Si chiama Paul, ha enormi occhi azzurri, una buffa testa a pera, è alto non più di un metro e venti, con il dito può guarire le ferite, fuma e dice innocue parolacce, è simpatico, è un alieno e viene dallo spazio profondo. È anche il protagonista del film omonimo, “Paul”. Intrattenimento leggero, strizzatine d’occhio ai grandi film di fantascienza più amati degli ultimi anni, lieto fine e soprattutto l’aspetto innocente, quasi infantile, dell’alieno protagonista, potrebbero indurre molte famiglie italiane a scambiarlo per un innocente passatempo da condividere con tutta la famiglia, figli piccoli compresi. Potrebbe essere un errore. In realtà questo film della Universal è l’ennesimo atto di quell’inutile battaglia dialettica che, ormai da alcuni anni, sta arroventando gli animi degli americani divisi fra creazionisti e evoluzionisti.
“È stato scelto come miccia di innesco un articolo apparso sul New York Times il 7 luglio del 2005 nel quale venivano riportate, parzialmente estratte dal loro contesto, alcune frasi del cardinale Christoph von Schönborn (appartenenti ad un documento alquanto anteriore) che si dichiarava critico nei confronti del neo-darwinismo e qualificava l’evoluzionismo affidato al mero caso, senza finalità né disegno, una pura ideologia. Sugli articoli che ne sono seguiti sui maggiori quotidiani italiani (ma anche su organi di informazione stranieri) l’impiego come fossero sinonimi di concetti quali creazione, creazionismo, intelligent design, Chiesa, Dio, da una parte, ed evoluzione, evoluzionismo, darwinismo, scienziati, scienza, dall’altra, hanno contribuito a creare una miscela di difficile digestione, persino per il lettore informato, anche a motivo di una mediazione giornalistica non sempre adeguata”, ha scritto sul suo blog il professor Giuseppe Tanzella- Nitti, ordinario di teologia fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce.
Dopo sei anni di dibattito che ha coinvolto anche e soprattutto i responsabili della programmazione didattica delle scuole Usa, arriva infine questo film, “Paul”, per sposare la causa degli evoluzionisti, con una tracotanza e una superficiale supponenza che suscitano più di un motivo di perplessità. Nelle vicissitudini on the road che l’alieno vive in compagnia di una coppia di giovani nerd appassionati di fumetti e fantascienza, compare una ragazza cattolica, molto bigotta. Inizialmente ha non poche difficoltà ad accettare l’esistenza dell’extraterrestre. Reagisce istericamente e non fa una bella figura. La ragazza porta una maglietta con un disegno emblematico. C’è Gesù, con una pistola, che spara a Darwin. La battuta stampata sotto la vignetta dice: “Evolve this!”. Prova a evolvere questo!
Nelle scontro dialettico fra i nerd e l’alieno da una parte, evoluzionisti dichiarati, e la ragazza dall’altra, la battuta ricorrente è: “Con questi (e cioè i cattolici) non si può proprio parlare”. La ragazza, come se non bastasse, è cieca da un occhio, una delle tante metafore spicciole del film. L’alieno le impone le mani e le restituisce la vista. Grazie ai prodigi della scienza, è ovvio. Nel turbolento finale del film, uno dei ragazzi si becca anche una pallottola in pieno petto e muore ma il piccolo Paul riuscirà a resuscitarlo. La conclusione della storiella è ovvia. La ragazza, finalmente liberata dall’opprimente peso della Fede, potrà ritrovare il gusto di vivere e di fare sesso con chiunque le capiti a tiro. I ragazzi avranno il successo e i soldi che cercano.
“Non vi è opposizione fra la comprensione di fede della creazione e la prova delle scienze empiriche”, ha detto Benedetto XVI in più occasioni. Andrebbe ricordato agli sceneggiatori Usa in cerca di idee per combattere battaglie ideologiche che non hanno senso.
Andrea Piersanti
Giornalista, Docente di Metodologia e Critica dello spettacolo, Università “Sapienza”, Roma