Presentazione del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2023

I parte

S.E. Mons. Mario Toso *

Domenica 15 gennaio 2023, nell’ambito del Ciclo “Si vis pacem, para civitatem” promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo, ha avuto luogo la presentazione del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2023, magistralmente proposta da S.E. Mons. Mario Toso. Ne pubblichiamo di seguito la prima parte, riservandoci la pubblicazione della seconda parte sul prossimo numero del Cantico. È possibile comunque riascoltare l’intera riflessione dalla viva voce dell’autore alla pagina youtube Fraternità Francescana Frate Jacopa.

Don Stefano Culiersi, Argia Passoni, Mons. Mario Toso, Don Stefano Zangarini

1. LO SCENARIO DELLA RICERCA DI SENTIERI DI PACE

Nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2023,1 la pandemia e la guerra in Ucraina costituiscono lo scenario in cui siamo invitati da papa Francesco a trovare insieme sentieri di pace.
Si tratta di due eventi globali negativi che evidenziano alcuni aspetti deleteri della globalizzazione.
Come scrive papa Francesco la pandemia ha toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. 2 Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti: milioni di lavoratori informali sono rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento. Oltre agli aspetti negativi (dalle morti alla destabilizzazione della vita sociale), almeno il Covid-19 ci ha lasciato in eredità alcuni aspetti positivi, come la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri e che il nostro tesoro più grande è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo. Detto altrimenti, la pandemia che ha messo a nudo vari aspetti negativi della globalizzazione – l’eccessiva fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della stessa globalizzazione si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace – ha insieme fatto emergere scoperte positive, quali: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi, veramente eroico di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza.
Dopo l’esperienza del Covid-19 dobbiamo prendere in considerazione sì l’impegno eroico dei medici e del personale sanitario, nonché del personale dei centri protetti, ma non possiamo ignorare i limiti delle strutture ospedaliere e del ritardo nel porre rimedio a riforme che ne hanno depotenziato le capacità di ricezione e di cura degli ammalati. Il semplice ripristino di diversi settori, secondo protocolli di sicurezza, non è stato sufficiente. Occorre praticare una lettura sapienziale dell’epidemia, che continua a manifestarsi in diverse maniere. Non bastano criteri sanitari, finanziari, sociologici, economici. Essi non rappresentano tutti gli aspetti di un fenomeno complesso quale è l’epidemia da COVID-19. Spesso sono stati tralasciati, o per lo meno sono stati scarsamente considerati, gli aspetti spirituali, etici, relazionali, psicologici, pedagogici, progettuali, che sono fondamentali per un approccio integrale della questione. Tali aspetti, connessi a diversi problemi, possono aiutare ad un approccio meno parziale, necessario a superare il modello pericoloso di una «sanità selettiva», che considera residuale la vita degli anziani.A fronte di tali prospettive non ci si deve rassegnare.
Occorre evitare un’altra tragica espressione della «cultura dello scarto» di cui parla con insistenza papa Francesco. Occorre ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure. Il valore della vita è uguale per tutti. Proprio su questi nodi culturali e su altri ancora occorre riflettere.
Il coronavirus ha mostrato tutta la debolezza del sistema sanitario italiano, mantenuto in piedi dagli eroi mandati a morire senza armi di difesa… Nella sanità non si è voluto applicare il principio di sussidiarietà circolare; quindi, si è pensato di impostare il tutto sulla base di idee prese centralmente che poi le Regioni hanno modificato chi in una direzione e chi nell’altra. L’errore più grosso è stato quello di puntare quasi tutto sulle strutture ospedaliere, dimenticando la sanità del territorio, fra l’altro gonfiando i costi, rendendo la vita impossibile a medici e infermieri, e così via. La sanità privata for profit è immorale e scientificamente priva di ogni fondamento.
Gli economisti veri spiegano che non è possibile avere una sanità privata for profit perché questa è una violazione dei principi di un’economia di mercato. Mentre si vorrebbe far credere il contrario. Puoi avere una sanità privata “non profit”, ma non for profit, non si può fare profitto se viene meno la libertà di scelta del “consumatore”.
Il secondo elemento dello scenario è dato dall’emergenza della guerra in Ucraina. Una guerra che miete vittime anche tra i soldati russi mandati da Putin ad invadere la terra di fratelli di fede e in umanità. Una guerra che diffonde incertezza «non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante» (n. 4). Simile guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cf Vangelo di Marco 7,17-23).
La guerra in Ucraina è un altro segno della crisi della globalizzazione attuale. È la prima guerra di tipo globale. Globale perché non è fatta solo con armi convenzionali, ma anche con armi che sono «globali ». Oggi si vede che in Ucraina si è sviluppata una modernissima evoluzione nella strategia della guerra. «Con il blocco sul grano e sui fertilizzanti, blocco che ora è forse superato, la fame era comunque strategicamente pianificata per prendere corpo in altre parti del mondo, come arma per minacciare o causare migrazioni dall’Africa verso i Paesi europei, che non sono in guerra.
Analoga obliqua strategia è stata praticata sull’energia, per causare effetti di inflazione e recessione nell’economia a livello mondiale. Tutto questo è un modo nuovo di fare la guerra ed è una tecnica possibile proprio perché il mondo globale permette l’uso di armi improprie e dunque consente lo sviluppo asimmetrico della guerra. Asimmetrico non solo perché è guerra fatta sul campo virtuale, sul campo dei media e della rete, ma soprattutto perché è fatta fuori dal teatro di guerra, nel teatro dell’economia globale. Si può dire che in questo modo la guerra prosegue con altri mezzi, con l’applicazione, nuova ed epocale, di una strategia mai finora sviluppata in questi termini. E anche con una mentalità da “gangster”: del resto nella strategia dei traffici sul grano e sui fertilizzanti è evidente il ruolo di potenti mafie e cleptocrazie».3
Con la Russia, che fomenta una guerra in Ucraina, il mondo non appare più integralmente globale. La Russia, con la guerra, intende porsi come il primo «Stato antiglobale», che intende attrarre sul proprio territorio la ricchezza degli altri. Nello scenario geopolitico la Russia intende porsi come soggetto antiglobale.
Per secoli le carte geopolitiche hanno avuto come centro l’Europa, ai lati le Americhe e l’Asia. Iniziava il XX secolo, quello che sarebbe stato chiamato il secolo americano. Da un po’ di tempo guardando al mega continente asiatico si narra di un secolo cinese, il XXI.
La pandemia e la guerra in Ucraina rappresentano alcune delle piaghe che caratterizzano l’attuale globalizzazione. Per avere un quadro più completo vanno menzionati altri elementi della crisi della globalizzazione. Essi sono: il disastro ambientale; lo svuotamento della democrazia sversata nella repubblica internazionale del denaro; le società in decomposizione nel vuoto della vita; la spinta verso il transumano; l’apparizione dei giganti della rete. Ma quello degli elementi della crisi della globalizzazione è un numero destinato a salire: inflazione e recessione, crisi finanziarie, carestie, migrazioni, altre guerre. Non pochi studiosi oggi parlano di crisi della globalizzazione che, per trent’anni, ha plasmato il mondo e le nostre vite non solo nel bene, per cui ci si illudeva, ma anche nel male, che oggi vediamo e viviamo. All’origine di tale crisi sta la combinazione tra il mercato e la rete, i due pilastri su cui si è basata un’architettura politica mai prima vista nella storia: il mercato sopra e gli Stati sotto, l’economia sopra e i popoli sotto, nazioni senza ricchezza e ricchezza senza nazioni.4
La crisi della globalizzazione sembra riportarci al mondo di prima, un mondo in cui c’erano gli Stati e, con varia frequenza, c’era la guerra tra Stati. Il 5 marzo 2022 l’Assemblea dell’ONU ha approvato la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina, ma con 5 voti contrari e 35 astenuti, tra questi Cina e India, che nell’insieme rappresentano quasi quattro miliardi di abitanti della terra. Da qui l’ipotesi di un cambiamento negli equilibri del mondo. Secondo gli studiosi, nel confronto tra diversi modelli geopolitici, quella che vince è la forza di attrazione e non tanto e non solo la forza militare. A oggi gli Stati Uniti ancora prevalgono nella tecnologia, ma non hanno big data numericamente comparabili con quelli della Cina. Per la Cina vale (per ora) l’opposto: ha più big data, perché conta una popolazione più numerosa, e inoltre sta investendo nell’intelligenza artificiale, con la quale può acquisire i dati degli altri.
Anche per questo la guerra ipotizzata come prossima ventura sarebbe tra l’Occidente e la Cina. Il confronto sarebbe tra potenze di mare (quelle occidentali) e potenze di terra (Cina). E, comunque, sarebbe sempre catastrofico. Porterebbe alla distruzione dell’umanità. L’unica alternativa che rimane è la pace. Quale la cura preventiva? Una via per la salvezza, stante l’esperienza delle guerre sempre più micidiali, è rappresentata dall’arsenale della libertà e della democrazia rappresentativa, partecipativa, deliberativa,5 dalla non violenza attiva e creativa, implicante la creazione di istituzioni di pace, la dichiarazione dell’illegalità dei paradisi fiscali, del land grabbing e del water grabbing.
La globalizzazione, che è un insieme di interconnessioni e di comunicazioni, è destinata a realizzarsi come una rete che unisce i molteplici poli geopolitici per stringerli in una famiglia umana che collabora al bene comune su basi di libertà e di solidarietà. La globalizzazione che appare, innanzitutto rete di conoscenze, interconnessioni e comunicazioni, beni e servizi, deve diventare sempre di più un «ambiente» con opportunità o chance non solo a disposizione di pochi ma accessibili a tutti.6 Come rete che riduce le distanze, collega e rende disponibili beni fondamentali e strategici per lo sviluppo sostenibile e il dialogo tra culture, non va demonizzata. Sarebbe insensato un atteggiamento luddista. L’esperienza mostra che chi si estranea dalla globalizzazione, con le sue possibilità e capacità positive, rischia di restare indietro.
Per divenire, però, ambiente di crescita senza emarginazioni, ossia non nominale o per pochi ma per tutti, per l’uomo, per ogni uomo, per i vari poli geopolitici, per tutti i popoli della terra, la globalizzazione ha bisogno di essere democratizzata, non lasciata in balia di un’animazione neoutilitarista e neoliberista, come avviene attualmente. Essa va, innanzitutto, sostanziata da un sistema etico-culturale che sappia coniugare verità e amore; solidarietà e fraternità, libertà, verità e giustizia sociale (equa distribuzione delle risorse e delle opportunità); competizione e solidarietà (cooperazione). Ossia un sistema etico-culturale che assegna il primato allo spirito, alla razionalità dei fini rispetto a quello dei beni materiali e mezzi, superando gli errori della modernità che spingevano a dare il primato all’avere, a mammona.
Detto altrimenti, la globalizzazione, fenomeno sempre in itinere, dev’essere continuamente umanizzata. Deve cioè essere mossa da un’anima etico-culturale che la renda ambiente o sistema di connessioni e di comunicazioni ove non viene dato il primato alle cose (profitto, tecnica, benessere materiale), bensì alle persone e ai popoli, promovendo un’umanità che sperimenta sé stessa come dono all’altro e ultimamente a Dio, percependosi cioè come autentica comunità di universale fraternità e solidarietà.
Senza tale anima la globalizzazione diventa sistema di alienazione, incapace di realizzare la convivialità delle culture, la crescita della persona come essere trascendente, nonché la solidarietà come collaborazione per il bene reciproco.
L’umanizzazione della globalizzazione è opera complessa, perché occorre muoversi contemporaneamente su più fronti (ecosistema, transizione ecologica,7 finanza, tecnologia digitale,8 economia, informazione, politica, culture). E questo, illuminando le intelligenze, sensibilizzando le coscienze, mobilitando energie secondo una progettualità flessibile, mettendo in rete i vari soggetti delle società civili e politiche, sapendo coniugare adeguatamente particolare ed universale, globale e locale, ma soprattutto attuando un sincero e costruttivo dialogo tra le diverse culture e famiglie spirituali.9

* Vescovo di Faenza-Modigliana

1 FRANCESCO, Messaggio per la celebrazione della 56.a Giornata Mondiale della Pace: Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2022.
2 Sulle diseguaglianze che sono molto cresciute nelle democrazie avanzate si legga: C. TRIGLIA, La sfida delle diseguaglianze, Il Mulino, Bologna 2022. Le conseguenze della pandemia e l’invasione dell’Ucraina contribuiscono ad aggravare il quadro.
3 G. TREMONTI, Globalizzazione. Le piaghe e la cura possibile, Solferino, Milano 2022, pp. 49- 50.
4 Cf ib., pp. 9-11.
5 Cf ib., pp. 97-98.
6 Cos’è la globalizzazione? Data la complessità del fenomeno è difficile trovare una definizione esaustiva. Qui ci atteniamo ad una definizionedescrizione reperibile nell’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II (cf nn. 33 e 58). E, comunque sia, alcuni studiosi distinguono tra internazionalizzazione, mondializzazione e globalizzazione. «Seguendo tale approccio – afferma il card. Tettamanzi –, internazionalizzazione indicherebbe il carattere dei rapporti economici, politici giuridici e culturali che una comunità o uno Stato stabiliscono con altri: mercantile (scambio di merci), produttivo (investimenti all’estero), finanziario (movimenti di capitali), tecnologico (trasferimento di tecnologie), culturale (rapporti culturali), movimenti di persone (migrazioni). Mondializzazione raccoglierebbe il complesso di problemi i cui effetti si manifestano a livello mondiale e le cui soluzioni sono possibili solo a livello mondiale attraverso la creazione di organismi internazionali e la cooperazione tra Stati nazionali (problemi ambientali, dell’acqua, del clima, dell’energia, delle migrazioni, delle malattie endemiche ed epidemiche, della pace, degli armamenti, delle mafie…).
Globalizzazione, infine, starebbe ad indicare le nuove forme assunte nel mondo dal processo di accumulazione di capitale, in particolare in questa fine secolo dalla triade USA, Giappone, Unione Europea, per controllare mercato e risorse a disposizione e per ottenere profitti su scala mondiale. In realtà, col passare del tempo, la globalizzazione si è estesa ed intrecciata con altri fenomeni col risultato di attenuare, fin quasi a vanificare, la frontiera che pareva separarla dalla mondializzazione e di condizionare, fin quasi a inglobare, non pochi né marginali aspetti della internazionalizzazione» (D. TETTAMANZI, Globalizzazione: una sfida, Piemme, Casale Monferrato [AL] 2001, pp. 72-73). Sul tema della globalizzazione si veda anche M. MANTOVANI-SCARIA THURUTHILYIL, Quale globalizzazione? L’uomo «planetario» alle soglie della mondialità, LAS, Roma 2000.
7 Cf G. GIRAUD, La rivoluzione dolce della transizione ecologica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2022; M. TOSO, Ecologia integrale dopo il coronavirus, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2020.
8 Cf L. CASINI, Lo Stato (im)mortale. I pubblici poteri tra globalizzazione ed era digitale, Mondadori, Milano 2022.
9 Cf M. TOSO, Globalizzazione ed educazione, in «La società» 12 (2002) 5, pp. 603-616.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata