“Tornare al cuore”
La Bolla di indizione del Giubileo Ordinario 2025 osserva che nell’epoca di internet abbiamo perso la capacità di “guardare con stupore” il creato, di attendere l’alternarsi delle stagioni con i loro frutti. L’umanità ha perso gli occhi semplici di S. Francesco che percepiva il creato come una grande famiglia in cui le creature vivessero insieme da fratelli e sorelle.
Noi, non solo non cogliamo nelle creature il rimando al Creatore, ma ci scagliamo contro l’intera creazione, guastandola gravemente. La coinvolgiamo nella logica del mondo che è ribelle a Dio e la sfruttiamo a nostro piacimento, pretendendo di circondarci di una certa sicurezza attraverso la sola tecnologia che ci consente di rimanere uguali a noi stessi eludendo la necessità di una nostra conversione! Ricordiamo S. Paolo che commisera la creazione perché la vede sofferente come per le doglie del parto, ma anche speranzosa di essere liberata dalla corruzione per entrare nella gloria di Dio.
L’enciclica “Dilexit Nos” ci fa riflettere sul fatto che gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano allo squilibrio radicato nel cuore dell’uomo. Perciò dobbiamo “tornare al cuore” (DN 29) e trasformare la nostra affettività, altrimenti i nostri problemi, compresi quelli ecologici, rischiano di non trovare soluzione.
Per superare il nostro egoismo non possiamo fare troppo affidamento su noi stessi. Non basta nemmeno conoscere il Vangelo né fare meccanicamente ciò che esso ci comanda. Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino (cfr. DN 30) “in un dialogo orante, da cuore a cuore con Cristo vivo e presente… Il Signore ci salva parlando al nostro cuore dal suo Sacro Cuore” (DN 26). Ci chiama giorno dopo giorno a modellare il nostro cuore sul suo cuore.
La teologia dell’affettività
S. Bonaventura denuncia i filosofi, anche quelli che lui considera i più nobili come Platone e Plotino, perché hanno ignorato il mondo degli affetti umani che hanno bisogno di essere sanati. Il santo ritiene che l’amore, radice di tutti gli affetti, debba essere “risanato, altrimenti tutti gli affetti sono distorti; ma non si può risanare se non per mezzo dell’amore divino” (S. Bonaventura, La sapienza cristiana, Collationes in Hexaemeron, Jaca Book,1985, n.7, pg. 125).
Non bastano le sole “forze del libero arbitrio”.
L’enciclica “Dilexit Nos” considera attuale il pensiero bonaventuriano in quanto lo ritiene capace ai nostri giorni di sollecitare un rapporto di amicizia, un incontro personale con Cristo da cui scaturisca un cuore che ama come Lui ama. Essere amici di Cristo significa avere un cuore che ama.
Nell’enciclica vengono raccontate a mo’ di esempio alcune forti esperienze d’amore di santi che incontrando Cristo, si sono lasciati trasformare da Lui, mossi dalla fiducia di avere più da ricevere che da fare o da dare.
Come non ricordare la preghiera che S. Francesco rivolge al crocifisso dicendo di voler morire per amore dell’amor suo e riconoscendo di ricevere da Dio senno e cognoscimento?
Come non ricordare la contemplazione con gli “occhi del cuore” (S. Bonaventura, Della vita perfetta, VI), la devozione, il ricordo frequente della passione di Cristo da parte di S. Bonaventura che si sente trasformato dall’ardentissimo amore del Crocifisso?
Noi tutti abbiamo bisogno di esperienze forti che ci facciano vivere nella notte della nostra vita lampi della luce del regno di Dio!
La mèta comune
Il culto per Cristo non si accontenta di un rapporto individuale senza interesse per gli altri.
Al cuore di Cristo, che ha tanto amato, non può piacere che rimaniamo isolati in un’esperienza religiosa che non abbia conseguenze fraterne e sociali.
Ecco perché l’enciclica “Dilexit Nos” si chiude ricordando “la dimensione missionaria del nostro amore per il cuore di Cristo” (DN 205), la quale consiste nel testimoniare l’amore di Dio riversato nei cuori.
La proposta cristiana è “attraente” quando è manifestata integralmente. Si trasmette per contagio e non per proselitismo (cfr. DN 210).
I nostri atti d’amore, fondati sull’unione a Cristo, sono il modo migliore e talvolta l’unico per comunicare e per attrarre gli altri all’amore di Cristo, per liberare la stessa creazione dalla schiavitù della corruzione ed entrare nella gloria dei figli di Dio.
“Tutte le creature avanzano insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune che è Dio in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. Davanti al cuore ferito di Cristo chiediamo al Signore di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita…” (DN 31).
Graziella Baldo