Il Prof. Zamagni sta lavorando alla prima legge quadro sulle politiche familiari, senza disperdere iniziative, denari e responsabilità in mille ministeri e ne ha anticipato i contenuti in un intervento pubblicato su VITA in edicola.
Tra i primi passi concreti che si stanno muovendo in questa direzione c’è anche il protocollo d’intesa firmato lo scorso 6 dicembre fra il Forum delle Associazione familiari e la Provincia di Trento, per promuovere il Distretto famiglia a livello nazionale: il Distretto famiglia, attivo nella Provincia di Trento, è un primo esempio di sussidiarietà in azione con una prospettiva promozionale e di benessere della famiglia, ben diversa dalle logiche assistenziali. Qui di seguito il testo del Prof. Zamagni

zamjpegL’Italia è l’unico paese europeo che non ha una legge quadro sulle politiche familiari.
Occorre partire da qui per capire come mai nel caso del Piano nazionale asili nido la montagna abbia partorito il topolino, cioè a fronte di uno stanziamento di fondi senza precedenti gli obiettivi di Lisbona siano rimasti sulla carta.
Pensare che sia un problema di inefficienza legato al tema specifico dei nidi, però, sarebbe un errore: il problema purtroppo è generale, e riguarda la mancanza nel nostro Paese di un contesto regolatorio sulle politiche per la famiglia. Una lacuna che considero scandalosa, e che spiega come mai qualsiasi provvedimento che il governo dovesse varare a favore non solo dei bambini, ma anche di disabili, anziani o mamme lavoratrici andrebbe incontro a un fallimento certo: le competenze per l’attuazione delle norme sarebbero da suddividere tra tre o quattro ministeri, senza contare gli enti locali, i contorni per l’applicazione non sarebbero chiari e i fondi si perderebbero in mille rivoli, alimentando sprechi, inefficienze e a volte perfino corruzione.
Il presidente Enrico Letta però ha deciso di dire basta, e vuole dare vita con il suo governo alla prima legge quadro che definisca filosofia e modalità di una serie di interventi a favore della famiglia, che ora cercherò di dettagliare così come stanno emergendo dai lavori preparatori alla terza Conferenza Nazionale della Famiglia che si svolgerà a Roma la prossima primavera. Il primo pilastro sarà l’introduzione anche da noi del Distretto famiglia, una grande innovazione che in Italia è già stata attuata con una legge provinciale a Trento, e che costituisce la nuova unità su cui calibrare tutti gli interventi di welfare in un determinato territorio, tarandoli sulle famiglie anziché sui singoli individui. Un secondo intervento riguarderà l’adozione del “fattore famiglia”, un diverso modo di calcolare tasse e tariffe che aumenta la non tassabilità del reddito a seconda del numero di componenti il nucleo famigliare. Un terzo elemento che potrebbe contribuire a risolvere la cronica mancanza di finanziamenti per attuare le politiche familiari sarebbe l’apertura del Fondo ministeriale al crowdfunding, sia da parte di privati sia di aziende; altri due provvedimenti di tipo più simbolico e a costo zero, ma ugualmente importanti, sono l’istituzione del “marchio famiglia” da attribuire alle aziende che più favoriscono l’armonizzazione tra vita lavorativa e vita di famiglia e l’istituzione della Giornata nazionale della famiglia, che l’Onu ha stabilito di celebrare il 15 maggio.
Da ultimo vorrei spendere una parola a favore di un tema troppo spesso equivocato, quello della “conciliazione” tra lavoro e famiglia. Un tema che tra l’altro viene spesso sbandierato proprio quando si parla di asili nido e occupazione femminile, ma che in realtà è contro la famiglia e contro la donna; invece che di“conciliazione”, che significa mettere in condizione la donna di lavorare come se non avesse la famiglia, dovremmo parlare di “armonizzazione”, che è l’opposto, cioè tenere conto che la donna (ma anche l’uomo, ovviamente) ha una famiglia, e che quindi un genitore non può lavorare come se non l’avesse.
Come si realizza l’armonizzazione? Semplice: incentivando la flessibilità sia materna sia paterna per i lavoratori con figli, potenziando i congedi, introducendo nuove norme sugli orari, evitando di pretendere che padri e madri siano disponibili 24 ore al giorno sette giorni su sette, domenica compresa. Anche perché la dissennata idea che lavorando senza sosta si aumenti la produttività è un mito economico ormai smentito abbondantemente dai fatti.
Come dimostra la situazione di tante famiglie, che non a caso rinunciano all’asilo nido perché non se lo possono più permettere, l’Italia ha assolutamente bisogno che i nostri legislatori mettano mano a una vera legge quadro sulle politiche familiari, soprattutto in questo periodo di crisi. La crisi non passerà se non ci decideremo a sostenere la famiglia, spesso lodata come ammortizzatore sociale ma altrettanto spesso incentivata soltanto a parole.

Stefano Zamagni