L’impegno delle religioni per la pace, la promozione del disarmo, l’emergenza migratoria, la tregua in Siria, la difesa del Creato. Sono alcuni dei temi forti affrontati da Papa Francesco nel suo lungo e appassionato discorso al Corpo Diplomatico accreditato in Vaticano, in occasione degli auguri per il nuovo anno. Una nota informativa della Sala Stampa vaticana riferisce che sono 182 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dall’ambasciatore di Angola, Armindo Fernandes do Espírito Santo Vieira. Il servizio di Alessandro Gisotti.

img175La pace è “un dono, una sfida, un impegno” Nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico, Papa Francesco concentra la sua attenzione sul “tema della sicurezza e della pace”, osservando con rammarico che cento anni dopo che Benedetto XV aveva definito la Prima Guerra Mondiale “inutile strage” ancora tanti popoli vedono la pace solo come “un lontano miraggio”.
Spesso, osserva, siamo “sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti”, persone che fuggono dalla guerra, “migranti che periscono tragicamente”. In tale prospettiva, Papa Francesco esprime “il vivo convincimento che ogni espressione religiosa sia chiamata a promuovere la pace”. Il Pontefice non disconosce che anche recentemente “non siano mancate violenze religiosamente motivate”. E, riferendosi alle divisioni tra cristiani in Europa, rammenta in particolare il suo incontro con il Patriarca Kirill e la visita a Lund. Gesti che richiamano “l’urgente bisogno di sanare le ferite del passato e camminare insieme verso mete comuni”.

No alla follia omicida del terrorismo che abusa del nome di Dio
Francesco denuncia poi in modo vibrante il fenomeno del “terrorismo di matrice fondamentalista” che ha mietuto vittime in tutto il mondo: “Si tratta di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere. Faccio perciò appello a tutte le autorità religiose perché siano unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio.
Il terrorismo fondamentalista è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale. Esso potrà essere pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici”.
Al tempo stesso chiede che sia sempre rispettato “il diritto alla libertà religiosa”. E, riecheggiando San Giovanni Paolo II, torna a chiedere un impegno per contrastare quelle condizioni di povertà e disagio sociale, quelle ingiustizie che “divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi” e delle guerre. Né manca di mettere l’accento sul ruolo positivo dell’educazione contro ogni forma di estremismo. Il Papa ringrazia inoltre quei capi di Stato e di governo che hanno accolto il suo invito di compiere un gesto di clemenza verso i carcerati.

No all’indifferenza verso il problema migratorio, serve impegno comune
Francesco rivolge dunque l’attenzione alla questione urgente dell’accoglienza dei migranti. Un approccio “prudente”, avverte, non può significare “l’attuazione di politiche di chiusura” verso gli immigrati. E ribadisce che “non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico”:
“Il problema migratorio è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi, di far fronte ad un’emergenza che non sembra aver fine. Tutti dovrebbero sentirsi costruttori e concorrenti al bene comune internazionale, anche attraverso gesti concreti di umanità, che costituiscono fattori essenziali di quella pace e di quello sviluppo che intere nazioni e milioni di persone attendono ancora”. img177
Il Papa esprime gratitudine “ai tanti Paesi che con generosità accolgono quanti sono nel bisogno, a partire dai diversi Stati europei, specialmente l’Italia, la Germania, la Grecia e la Svezia”.
Ricorda così il commovente viaggio nell’isola di Lesbo per testimoniare vicinanza ai profughi e parla anche della situazione dei migliaia di migranti dell’America Centrale che patiscono “terribili ingiustizie” alla ricerca di un futuro migliore e sono spesso vittime della “tratta delle persone”.

Tempo di pace per la Siria, la tregua sia segno di speranza
Un pensiero speciale va ai bambini, vittime dell’egoismo e della violenza degli adulti. Il Papa ricorda in particolare i giovani della Siria, “privati delle gioie dell’infanzia e della giovinezza”. E qui Francesco rinnova l’accorato appello perché si metta per sempre la parola fine al conflitto, “che sta provocando una vera e propria sciagura umanitaria”: “Ciascuna delle parti in causa deve ritenere come prioritario il rispetto del diritto umanitario internazionale, garantendo la protezione dei civili e la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione. Il comune auspicio è che la tregua recentemente firmata possa essere un segno di speranza per tutto il popolo siriano, che ne ha profonda necessità”.
Il Pontefice incoraggia la comunità internazionale a “debellare il deprecabile commercio delle armi e la continua rincorsa a produrre e diffondere armamenti sempre più sofisticati” ed esprime “sconcerto” per gli esperimenti condotti nella penisola coreana che “destabilizzano l’intera regione”. E con le parole di San Giovanni XXIII chiede che “si mettano al bando le armi nucleari”. Tuttavia, il Papa mette anche l’accento sull’accesso alle armi di piccolo calibro che generano un sentimento di insicurezza e paura.

Israeliani e palestinesi abbiano il coraggio di costruire la pace
Ancora una volta, denuncia le derive ideologiche che fomentano il disprezzo e l’odio e ribadisce che la pace si conquista con la solidarietà. Elogia dunque l’impegno per la riconciliazione tra Cuba e Stati Uniti e in Colombia. E chiede gesti coraggiosi per la pacificazione in Venezuela e per il Medio Oriente: “La Santa Sede rinnova inoltre il suo pressante appello affinché riprenda il dialogo fra Israeliani e Palestinesi, perché si giunga ad una soluzione stabile e duratura che garantisca la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti.
Nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare. Israeliani e Palestinesi hanno bisogno di pace. Tutto il Medio Oriente ha urgente bisogno di pace!”.
Impegno per la pace il Papa lo chiede per tutte le aree segnate da conflitti e violenza: dalla Libia all’Iraq, dal Centrafrica al Congo, ancora all’Ucraina e al Sudan.

L’Europa riscopra i suoi valori per vincere le spinte disgregatrici
Il Papa si sofferma poi sul momento storico che sta attraversando l’Europa ed esorta a riscoprire “le proprie radici per poter plasmare il proprio futuro”: “Di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto mai urgente aggiornare ‘l’idea di Europa’ per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulle capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il cosiddetto Vecchio Continente. Il processo di unificazione europea, iniziato dopo il secondo conflitto mondiale, è stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli”.

Il popolo italiano sia unito da uno spirito di solidarietà
Nella parte conclusiva del suo discorso, il Papa parla dunque del tema a lui caro della cura del Creato. E riferendosi all’Accordo di Parigi sul clima, auspica che lo sforzo intrapreso per “fronteggiare i cambiamenti climatici trovi una sempre più vasta cooperazione di tutti, poiché la Terra è la nostra casa comune”. Ancora, ricorda i popoli colpiti dai terremoti nell’ultimo anno: Ecuador, Indonesia e Italia: “Auspico che la solidarietà che ha unito il caro popolo italiano nelle ore successive al terremoto, continui ad animare l’intera Nazione, soprattutto in questo tempo delicato della sua storia.
La Santa Sede e l’Italia sono particolarmente legate da ovvie motivazioni storiche, culturali e geografiche. Tale legame è apparso in modo evidente nell’anno giubilare e ringrazio tutte le Autorità italiane per l’aiuto offerto nell’organizzazione di tale evento, anche per garantire la sicurezza dei pellegrini, giunti da ogni parte del mondo”.
Con le parole del Beato Paolo VI, il Papa chiede infine di prodigarsi per lo sviluppo integrale, “nuovo nome della pace” e assicura l’impegno della Santa Sede “per porre fine ai conflitti in corso e a dare sostegno e speranza alle popolazioni che soffrono”.

(Da Radio Vaticana, 15/1/2017)