Don Davide Baraldi

Cicli di incontri “Sperare la pace” – Bologna 9 febbraio 2020

Pubblichiamo di seguito la interessante riflessione di Don Davide Baraldi, Vicario Episcopale per il laicato, al secondo appuntamento del Ciclo “Sperare la pace” promosso a Bologna dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa assieme alla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo. La presentazione della “Piccola Guida a nuovi stili di vita” (Tavolo diocesano per la custodia del creato) offre la possibilità di riflettere su quanto il prendersi cura del creato attenga alla nostra fede e quale cammino richieda in una conversione da incarnare nell’assunzione di nuovi stili di vita personali e comunitari per poter abbracciare il mondo nella nostra quotidianità e poter abitare la terra in modo più umano e solidale.

Ho il compito di illustrare lo strumento “Piccola guida a nuovi stili di vita”, che si è dato il Tavolo diocesano per il Creato, provando a cogliere sia gli spunti che concretamente il testo dà, sia alcune riflessioni motivazionali.
Come premessa vorrei innanzitutto citare una frase che si trova nell’introduzione del Cardinal Zuppi alla Piccola Guida: “La terra non è solo una eredità dei nostri padri, ma un prestito dei nostri figli” (Masai del Kenya, p. 6). In questa frase io trovo una grande profondità perché vi leggo una inversione radicale del modello della cultura patriarcale. La cultura contemporanea è molto attenta a reagire alla cultura patriarcale con la cultura matriarcale o femminista.
Alcuni addirittura, giocando sul femminile, dicono che, essendo la Terra genere femminile, la cultura cosiddetta femminista – che io preferisco definire “al femminile” – favorisca una riscoperta della Terra come ambiente da custodire.
Invece, a mio modo di vedere, il contrario di una cultura patriarcale non è la cultura matriarcale, ma la cultura filiale. Il punto focale su chi deve venire e su che cosa lasciamo noi, ci aiuta a riscoprire un atteggiamento fondamentale e intercetta un discorso molto importante: i cosiddetti diritti delle nuove generazioni. Il mondo di oggi, dopo una lunghissima riflessione durata qualche secolo sui vari diritti, ha scoperto i diritti delle nuove generazioni. Un ragazzo di 10 anni ha diritto di abitare tra 20 anni in un pianeta che sia abitabile, che non sia pieno di inquinamento, che sia vivibile e non sia spremuto nelle risorse.
Essere figli è fondamentale, perché è anche il modo di vincere “il delirio di onnipotenza” che corrompe la creazione. Che cosa accade nel racconto del peccato originale? Tutto si svolge in un giardino. Gli uomini sono presi da un delirio di onnipotenza, dall’idea che possono fare tutto. E in seguito a questo delirio di onnipotenza i primi racconti della Genesi, che sono profondissimi sulla situazione in cui gli uomini vivono in tutte le epoche della storia, ci fanno vedere un mondo che sprofonda nella violenza, l’omicidio del fratello, una violenza che bagna la terra di sangue. Una descrizione non distante in fondo da situazioni che vediamo anche oggi nel nostro mondo.
S. Francesco d’Assisi (non a caso patrono dell’ecologia), quando vive la conversione, dice esattamente questo: “Ho un altro Padre”; non lo dice perché bisogna rinnegare i padri, ma perché c’è una questione decisiva proprio nel nostro riconoscerci “figli di un Padre”. S. Paolo dice: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto” (Rm 8,19-21). C’è una creazione sofferente e questa sofferenza si esprime in vari modi, finché noi tutti non viviamo da figli di Dio redenti. Finché non ci convertiamo pienamente. L’immagine dell’essere “figli di Dio Padre” è l’immagine della nostra conversione evangelica piena.
Allora la custodia del creato diventa strettamente connessa al vivere da figli di Dio, col vivere da veri cristiani. Chi vuole essere vero cristiano ha come attenzione la custodia del creato: la custodia del creato interpella la qualità della nostra vita cristiana, del nostro essere discepoli di Gesù, del nostro essere figli del Padre. Vivere da figli di Dio e custodire il creato sono intimamente connessi.
Questo richiamo al prestito dei nostri figli, un prestito che dobbiamo restituire, ci aiuta a cambiare anche un’altra terminologia, la terminologia del “futuro sostenibile”. Ma la domanda è: “Esiste un futuro che non sia sostenibile?” “Futuro sostenibile” è un pleonasmo. Il futuro o è sostenibile o non è futuro.

La Piccola Guida diocesana a nuovi stili di vita per parrocchie e comunità in vista della custodia del creato è la sintesi, adattata al territorio, di uno strumento molto più grande e più articolato, la Guida Focsiv preparata dal Movimento Cattolico Mondiale per il Clima assieme alla Focsiv.
Per presentarla indico di seguito quattro sponde che delimitano il campo del nostro operato.

1. La riduzione delle emissioni delle parrocchie e della loro impronta di carbonio.
Questo è il nerbo di entrambe le Guide. Tutto ruota intorno a tante piccole attenzioni che sembrano di poco conto, ma che fanno molto su scala globale.
C’è tanto lavoro da fare: lo intuiamo da questa terminologia dell’impronta di carbonio. Noi con la nostra vita produciamo anidride carbonica qualunque cosa facciamo e quindi produciamo una difficoltà per il nostro pianeta.
2. La Guida si sforza di indicare tutte quelle attenzioni per cui le parrocchie possono ridurre le loro emissioni. Cose che sembrano di poco conto ma diventano significative su scala globale se pensiamo che nel mondo ci sono 220 mila parrocchie.
Siamo invitati a riconoscere il tema della mondialità come il lato bello della globalizzazione. I piccoli gesti possono diventare decisivi, in ragione del fatto che la mondialità viene definita: “L’ambito in cui tutti gli stili di vita si collocano ed è l’atteggiamento che ci porta a considerare il mondo intero legato alle nostre scelte, ai nostri atti quotidiani” (p. 35). Ci ricorda che ogni nostro atteggiamento è decisivo.
3. Tutti noi qui siamo consapevoli della bontà di queste attenzioni. Tuttavia ci sono da vincere titubanze, abitudinarietà, pigrizie, a volte anche resistenze teoriche. Allora è importantissimo essere molto seri. Bisogna avere una strategia di opportunità e di comunicazione e questo fa riferimento ad un’ermeneutica della complessità. Nel nostro desiderio di proporre una cultura ecologica, non dobbiamo semplificare in maniera antipatica. Faccio un esempio: io uso il tablet, non uso la carta, ma sarei ridicolo se ponessi questo come gesto ecologico senza pensare a quanta impronta di carbonio ha provocato fare questo tablet. Se io facessi questa retorica sarei ridicolo ed anche antipatico. Allo stesso modo il problema dell’auto elettrica: si riducono le emissioni, ma la produzione delle batterie elettriche non è innocua (uno dei materiali usati è il coltan, estratto dal Congo con lo sfruttamento dei bambini) e quali effetti avrà lo smaltimento delle batterie? Dunque bisogna essere seri, fare una comunicazione precisa, e non pensare di essere sopra gli altri, perché altrimenti invece di vincere le resistenze, rischiamo di peggiorarle.
4. Leggendo la Guida si può avere l’impressione di partire da cose piccole e di poco impatto, ma su questo vorrei richiamare due riferimenti bellissimi.
Il primo è nel libro di Zaccaria. Quando il popolo ritorna dall’esilio e Zorobabele, l’erede della casta sacerdotale, viene profeticamente viene incaricato di ricostruire il Tempio che era stato distrutto, c’è questa immagine molto bella del profeta che contempla la prima pietra delle mura del Tempio e dice: “Guardate quanto è bella questa pietra. Chi oserà disprezzare il giorno di così piccoli inizi?”. Il Tempio Inizia con un piccolo gesto.
Noi siamo in questa situazione: dobbiamo ricostruire il tempio del creato, il tempio della comprensione della dimensione religiosa della nostra vocazione nel mondo. E guai a disprezzare i piccoli inizi.
Il secondo riferimento è l’immagine evangelica della senape. La senape diventa l’albero più grande di tutti. La conversione ecologica, ancora molto piccola, nell’arco di 10/20 anni diventerà l’albero in cui tutti si andranno a rifugiare. Bisognerà andare a rifugiarsi dentro quel pensiero, dentro quella spiritualità, per non portare al collasso il nostro pianeta.

TRE TEMI NODALI

1. ECOLOGIA INTEGRALE Tutta la riflessione portata avanti da Papa Francesco è che chi è attento all’ecologia, non lo può essere solo dal punto di vista ambientale o scientifico. Ecologia integrale è un paradigma concettuale ed un percorso spirituale (cf G. Costa – P. Fogliazzo, L’Ecologia integrale, in Aggiornamenti Sociali, ag-sett 2015, Editoriale), una forma mentis e davvero una spiritualità. Indica che se noi ci preoccupiamo di una conversione ecologica, dobbiamo lasciare che vengano toccate tutte le dimensioni della nostra esistenza”.
Le guerre esistono per il potere e per l’utilizzo delle risorse. Se gestiamo le nostre relazioni come rapporti di potere, non possiamo essere ecologisti perché tradiamo lo spirito di fondo. L’ecologia integrale è esattamente questa idea.
Uno dei grandi drammi della disfunzione ecologica del mondo è la povertà. Se non mi sforzo di convertirmi verso i poveri, non potrò fare discorsi ecologici. Questo è il vero punto su cui dobbiamo aiutare i giovani entusiasti a maturare, perché il movimento dei giovani è una cosa strepitosa e bellissima, ma bisogna aiutarli a capire.
“Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere ciascuno i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente” (LS 229). In poche righe il Papa descrive perfettamente cos’è ecologia integrale.

2. SOBRIETÀ “La custodia del Creato è una lotta per vivere ed è sempre combattere contro l’egoismo che ci fa credere possibile consumare tutto, che ci illude con la convinzione che le risorse siano infinite e il progresso sia crescere sempre.” (Card. Zuppi, p. 7).
“Denominatore comune dei nuovi stili di vita è la sobrietà, come resistenza al consumismo imperante. Si lega alla sobrietà della vita, non come fuga dalla complessità del mondo d’oggi, ma come vicinanza alla natura e ai suoi ritmi, contro l’eccesso degli artifici e la schiavitù delle convenienze sociali” (Card. Zuppi p. 30).
Il tema della sobrietà è davvero uno dei temi centrali, ma il punto delicato è educare alla sobrietà, perché noi viviamo in un mondo che di sobrio non ha più niente. Noi ci lamentiamo sostanzialmente di una vita difficile, complicata, ma è una vita a standard altissimi. Le situazioni che noi designiamo di povertà, di fatica, sono definite dallo standard a cui siamo abituati. La forma della nostra vita non comprende la sobrietà.
In più c’è un problema legato ai giovani, che vivono in una cultura che la sobrietà non la affronta. Dobbiamo quindi trovare delle vie per educare alla sobrietà. Questo significa anche che bisogna superare una cortina di ferro, una barriera di resistenza immediata.
C’è la necessità di contestualizzare il tutto in ambienti diversi dalla vita quotidiana, altrimenti parlare di sobrietà rischia di essere inutile, perché tutto è educato secondo una linea differente.
Occorre portare fuori dai nostri contesti, come ad esempio facciamo portando i giovani nel campo Norcia-Assisi: tutto il campo è incentrato sui consigli evangelici, sulla proposta della vita di santità, invitandoli a fare un’esperienza molto forte (non usare il cellulare, non comprare merende…). E piano piano si entra in un contesto in cui poter dire qualche parola.
È importante offrire ai giovani occasioni dove questi discorsi possano essere proposti. E pensare esperienze di mondialità significative per i ragazzi.
In questo c’è una responsabilità enorme da parte delle nostre generazioni. Infatti questo stile di vita glielo abbiamo passato noi.
Ci sono disamine interessanti a questo riguardo: vorrei citarvi tre casi negativi e uno positivo
1. Nel film Come te nessuno mai (Gabriele Muccino, 1999) a un certo punto viene detta questa frase dal figlio: “Penso che siete borghesi e combattete la borghesia. Dite che il comunismo è finito ed eravate comunisti. Ma che l’avete fatto a fare il ’68 voi?!” Il giovane che così si esprime è completamente disorientato dagli adulti e dice “voi siete pieni di contraddizioni e vi lamentate di noi?”.
2. Nel film Il capitale umano (Paolo Virzì, 2014), c’è una frase caustica che viene detta alla generazione degli adulti: “Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto.”
3. Critica al movimento dei Fridays for Future.
Una prima critica è di Camillo Langone: “Si abbia sfiducia nei giovani. Specie nei giovani idealisti che sono i peggiori: sì, meglio un giovane abulico, magari inutile ma almeno non nocivo, piuttosto che un giovane animato da idee sbagliate. Si abbia sfiducia in questi giovani di Fridays For Future che ieri anche in Italia, sulle orme di una giovanissima fanatica svedese, hanno manifestato contro i cambiamenti climatici. Somiglierebbe al manifestare contro il sole, i vulcani, l’oscillazione dell’asse terrestre se non fosse che i giovani idealisti manifestano contro i governi, sulla base del ragionamento “fa caldo, governo ladro”. Pensieri molto più acuti, sui loro cartelli, non ne ho letti. “La sopravvivenza dell’umanità vale più dei profitti del petrolio”, c’era scritto, ma sono proprio i profitti del petrolio a garantire la sopravvivenza dell’umanità, se non ci fossero i profitti nessuno estrarrebbe il petrolio e senza petrolio la morte per assideramento non minaccerebbe solo pochi poveri senzatetto ma inseguirebbe milioni di persone, per l’appunto l’umanità, fin sotto le coperte, come ai bei prepetroliferi tempi. Si abbia sfiducia nei giovani, specie nei giovani con idee che fanno venire i brividi”.
E ancora, la critica di Andrew Bold “Siete voi la generazione che sta rovinando il pianeta! Voi siete la prima generazione che ha preteso l’aria condizionata in ogni sala d’aula; le vostre lezioni sono tutte fatte al computer; avete un televisore in ogni stanza; passate tutta la giornata a usare mezzi elettronici; invece di camminare a scuola prendete una flotta di mezzi privati che intasano le vie pubbliche; siete i maggiori consumatori di beni di consumo di tutta la storia, comperando in continuazione i più costosi capi di abbigliamento per essere ‘trendy’; la vostra protesta è pubblicizzata con mezzi digitali e elettronici. Ragazzi, prima di protestare, spegnete l’aria condizionata, andate a scuola a piedi, spegnete i vostri telefonini e leggete un libro, fattevi un panino invece di acquistare cibo confezionato. “Niente di ciò accadrà, perché siete egoisti, mal educati, manipolati da persone che vi usano, proclamando di avere una causa nobile mentre vi trastullate nel lusso occidentale più sfrenato. Svegliatevi, maturate e chiudete la bocca. Informatevi dei fatti prima di protestare”.
Queste frasi mettono in luce esattamente il problema: chi è il responsabile di tutte queste cose? I responsabili delle parti più negative che vengono dette, siamo noi, non i ragazzi. Le generazioni sopravvissute dalla guerra hanno dato vita ad un progresso che per certi versi è stato moderato, poi è stato smodato, su cui non abbiamo nessuna capacità critica.
4. Cit. di From Sendai. Desidero leggervi una testimonianza bellissima, una testimonianza che mi fa sempre scaldare il cuore e mi commuove. Non c’entra direttamente sulla questione dell’ecologia, ma ha una profondità che dice a tutti noi cos’è la sobrietà. È una testimonianza contenuta in una lettera del 14 maggio 2011 che viene dal Giappone (e precisamente Sendai) nel momento dello Tsunami che ha devastato la Centrale nucleare di Fukushima. Leggo alcuni passaggi che sono una spiritualità della sobrietà. Di fronte al disastro, la giovane che ha scritto la lettera dice la loro situazione: “Ci sentiamo sporchi, ma ci sono cose molto più importanti che ci riguardano adesso”. “Amo questo portare via, amo questo pulire; amo questo portare via tutto ciò che non è essenziale. Vivere completamente a livello base del prendersi cura di ciò che è necessario per sopravvivere. Non solo per me ma per l’intero gruppo. Ci sono come degli universi paralleli che stanno accadendo: ci sono case completamente devastate ed altre case a posto con la biancheria appesa fuori al sole ad asciugare. Persone che sono in fila per l’acqua e il cibo, e d’altra parte persone che camminano tranquillamente con i loro cani… Apprezziamo la luna e il cielo perché non c’è la luce…
L’altra sera un amico di mio marito è venuto nella nostra zona e ha portato cibo e acqua. Siamo benedetti di nuovo… In qualche modo proprio adesso sto vedendo per esperienza diretta che c’è un enorme passo rivoluzionario del cosmo che sta accadendo tutto intorno a noi, intorno al mondo. E sperimento che tutte queste cose stanno accadendo a noi qui in Giappone e il mio cuore si spalanca. Mio fratello mi chiede se io mi sono sentita piccola, indifesa. No, piuttosto mi sento come parte di qualcosa che sta accadendo molto più grande di me stessa. Questa onda di rinascita in tutto il mondo è difficile ma nondimeno magnifica”.
Questa ragazza, che riflette sulla vita in conseguenza del terremoto che ha devastato Sendai e che riflette su questa esperienza di essere riportata alla sobrietà, indica una rigenerazione.

3. NUOVI STILI DI VITA
I nuovi stili di vita – atteggiamenti che bisogna acquisire – hanno un punto cruciale soprattutto nelle comunità parrocchiali: è l’idea della corresponsabilità. Non ci può essere acquisizione di nuovi stili di vita significativi per la custodia del creato se non ci assumiamo una vera corresponsabilità delle cose. Se io non mi sento corresponsabile del problema ecologico e butto i rifiuti dove mi capita, non posso dirmi ecologista. Allo stesso modo per la parrocchia: se non sentiamo tutti i luoghi che frequentiamo come nostri, non sarà possibile la conversione ecologica. È impossibile immaginare una conversione ecologica, se non impariamo ad essere corresponsabili di tutte queste dimensioni anche nell’ambiente di lavoro, e in tutti gli ambienti che frequentiamo. Se tutto questo non ci preme cercando di pagare l’impegno che richiede, non c’è conversione ecologica. La corresponsabilità globale, struttura indispensabile dell’ecologia integrale, si traduce anche in un nesso essenziale tra i “nuovi stili di vita” di una comunità cristiana e la “corresponsabilità” dei laici.
La seconda cosa che mi preme sottolineare è l’idea della dignità. “Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo, perché il punto cruciale è un altro: l’esercizio di nuovi stili di vita ci restituisce il senso della nostra dignità. Ci riconduce ad una maggiore profondità esistenziale e ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo” (Zuppi p. 5). L’esercizio di nuovi stili di vita non è legato solo ad una dimensione funzionale. È questione di dignità della vita. E in questo senso ci sono alcune attenzioni che si possono recuperare (ad es. la scelta delle filiere in cui acquistiamo, la scelta in base a criteri etici). L’agire da consumatori informati dovremmo abituarci a farlo su tutto: è questione della nostra dignità.
Questo movimento è un movimento di popolo. Ed è molto bello che venga dal basso. Qui c’è dietro un pensiero importante: la teologia del popolo, di un popolo che si sente protagonista dei cambiamenti.
“La Rete interdiocesana dei nuovi stili di vita nasce dal basso: questo è il suo marchio originale. Non c’è stato nessun mandato istituzionale, ma una volontà creativa sgorgata da esigenze di base.” (p. 37) Un movimento che nasce dal basso, che ci fa sentire di essere protagonisti di un mondo nuovo.

Don Davide Baraldi
 Vicario episcopale per il laicato e
la custodia del creato
(Trascrizione dalla viva voce)

 

SCHEMA DELLA PICCOLA GUIDA

1. Introduzioni: una introduzione del Cardinale Matteo Zuppi sugli stili di vita, una di Mons. Fabiano Longoni, Direttore dell’Ufficio Nazionale Cei per la Pastorale Sociale, “Impegno della Chiesa Italiana per l’ecologia integrale”, e una di Tomas Insua, Direttore del Movimento Cattolico Mondiale per il Clima “Coinvolgimento delle comunità cristiane”. Siamo collocati nell’impegno cristiano assumendo questi momenti.
2. Perché. Per rispondere al perché di questa urgenza, si segnalano due cose: 1) il problema dei cambiamenti climatici, che può essere negato solo da chi non studia per niente o è animato da non retta intenzione. 2) È necessario prendersi cura del creato proprio per il futuro e il diritto delle nuove generazioni.
3. I primi passi. È utile sapere come muoverci. Occorre individuare le persone sensibili. E assieme a queste persone sensibili si propone di costituire un gruppo nella parrocchia e nella zona, che porti avanti questa attenzione.
Se la cura del creato è un tema decisivo della qualità del nostro essere cristiani, a mio avviso bisogna piano piano impostare una conversione pastorale: si deve decidere di investire risorse umane e tempo, e dare priorità. Occorre pensare alla programmazione pastorale e trovare degli spazi dedicati ad iniziative riguardanti la sensibilizzazione al creato, la formazione a questi temi, la formazione di una spiritualità.
4. Ridurre le emissioni. Il Documento ci guida passo passo per ridurre le emissioni nelle parrocchie. Oltre che agli stili di vita della parrocchia, punta l’attenzione agli stili di vita personali. In entrambi i casi con una attenzione agli acquisti, alle scelte, agli spostamenti, all’energia, ai rifiuti.
5. Percorsi per l’animazione e la formazione pastorale. Sono importanti alcune indicazioni nelle parrocchie e zone pastorali.
Conoscere ed entrare in rete in modo significativo e abituale con le varie realtà che operano con questa sensibilità è da farsi, naturalmente con tutta l’attenzione che richiede il muoversi in una rete così vasta. Occorre capire dove ci si può informare in modo significativo.
È suggerita una Mostra “Il grido della terra” (EMI).

 

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata