faceva bambino, un bambino vero. Mai poteva pensare a un Dio che si svuotasse fino al punto di ridursi a quell’esserino fragile, tutto tenerezza, che supplicava per essere aiutato a vivere.
Uscito dalla beatitudine del seno del Padre, Gesù inizia a vivere una esistenza “accidentata, ferita, sporca nella miseria della nostra umanità”. Come scrive S. Paolo: “Egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso” (Fil 2, 6-8).
Un’esistenza che è piena condivisione con noi. Nella nascita di Gesù a Betlemme appare chiaro che l’umiltà, lo svuotamento, la povertà è la via di Dio per la salvezza.
Il Natale già anticipa il volto della misericordia: questo bambino povero, fragile, indifeso, che fa solo tenerezza e quasi invoca aiuto. Dio non solo si è chinato su di noi ma è sceso fino a noi diventando come noi, ha assunto tutta la nostra realtà, fuorchè il peccato, diventando povertà assoluta, debolezza.
A volte la nascita di Gesù veniva rappresentata con la croce: quasi per dire che quel bambino nasceva per prendersi la croce, per prendere su di sé il peccato, la miseria, la malvagità e liberare in questo modo dalla schiavitù del maligno e ricostituire il disegno di Dio Creatore sull’uomo.
Il Natale è come l’ingresso di questo tempio che è la misericordia sconfinata di Dio che non solo ci ama, ci perdona; ma viene incontro a noi, unisce la sua vita con la nostra per distruggere la diffidenza dell’uomo che non si fida dell’amore di Dio.
Ci dice Papa Francesco: “Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità, di pace” (MV, 2) I pastori accampati nei dintorni di Betlemme andando alla grotta dove si era rifugiata la famiglia di Maria e Giuseppe dovettero sperimentare proprio questo: videro il Messia e lo videro bambino, povero, fragile come i loro bambini. Per questo gioirono. Nel bambino videro la speranza di essere amati, videro questa venuta di Dio che voleva solo farsi vicino, prossimo.
Ancora Papa Francesco: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre” (MV, 3).
La nascita di Gesù indica anche a noi come dobbiamo essere misericordiosi, come “fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali” (MV, 15), aprendo “i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto”(MV, 15).
Gesù ci insegna ad uscire, ad andare, ad essere noi a cercare l’incontro, a stringere le loro mani. Non facciamo resistenza ed usciamo dalla indifferenza di fronte all’insegnamento che ci viene da questo Bambino. Solo così il nostro sarà un buon Natale.

p. Lorenzo Di Giuseppe

natale 2