Lucia Baldo
Il rispetto è avere riguardo
Il rispetto è una delle virtù politiche indicate come prioritarie da Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2019.
La parola “rispetto” deriva dal latino “respicere” che significa “ri-guardare, guardare di nuovo” ed è quindi collegata all’“avere riguardo, considerazione” verso qualcuno (O. Pianigiani, Vocabolario etimologico, Fratelli Melita Editori). Ciò significa che se io rispetto qualcuno, riconosco che egli esiste con la sua libertà e responsabilità, poiché, nella visione cristiana, se Dio stesso, l’Infinito, lascia che l’uomo esista e sia libero, a maggior ragione l’uomo, che è finito, dovrà rinunciare a prevaricare e a calpestare la dignità dell’altro, soprattutto se si tratta di persone deboli e indifese. Chi manca di rispetto prevarica l’altro, non lo lascia essere quello che è.
Il rispetto è proprio dell’uomo nobile che non prova invidia, né risentimento verso chi ha compiuto opere grandi e belle; ma è proprio anche di chi ha paura di mettere le mani sui deboli, gli indifesi, gli oppressi e i sofferenti, come i bambini, ricordando il monito di Gesù: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono.
Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (Mc 10, 42-44).
Manca di rispetto la fiera delle vanità che porta uomini pubblici ad esibirsi nei social o nelle varie TV o nelle piazze, manipolando l’uditorio secondo i propri interessi, anziché a porre al primo posto il bene della res publica, ovvero il bene di tutti.
Ci sono politici che non hanno timore di diffondere notizie, anche false e tendenziose, per mettere gli avversari, in particolare quelli più apprezzabili, in cattiva luce a proprio vantaggio e poter così aumentare il consenso. Invece il rispetto richiede di saper riconoscere i meriti, la grandezza degli altri, anche se avversari, evitando di provare risentimento, invidia e volontà di annientarli.
…nel rispetto del sacro
Chi cerca il bene non può essere invidioso, cioè non può “non sopportare di vedere” (invidia da in-videre) il bene che Dio compie nell’altro. Nella visione francescana, infatti, questa sarebbe una bestemmia, un’offesa fatta prima di tutto a Dio che è il Bene sommo dal quale proviene ogni altro bene (cf FF 157).
Chi non rispetta Dio si ribella a Lui, insultandolo con la bestemmia e atti violenti, e riversa questa violenza contro gli altri uomini e il mondo intero. Per questo Romano Guardini sostiene che non si dia rispetto al di fuori del rispetto del sacro.
Il rispetto è, per il filosofo tedesco, un sentimento di natura religiosa, proprio di chi, di fronte ad “ogni realtà elevata, potente, magnifica”, come la persona, ha la sensazione di qualcosa di “sacro”, di “inaccessibile” (R. Guardini, Virtù, Morcelliana, p. 67).
… nell’umiltà
Il rispetto è inscindibile dall’umiltà, virtù eminentemente francescana che non significa accontentarsi della mediocrità, ma voler partecipare a qualcosa di grande di cui però non ci si ritiene degni. L’umiltà è sentire in noi il respiro dell’Infinito unitamente alla sofferenza provocata dai limiti in cui ci sentiamo rinchiusi e che impediscono all’Infinito di erompere in tutta la sua grandezza.
Tuttavia questa consapevolezza e accettazione del divario tra finito ed Infinito è la nostra peculiarità e la nostra salvezza, perché ci rende virtuosi nell’umiltà e incapaci di voler annientare, per invidia e per risentimento, l’Altro che è nell’altro, con l’illusione di diventare più grandi, ponendoci come rivali di fronte a Dio.
Con lo sviluppo fine a se stesso della scienza e della tecnica, l’uomo ha preteso di accorciare le distanze dall’Infinito e, per questo, è diventato più arrogante e desideroso di restringere i suoi limiti fino ad annullarli. Accettare i propri limiti, non volere appropriarsi di ciò che non ci appartiene e mettere freno al desiderio di colonizzare e manipolare l’altro, è rispetto.
Uno spazio spirituale
Il rispetto è una sintesi di “onore” e di “paura”: paura di avanzare, che porta l’uomo rispettoso a mantenere la distanza e fa sì che egli si guardi “dallo sfiorare l’oggetto del suo rispetto con l’alito del proprio essere” (ibidem).
Da questa distanza può nascere “uno spazio spirituale in cui ciò che merita rispetto può innalzarsi, presentarsi liberamente e brillare” (ibidem, p. 68).
Ogni cultura, per Guardini, comincia per il fatto che l’uomo si ritrae, “crea quella distanza dove, come in uno spazio libero, può apparire chiaramente la persona con la sua dignità” (ibidem).
Anche una buona cultura politica deve lasciare agli altri spazi liberi di espressione, senza manipolare la realtà per i propri scopi. Il politico rispettoso dovrà prendere sul serio le convinzioni dell’altro. Le potrà e, in certi casi, le dovrà contrastare, quando pensa che siano sbagliate e contrarie alla sua coscienza, ma non dovrà soffocarle.
Oggi il rispetto è negato dai media quando nei social si dà fiato a un protagonismo narcisistico ed anche violento, perché sembra che, attraverso un esibizionismo moltiplicato a dismisura, si possa dimostrare a sé e al mondo intero che si esiste. Invece il rispetto non ostenta e si nutre di silenzio, cresce approfondendo i meandri nascosti della propria interiorità, cresce nel segreto e nel mistero, nel pudore di rivelarsi a pieno, di esporre al sole le proprie radici, perché si seccherebbero, inaridendosi. L’uomo non rispettoso è arido e morto in se stesso.
Per Guardini la mancanza di rispetto nel politico prepara alla dittatura, poiché “chi non possiede più un settore a sé riservato, è disponibile per l’aggressione e la potenza” (ibidem, p. 71). Perciò il rispetto è la garanzia per la dignità delle relazioni umane.
La discrezione in S. Francesco
Come non ricordare il rispetto che S. Francesco aveva per S. Chiara e le sue sorelle che egli chiamava le Povere Dame. Non dobbiamo stupirci se ad esse il Santo “sottrasse a poco a poco la sua presenza” (FF 793), accentuando la distanza da loro, poiché egli lo fece proprio in nome del rispetto che aveva di loro!
“E poiché i frati un giorno mostravano meraviglia perché non visitasse più spesso personalmente quelle ancelle di Cristo, così sante, rispose: “Non crediate, carissimi, che non le ami pienamente” (FF 794). Per lui mantenere e accrescere la distanza da loro non significava non averne più cura, ma, al contrario, lasciare in loro vivere quello “spazio spirituale” senza il quale non avrebbero più potuto trovare la libera espressione della propria vocazione e dignità.
Invece nel caso dei lebbrosi il rispetto indusse S. Francesco ad accorciare le distanze che allontanavano lui e tutti gli abitanti della città da questi emarginati, creando intorno a loro un vuoto esistenziale. Ai lebbrosi il Poverello volle offrire la possibilità di crescere nella considerazione della propria dignità lesa dai pregiudizi e dal disprezzo della società. Egli possedeva la virtù della discrezione che, unita e strettamente collegata alla virtù del rispetto, come a tutte le altre virtù, gli permetteva di avere un’elevata capacità di giudizio nel discernere il bene e il male, di misurare le distanze da frapporre tra sé e gli altri nelle diverse circostanze e situazioni.