L’origine etimologica della parola pace è il latino pax, dalla radice indoeuropea “pak”, che rimanda ai termini “fissare”, “pattuire”, “saldare”. Quindi la pace è un accordo, un patto, un legame che cerca la concordia.
Ebbene la sostenibilità è proprio la capacità di equilibrare le diverse dimensioni della vita individuale e collettiva, di bilanciare la sfera economica con quella sociale e quella ambientale. Non c’è sostenibilità se non c’è accordo tra produzione di beni e servizi, benessere delle persone, rispetto della natura. Ecco quindi che quando si verificano conflitti, guerre, violenza, non c’è equilibrio nella vita dell’uomo, che diventa “insostenibile”. È evidente come le guerre siano insostenibili, per la qualità delle nostre relazioni, per la violenza che producono, per la distruzione di vite umane, ma anche di cose e natura.
Già nel mondo greco la pace (Eirene) non era solo assenza di conflitto militare, ma veniva associata ai concetti di giustizia (Diche) e buon governo (Eunomia). E ancor di più nelle rappresentazioni artistiche, la pace-Eirene spesso era legata all’abbondanza e alla ricchezza (il bimbo Pluto), come nella famosa statua di Cefisodoto il vecchio, padre di Prassitele, che era sull’Acropoli di Atene ed oggi è a Monaco di Baviera.
Per i Romani invece la pace deriva anche dalla connessione tra sicuritas e libertas (Cicerone), e quindi anche la libertà diventa una sua condizione fondante. Ecco perchè il termine tedesco per la pace, “frieden”, e quello svedese e norvegese “fred”-” freedom”, appunto libertà.
Ma la pax romana diventa soprattutto securitas e richiede la guerra come condizione per ottenerla: “sivis pacem para bellum” diventa così il mantra che presiede alle relazioni tra i popoli in tutta la storia dell’uomo. Dall’Impero Romano a Carlo Magno, dai Papi del potere temporale alla guerra santa e alla jhiad, dalle Signorie ai Regni, dalla Rivoluzione francese del 1789 a quella russa del 1917, fino al secolo dei conflitti mondiali e della bomba atomica, le guerre tra gli uomini sono state praticamente ininterrotte. Ancora oggi, in un tempo che a noi italiani sembra un lungo periodo di pace, si registrano circa 380 conflitti violenti nel mondo con 16 “full-scale wars”. Soprattutto l’Africa è insanguinata da 30 guerre che coinvolgono milizie guerrigliere, gruppi terroristi e separatisti, gruppi armati per il controllo di materie prime e terre: Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Burkina Faso sono i paesi dove appare più assurda la violenza diffusa e cruenta. Perché in Africa? Certamente gli effetti lunghi della colonizzazione e dei suoi contenuti di ingiustizia e sopraffazione, ma anche il fanatismo religioso, l’ingordigia di dittatori sanguinari, la presenza ancora ingombrante delle potenze economiche di oggi (Usa, Francia, Cina, Russia) che non vogliono lasciare territori ricchi di metalli preziosi, risorse energetiche, “terre rare”.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: in paesi come Siria, Yemen, Afghanistan, Etiopia, Sud Sudan, Somalia la violenza crea uno scenario infer- nale dove carestia, sangue, sopraffazione, insicurezza, si mescolano in un vortice dantesco terrificante.
E la natura diventa invivibile, perché non solo le città, le case, le strade sono distrutte ma anche i campi, i boschi e i terreni soffrono perché inquina- ti, minati, abbandonati.
Nello stesso tempo le spese militari continuano a crescere: oltre 1800 miliardi di dollari all’anno, secondo l’Istituto Internazionale di Stoccolma per le Ricerche sulla Pace (Sipri 2019), con il maggiore sforzo bellico in Usa, Cina, Russia, Regno Unito, Francia (l’Italia è al dodicesimo posto), ma con drenaggio di risorse che diventa elevatissimo in molti paesi poveri, in primis mediorientali e asiatici, dove la percentuale sul Pil si avvicina al 10%. Recenti studi dimostrano come tra spese militari e crescita economica (variazione del prodotto interno lordo) ci sia una correlazione negativa, soprattutto nei paesi poveri, contrariamente alle affermazioni di alcuni autori che in passato indicavano nel settore militare una fonte di innovazione tecnologica e sviluppo industriale (Parazzini e Rizzi 2018). L’industria delle armi è anche un settore oligopolistico con connessioni spesso collusive con la politica, che non a caso ricambia il supporto nelle campagne elettorali con ricchi contratti pubblici al limite della corruzione: il “complesso industriale-militare” statunitense ancora oggi rappresenta una forza economica con enormi capacità di lobby e influenza politica.
Ancora più interessante emerge un legame inverso tra sforzo per gli armamenti e benessere percepito dai cittadini (Rizzi 2019). Come a dire che le spese militari, le armi, gli eserciti non producono percezione di sicurezza e tranquillità, come auspicato, ma instillano sentimenti di sfiducia e paura. Perché la felicità ha bisogno di un minimo di risorse materiali e quindi reddito, ma soprattutto di relazioni sane con gli altri, fiducia negli altri, percezione di sicurezza e supporto collettivo. Al contrario un eccesso di militarizzazione della vita, nella città come nelle nazioni, “avvelena” i rapporti umani che diventano più sospettosi, insicuri, impauriti.
In questo contesto, il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace diventa ancora più importante. Papa Francesco ci ricorda che “la questione della pace permea tutte le dimensioni della vita comunitaria” insistendo come nella Laudato si’ sulla interdipendenza tra economia, società e ambiente, ma anche tra pace e sviluppo, tra pace e natura. “Di fronte alle conseguenze della nostra ostilità verso gli altri, del mancato rispetto della casa comune e dello sfruttamento abusivo delle risorse naturali – viste come strumenti utili unica- mente per il profitto di oggi, senza rispetto per le comunità locali, per il bene comune e per la natura – abbiamo bisogno di una conversione ecologica”.
Non è un caso che Isaia ci ha lasciato una profezia di pace dove “Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà…Il lattante giocherà sul nido della vipera, e il bambino divezzato stenderà la mano nella buca del serpente. Non si farà né male né danno su tutto il mio Monte Santo” (Isaia 11,6). Non è forse l’inno più potente alla sostenibilità, all’armonia tra uomo e crea- to, tra essere viventi e natura?
Ma perché questo sogno di Isaia sia possibile il Vangelo propone un percorso tanto coraggioso quanto paradossale: “beati i miti perché avranno in eredità la terra…beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”…”amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”…”a chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra”. Cioè esattamente l’ opposto dell’”occhio per occhio e dente per dente” o dell’”homo homini lupus” di hobbesiana memoria.
Oggi se ne sono accorti gli studiosi, lo affermano i teologi e i religiosi, lo sappiamo tutti noi in fondo al cuore. “La relazione pacifica tra le comunità e la terra” è l’unica via possibile per l’uomo per vivere meglio, per star bene, per umanizzare la nostra esistenza.
Perché “la vera scelta non è tra non violenza e violenza, ma tra nonviolenza e non esistenza… Se non riusciremo a vivere come fratelli moriremo tutti come stolti” (Martin Luther King).
Paolo Rizzi
Economista, Università Cattolica di Piacenza
BOBBIO N., “Elogio della mitezza”, Il Saggiatore, Milano, 2014.
PAPA FRANCESCO, “Messaggio del Santo Padre per la cele- brazione della LIII Giornata Mondiale della pace”, Città del Vaticano, 2020.
PARAZZINI S., RIZZI P., “Economic Development, Armament and Military Expenditure. An International Perspective”, in Baussola M., Bellavite C., Vivarelli M. (eds), “Essays in Honor of Luigi Campiglio”, Vita e Pensiero, Milano, 2018.
RIZZI P., “La cura del creato e lo sviluppo sostenibile” in Passoni A. (a cura di), “Prendersi cura del creato”, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma, 2019.
RIZZI P., “Warfare, Economic Development and Wellbeing” in RISS Rivista Internazionale di Scienze Sociali, International Review of Social Sciences, n.2/2019.
SIPRI, Sipri Yearbook 2019 Armaments, Disarmament and International Security, Stockholm International Peace Research Institute, Oxford University Press., 2019.
Il Cantico
ISSN 1974- 2339
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