IL LAVORO DIGNITOSO E TUTELATO È ANTIDOTO ALLA POVERTÀ E PRECONDIZIONE DI UNO SVILUPPO INTEGRALE, SOSTENIBILE ED INCLUSIVO
Cantico maggio 2016 online (2)A detta di papa Francesco, il lavoro, qualora sia luogo di espressione e di esercizio della dignità umana, e venga rispettato secondo i diritti e i doveri che lo caratterizzano, è antidoto alla povertà, strumento di creazione e di distribuzione della ricchezza e, come si spiegherà nel prossimo paragrafo, condizione di realizzazione di una democrazia inclusiva e partecipativa, perché è titolo di partecipazione.
Affinché il primato del lavoro sul capitale e sui mercati si affermi, è necessario, il superamento delle dottrine economiche neoliberiste, che conferiscono ai mercati e, di conseguenza, alla speculazione finanziaria un’autonomia assoluta, che li rende indipendenti dai controlli statali. Tali dottrine, che godono di grande popolarità, affermano che i mercati e la speculazione produrrebbero automaticamente la ricchezza delle Nazioni, ricchezza per tutti, con il funzionamento spontaneo delle loro regole, quando non vengono intralciati da interventi regolatori e «sussidiari» da parte degli Stati e degli altri soggetti sociali, volti a orientarli al bene comune (cf EG n. 56)12.
Secondo papa Francesco le cose non starebbero in questi termini. Le teorie della «ricaduta favorevole», che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo, non sono mai state confermate dai fatti, ed esprimono una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante (cf EG n. 54)13.
Occorre abbandonare definitivamente la teoria economica della «mano invisibile»: «Non possiamo più confidare – egli afferma con decisione – nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità (ecco ciò a cui bisogna puntare) esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo» (EG n. 204).
Con queste affermazioni, il pontefice si oppone ai sostenitori della bontà automatica della globalizzazione sregolata dell’economia e della finanza, secondo i quali essa avrebbe di fatto favorito la crescita economica di diversi Paesi, ad esempio dei Brics14. Egli ritiene di dover dissentire non con tutti i neoliberisti, ma con quelli più radicali, perché non tengono in conto che lo sviluppo di un Paese non dev’essere solo economico e ottenuto in qualsiasi maniera, anche a costo della giustizia, senza rispettare i diritti dei lavoratori e senza promuovere il progresso sociale. Se la globalizzazione dell’economia ha prodotto ricchezza e crescita economica per alcuni, bisogna sempre domandarsi se ciò è avvenuto secondo giustizia e non abbia causato nuove sacche di povertà e di diseguaglianza.operai
La ricchezza non va solo prodotta. Occorre che sia anche equamente redistribuita. L’istruzione e il lavoro dignitoso e tutelato sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni sia per il raggiungimento della giustizia sociale. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ossia del bene di tutti! Non ci può essere vera crescita senza lavoro per tutti.
Secondo papa Francesco, la dignità di ogni persona che lavora e il bene comune sono questioni che devono strutturare tutta la politica economica e non essere considerate come mere appendici. Essi debbono costituire la base dei programmi che mirano a un autentico sviluppo integrale (cf EG n. 203).
In sostanza, per il pontefice, non si tratta di sottodimensionare l’economia e la finanza – il che sarebbe assurdo – bensì di umanizzarle e di finalizzarle al bene comune della famiglia umana. La Chiesa non condanna l’economia di mercato, le Borse, il profitto, la concorrenza e la speculazione in sé. Domanda, piuttosto, che siano tutelati, promossi e posti al servizio dell’uomo che lavora e di tutti i popoli (cf CIV n. 65).
L’economia di mercato ha rappresentato uno degli strumenti principali dell’inclusione sociale e della democrazia nei secoli passati. Bisogna, piuttosto, che il fenomeno sregolato della finanziarizzazione dell’economia non ne riduca le capacità di accrescere la ricchezza e le opportunità. La finanza, infatti, è uno strumento con potenzialità formidabili per il corretto funzionamento dei sistemi economici15.
La buona finanza consente di aggregare risparmi per utilizzarli in modo efficiente e di destinarli agli impieghi più redditizi; trasferisce nello spazio e nel tempo il valore delle attività; realizza meccanismi assicurativi che riducono l’esposizione ai rischi, consente l’incontro tra chi ha disponibilità economiche ma non idee produttive e chi, viceversa, ha idee produttive ma non disponibilità economiche.
Occorre, però, che la finanza non sfugga al controllo sociale e al suo compito di servizio all’economia: il denaro deve servire e non governare, afferma lapidariamente papa Francesco (cf EG n. 57). Gli intermediari finanziari spesso finanziano soltanto chi i soldi li ha già, oppure preferiscono investire principalmente là dove si ha un profitto a breve, brevissimo termine.
Esiste un mercato finanziario ombra in cui mancano del tutto le regole e viaggiano prodotti che non offrono garanzie e paiono confezionati per truffare. C’è bisogno, allora, rimarca papa Francesco, di una sana economia mondiale (cf EG n. 206) e, in particolare, di una riforma della finanza che non ignori l’etica (cf EG n. 58), perché si deve poter usufruire del bene pubblico che sono i mercati liberi, stabili, trasparenti, «democratici», non oligarchici – negli ultimi anni i mercati finanziari, in assenza di una seria regolamentazione non hanno teso spontaneamente alla concorrenza, ma all’oligopolio –, funzionali alle imprese, ai lavoratori, alle famiglie, alle comunità locali, come ha avuto occasione di illustrare il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace nelle sue riflessioni: Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale16.
In questi ultimi anni la Chiesa, specie mediante la Caritas in veritate, ha indicato come essenziale alla realizzazione di uno sviluppo integrale, sostenibile ed inclusivo la prospettiva o, meglio, l’ideale storico e concreto di un’economia di mercato popolata da un’imprenditorialità plurivalente (imprese profit, finalizzate al profitto, imprese non profit, non finalizzate al profitto, e un’area intermedia tra queste) (cf CIV n. 46),17 animata in tutte le sue fasi dalla giustizia (cf CIV n. 37), dai principi della fraternità e della gratuità, dalla logica del dono, che diffondono e alimentano la solidarietà e la responsabilità sociale nei confronti delle persone e dell’ambiente, sollecitando una forma di profonda democrazia economica (cf CIV 39)18.

S.E. Mons. Mario Toso
Vescovo di Faenza Modigliana, già Segretario
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

12 Per una visione d’insieme dei processi di stampo neoliberista che hanno modificato le società contemporanee, si veda I. MASULLI, Chi ha cambiato il mondo?, Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 89 e sgg.
13 Per comprendere meglio queste affermazioni può tornare utile la lettura di: Z. BAUMAN, “La ricchezza di pochi avvantaggia tutti” (Falso!), Laterza, Roma-Bari 2013.
14 Acronimo per Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
15 Su questo si è anche fermato a riflettere – specie dopo le accuse rivolte a papa Francesco di essere un papa marxista a motivo della pubblicazione dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium –, il Seminario internazionale, organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con la collaborazione della seconda sezione della Segreteria di Stato, e svoltosi presso la Casina Pio IV dall’11 al 12 luglio 2014, The Global Common Good: towards a more Inclusive Economy. Si veda in proposito il Research paper predisposto dai professori Stefano Zamagni, Leonardo Becchetti, Luigino Bruni e André Habisch e di prossima pubblicazione, disponibile su www.iustitiaetpax.va.
16 Cf PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011, 3.a ristampa. Non è la prima volta che il Pontificio Consiglio affronta tematiche relative all’economia e alla finanza. Basti anche solo pensare a: ID., Un nuovo patto finanziario internazionale 18 novembre 2008. Nota su finanza e sviluppo in vista della Conferenza promossa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Doha, Tipografia Vaticana, Città del Vaticano 2009.
17 Una tale area intermedia, si legge nella CIV «è costituita da imprese tradizionali, che però sottoscrivono dei patti di aiuto ai Paesi arretrati; da fondazioni che sono espressione di singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal variegato mondo dei soggetti della cosiddetta economia civile e di comunione. Non si tratta solo di un “terzo settore”, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali» (CIV n. 46).
18 «La solidarietà – spiega Benedetto XVI, continuando ad illustrare l’ideale storico e concreto di una nuova economia con riferimento al mercato − è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti, quindi non può essere delegata solo allo Stato. Mentre ieri si poteva ritenere che prima bisognasse perseguire la giustizia e che la gratuità intervenisse dopo come un complemento, oggi bisogna dire che senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia. Serve, pertanto, un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi.
Accanto all’impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali. È dal loro reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere una sorta di ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione sensibile alla civilizzazione dell’economia. Carità nella verità, in questo caso, significa che bisogna dare forma e organizzazione a quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso» (CIV n. 38).