Non rimandiamo all’infinito i segni del nostro affetto
Il film, intitolato “Tao Jie. A simple life”, diretto da Ann Hui, è stato premiato dalla giuria del Premio prolife intitolato a Gianni Astrei e organizzato dal Fiuggi Family Festival e dal Movimento per la Vita. Un’anziana donna di servizio, dopo aver servito per tutta la vita diverse generazioni di una stessa famiglia, capisce di perdere colpi. Le padelle le scivolano dalle mani, cade, non si sente più bene come un tempo. Decide così di ricoverarsi da sola in una delle tante squallide case per anziani di Hong Kong. Nell’appartamento dove presta servizio è rimasto solo l’ultimo giovane rampollo della famiglia. Lei è orfana dalla nascita. Era stata adottata da bambina e la famiglia dei suoi datori di lavoro aveva rappresentato così l’unico microcosmo di sentimenti e di affetti della sua vita.
Mentre la donna invecchia, si ammala, peggiora e, alla fine, si avvicina all’ultima ora, il ragazzo, inizialmente svogliato e un po’ viziato, scopre progressivamente un affetto crescente per la vecchia domestica. Mentre la morte piano si avvicina, crescono i sentimenti del ragazzo. Senza il filtro degli oggetti o del denaro, che la donna abbandona uno dopo l’altro, lo spazio per l’affetto diventa sempre più grande ed importante. In questa continua altalena fra le esigenze della donna che si riducono sempre di più all’essenziale e le emozioni che diventano sempre più autentiche e forti, lo spettatore entra lentamente in una strana catarsi che lo porta a considerare diversamente anche il dramma della morte.
Viviamo in una società che nega l’idea stessa della morte. Eternamente giovani ed egoisti, molti di noi hanno cancellato dalla propria prospettiva esistenziale il concetto della caducità della vita. Ciò ha un’influenza nefasta sulla solidità degli affetti. Tutto infatti può essere rimandato all’infinito. Anche una semplice carezza ad una persona cara prima della fine. Una carezza che invece, se data per tempo, potrebbe dare un senso diverso al sentimento di un’intera esistenza. Si tratta di un film complesso e intenso come pochi. È tratto dalla storia vera del legame tra il produttore Roger Lee e Ah Tao, la donna di servizio che lo ha allevato sin da bambino.
Nella motivazione del Premio “Astrei”, i giurati hanno scritto: “Il film di Ann Hui coinvolge lo spettatore nell’affascinante spettacolo di una vita normale. La protagonista è seguita con amore e solidarietà nelle mille incombenze della quotidianità e, soprattutto, negli ultimi giorni della sua vita. I sentimenti sono sinceri e la narrazione rispettosa; genera nello spettatore una commozione e una riflessione profonda sul valore dell’esistenza umana fino al suo compimento definitivo”.
Andrea Piersanti
Giornalista, Docente di Metodologia e Critica dello spettacolo, Università “Sapienza”, Roma