Rapporto caritas e Fondazione Migrantes

Da dieci anni dati dell’immigrazione stabili: 5 milioni i cittadini venuti da altri Paesi Ma é dura integrarsi senza la cittadinanza E c’é molto da fare su scuola e lavoro Patriarca: «Sono una risorsa per il Paese»

La centralità bisogna ripartire dal Piano Mattei per l’Africa, uscendo da logiche coloniali e di supremazia

I dati statistici sull’immigrazione in Italia parlano chiaro: l’emergenza «invasione» non esiste, la presenza degli immigrati ormai è stabile e chi non ha la cittadinanza italiana, specialmente se donna, ha sempre difficoltà a lavorare e integrarsi. Una realtà che emerge chiaramente dal Rapporto Immigrazione 2024 di Caritas e Fondazione Migrantes. «I dati ci dicono che da almeno 10 anni ci muoviamo intorno ai 5 milioni di cittadini stranieri. La cifra – spiega Simone Varisco, curatore del rapporto per Migrantes – non ha variazioni significative. Ma non sono numeri che possono far parlare di un’invasione. Sui percorsi di integrazione c’é molto da fare. Ci sono situazioni positive di integrazione lavorativa, culturale, sociale e linguistica. Ma dall’altro lato ci sono ancora molte forme di esclusione.
Aumenta la resilienza e si crea costantemente un senso di accettazione, di comunità». Le criticità riguardano soprattutto la scuola e il lavoro. L’abbandono precoce degli studi é diffuso fra i giovani di origine immigrata. «Anche se la maggioranza di loro – aggiunge Varisco – è nata in Italia. Un fenomeno che è dovuto all’ingresso precoce nel mondo del lavoro: lavorare prima può essere postivo, ma lo fanno anche su richiesta della famiglia in difficoltà».
La situazione contrattuale degli immigrati è precaria. «Più insicurezza – spiega ancora Varisco – anche in termini contrattuali. Trovano lavoro facilmete, ma lo perdono altrettanto facilmente. Le loro competenze non vengono valorizzate perché, ad esempio, non sono riconosciuti i titoli di studio conseguiti all’estero.
Alcuni hanno titoli importanti, ma in Italia sono costretti a svolgere mansioni non qualificate. L’esclusione femminile è più accentuata. Le donne faticano a entrare nel mondo del lavoro, con conseguenze anche culturali e linguistiche». Nel rapporto emerge anche una criticità sugli aspetti sanitari.
Manca la cittadinanza sanitaria in una popolazione più giovane che gode di una salute migliore, ma l’iscrizione al sistema sanitario cccosta molto e grava sulle famiglie e gli studenti che hanno redditi bassi. «Il nostro rapporto – dice ancora Varisco – non vuole combattere l’ideologia securitaria con un’altra ideologia. Partiamo dai dati oggettivi, da un’Italia che si è trasformata e continua a cambiare. I 5 milioni di immigrati salgono a 7 se consideriamo anche coloro che hanno la cittadinanza o i rifugiati. L’Italia é cambiata verso una maggiore multi-culturalità, inter-culturalità e inter-religiosità. Andrebbe valorizzata la presenza giovanile nel mondo del lavoro e anche quella femminile.
Rischiamo di sprecare un’opportunità». Temi e sfide che saranno proposti e discussi al Festival delle Migrazioni in programma da oggi 30 novembre a Modena, Carpi, Bologna, Ferrara e Forlì. Il titolo è «Europa-Africa andata e ritorno: i cammini e le storie che rigenerano l’Italia». «Un festival diffuso – commenta il portavoce dell’evento Edoardo Patriarca – legato a due pensieri: il primo è il Piano Mattei per l’Africa. Il valore del continente africano è inscindibile per l’Europa, vogliamo toccarlo in modo diverso, non per contrapporci al governo e alla sua proposta attuale ma per recuperare l’ispirazione che lo aveva attivato ai tempi di Mattei. Vorremmo, poi, che fosse un’ispirazione non legata solo ad aspetti economici, na un’andata e ritorno nella reciprocità fra due continenti, uscendo da logiche coloniali e di superiorità occidentale».

Cambiamenti
Secondo gli ideatori del Festival le persone che provengono da altri continenti stanno già contribuendo a cambiare l’Italia a cui danno altre prospettive. «Sono portatori di competenze e storie – aggiunge Patriarca – di cui il nostro Paese ha bisogno se si vuole rigenerare. L’Italia è sempre stata multietnica e non dobbiamo spaventarci, ma cogliere una speranza di futuro importante». Al Festival è prevista la presenza del ministro Antonio Tajani e ci sarà anche il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale. «La questione é politica. Il Festival – riprende Patriarca – propone un’agenda di azione a ogni governo. Ci pare che ancora una volta il tema dell’immigrazione sia trattato in termini securitari con politiche che non portano a niente.
Le migrazioni sono strutturali e lo saranno sempre più. Ci sono ancora troppi stereotipi che vengono sbandierati anche da alcuni ministri». In Italia ci sono più di 5 milioni di immigrati a fronte di 6 milioni di italiani che sono andati all’Estero. «Siamo un Paese che si sta disabitando, sta invecchiando – conclude Patriarca – e in cui si spopolano le aree interne. La narrazione della paura non ha senso anche per questo. Le famiglie che arrivano da altri Paesi possono rigenerare il nostro, che può essere un luogo aperto, dei diritti, delle convinenze e delle diversità. L’Europa è questa e non va tradita».

Giulio Sensi

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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