Roma, 3-5 gennaio 2017

Foto 9Dal 3 al 5 gennaio la Fraternità Frate Jacopa si è ritrovata a Roma presso la Domus Vitellia per la Scuola di Pace dedicata all’approfondimento del Messaggio della Giornata Mondiale della Pace.
Se sempre avvertiamo il bisogno di recuperare i dettami della pace, di approfondirne senso e significato per l’oggi, – ha esordito la presidente Argia Passoni in apertura dei lavori – sentiamo in maniera particolare l’esigenza di approfondire l’intenso Messaggio di questa 50ª Giornata della Pace “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. Un messaggio percepito come una svolta anche da coloro che non appartengono alla cristianità, ma che sentono l’urgenza della pace e avvertono la irragionevolezza delle armi rispetto alla violenza che contraddistingue in forme sempre nuove questo nostro mondo globalizzato. “La violenza non è la cura di questo mondo frantumato”: il Messaggio ci chiede di orientarci decisamente per la nonviolenza, crescendo nella consapevolezza del proprium del cristianesimo, una chiamata a recuperare la magna carta della non violenza “le beatitudini” come strategia di pace.
Per il cristianesimo la nonviolenza innesta un modo di essere della persona. Non siamo invitati ad un generico pacifismo, al contrario Papa Francesco ci ricorda che la nonviolenza è uno stile di vita, un’arte del vivere che va fatta crescere dal proprio cuore al mondo. Come non vedere qui enormi passi da compiere, importanti passaggi da approfondire – ha concluso Passoni –? Dalla nonviolenza vista come un affare privato alla non violenza attiva fino alla nonviolenza come stile di una politica che lavori per l’umanizzazione, per il bene e la stessa sopravvivenza dell’umanità.
La magistrale presentazione del Messaggio ad opera di S.E. Mons. Mario Toso (Vescovo di Faenza- Modigliana) ha messo in luce come l’obiettivo primario di Papa Francesco sia l’umanizzazione della politica, oggi stravolta nella sua essenza e nella sua finalità, offrendo alla politica un modello di nonviolenza attiva e creativa, perché diventi ministeriale al bene della persona e della società. E tutto questo deve cominciare dal basso, dalla nostra quotidianità, dalle nostre famiglie. Dopo aver aiutato a cogliere, attraverso una fenomenologia della violenza e della nonviolenza, passaggi impliciti nella sinteticità e originalità del Messaggio, Mons. Toso ha sottolineato che, poiché Cristo è non solo modello ma fonte e causa della nonviolenza, ogni cristiano ha una vocazione alla nonviolenza e tutta la comunità cristiana è posta davanti a questo modello.
Ciò esige una conversione radicale nella relazionalità a partire dall’altissima dignità di ogni persona. Solo una relazionalità positiva genera infatti il bene della pace, umanizzando la politica. Si contribuisce alla pace in particolare crescendo come comunità di pace mediante la partecipazione alle istituzioni nei vari modi e forme, pur con tutta la problematicità che questo comporta (cf. prima parte della relazione pubblicata nelle pagine a seguire).
La relazione del Prof. Antonio Parisella (docente di storia contemporanea e direttore del Museo Storico della Liberazione) ha fatto da contrappunto alla lettura offerta alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa attraverso un breve excursus illuminato da elementi di storia contemporanea, evidenziando come, dopo la caduta dei miti delle ideologie innestati dalla rivoluzione francese, oggi siamo in un tempo in cui le Chiese possono essere protagoniste di un nuovo legame con la società, che dopo averle messe ai margini, ora in tempo di crisi le richiede. Interessanti cenni sulla storia della nonviolenza hanno messo in luce come l’edificazione di un percorso non violento intersechi l’apporto civile con l’apporto ecclesiale. Parisella ha avvalorato la problematicità emersa in ordine al cammino da fare per percorsi non violenti, essendo imbevuta la politica stessa di violenza e d’altra parte non avendo una pratica effettiva della nonviolenza.
Sono da promuovere forti motivazioni, un forte livello di coscienza assieme all’organizzazione. Il che implica l’edificazione di comunità non violente che sappiano leggere la realtà, unire le risorse, le intelligenze, le motivazioni e darsi obiettivi. Di questo siamo responsabili come comunità cristiana, perché le Chiese sono chiamate a ridiventare “anima”.
Passare dalla “guerra giusta” alla “pace giusta” postula il fatto che non c’è pace senza giustizia e nessun cristiano può sottrarsi a questo compito.
L’articolata relazione di P. Martín Carbajo Núñez ofm (Pontificia Università Antonianum) “Lo Spirito di Assisi: il contributo delle religioni per una coesistenza pacifica”, in una lettura che ha unito l’apporto filosofico all’apporto teologico, ha prospettato la ineludibilità del dialogo interreligioso che diventa necessario per rispondere alle sfide di un mondo secolare plurale dove dobbiamo imparare gli uni dagli altri.
L’apporto religioso è imprescindibile e complementare all’aspetto razionale. Nella prospettiva cattolica il dialogo è radicato nell’essenza stessa di Dio, la Trinità. E tutto questo richiede un dinamismo, un progetto continuo di conversione.
Il cambiamento di mentalità da farsi è certamente arduo e impegnativo ma è da intraprendere perché fa parte della nostra identità profonda e da questo dipende il futuro nostro e dell’umanità.
Interpellati da questa consegna, continueremo a condividere anche sul Cantico la ricchezza dell’incontro, continuando la pubblicazione delle relazioni, certi che gli elementi di discernimento e di riflessione possano essere utili per rigenerare la scelta perseverante del bene della pace.