Shahbaz Bhatti, un martir dei nostri giorni | ilcantico.fratejacopa.net

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Cristiano, cattolico, pakistano, Shahbaz Bhatti si è sentito chiamato dal Signore a fare del suo meglio per un popolo martoriato dall’odio e dall’estremismo religioso.
Eletto ministro per le Minoranze Religiose è stato assassinato il 2 marzo 2011 da un commando terroristico, all’età di 42 anni. Vocazione cristiana, vocazione familiare, vocazione al servizio della buona politica si sono fuse in un unico cuore. Nella “rubrica vocazionale” di padre Giovanni Sanavìo, padre Rogazionista, il testamento di Shahbaz Bhatti:

«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan— Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese».

Annamaria Salvemini

 

Mao Hengfeng liberata grazie ad una raccolta di firme | ilcantico.fratejacopa.net

Mao Hengfeng liberata grazie ad una raccolta di firme | ilcantico.fratejacopa.net

Mao Hengfeng è stata liberata il 7 marzo con sei mesi d’anticipo dalla fine della sua condanna. Grazie alle 2309 persone che hanno firmato in suo favore. Mao Hengfeng è stata ripetutamente arrestata per aver difeso i diritti riproduttivi delle donne e le vittime di sgomberi forzati. Sta scontando una condanna a 18 mesi in un centro di “rieducazione attraverso il lavoro”, nella provincia di Anhui. È già stata torturata diverse volte. Nel luglio 2010, durante un’udienza di riesame del ricorso amministrativo contro la pena, Mao Hengfeng ha dichiarato di essere stata spesso bastonata nel centro. Ha spiegato che i responsabili avevano ordinato agli altri detenuti di aggredirla. In un’occasione è stata colpita due volte alla testa con una sedia, provocandole una cicatrice sulla palpebra destra. Un’altra volta è stata sollevata, le hanno tirato e piegato in due braccia e gambe e spinta sul pavimento, provocandole forti dolori alla zona lombare, ai fianchi e ai reni.
Mao Hengfeng sta scontando 18 mesi di “rieducazione attraverso il lavoro”, con l’accusa di “disturbo dell’ordine pubblico” per aver partecipato alle proteste davanti la Corte intermedia municipale di Pechino, il 25 dicembre 2009, a sostegno di Liu Xiaobo, difensore dei diritti umani, il cui processo si svolgeva quel giorno.
L’8 ottobre 2010, a Liu Xiaobo è stato assegnato il premio Nobel per la pace. Mao Hengfeng è stata ripetutamente arrestata dal 2004 e spesso la sua famiglia non è stata autorizzata a farle visita. I familiari hanno appreso che la donna era stata torturata durante questi periodi.

Amnesty International