La Chiesa ci educa con i tempi liturgici: un linguaggio arricchito da segni e simboli che si ripetono nello scorrere di ogni anno, eppure è sempre un linguaggio nuovo, un linguaggio capace di interpretare le varie situazioni e i vari avvenimenti che attraversano la storia dell’umanità. L’avvento di questo anno è avvento come gli altri anni, ma allo stesso tempo è nuovo, è l’avvento del tempo della pandemia, di una crisi inedita che coinvolge e getta in angoscia tutta l’umanità. Avvento: è il tempo in cui la Chiesa ci parla di venuta, di movimento, di attesa perché qualcuno viene. Innanzi tutto ricordiamo la venuta del Signore: Egli è entrato nella storia in umiltà, è venuto nel silenzio. Nessuno si è accorto di lui al di fuori del piccolo numero della sua famiglia e di alcuni pastori. La sua venuta tuttavia ha rappresentato la confluenza di una immensa attesa di secoli. Nel silenzio essa si è piantata inarrestabile nella storia e l’ha caratterizzata: “prima” e “dopo”, come evento centrale, il più importante di tutta la storia: Dio che si è fatto uomo. La sua venuta è vera, visibile in un bambino tenero e bisognoso di tutto.
Questo avvento preannuncia un altro avvento che verrà nella gloria e nello splendore alla fine dei tempi: verrà di nuovo Gesù, ma splendente, vittorioso, signore, nella gloria, per distruggere il male e rendere tutto nuovo. Sarà il trionfo e la gioia di tutto il Popolo di Dio.
L’Avvento non annuncia solo la irruzione di Dio nella nostra realtà: chiama anche noi a metterci in movimento, ad andare verso un rinnovamento, ad andare verso una concreta fratellanza. Il Covid 19 ci dà “la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (FT 32). Ma l’aver toccato con mano la grande vulnerabilità di tutti non ci ha fatto uscire dalla indifferenza verso i fratelli.
Papa Francesco ci ha detto che siamo tutti fratelli; ma la nostra esperienza quotidiana ci dice che non viviamo da fratelli, che siamo ancora tanto distanti dall’amicizia e dall’amore fraterno. Resi fratelli dalla venuta di Gesù Cristo, dobbiamo tendere a vivere da fratelli. Siamo fratelli per l’opera del Signore, ma ancora questo non si è realizzato. C’è bisogno di un lungo cammino perché la fratellanza diventi normale regola di vita. Un lungo cammino attende l’umanità per accogliere lo Spirito Santo che ci riedifichi “a immagine e somiglianza” di Dio. È venuto tra noi il Messia Gesù invocato da tutti i Profeti, ha aperto per noi la via allo Spirito Santo che ci plasma secondo l’immagine di Cristo, ci rende “cristiformi”, fratelli di ogni uomo. Mettiamoci in movimento, apriamo il nostro cuore, alla vita nuova che l’Avvento ci annuncia.
La pandemia ci ha fatto riscoprire la fratellanza e ha messo a nudo la vacuità delle barriere che mettiamo tra noi e i fratelli, e il bene della umile accoglienza e del riconoscimento della preziosità di ogni persona e la sua dignità di figlio di Dio. Sappiamo che i fratelli si aiutano, si consolano, si incoraggiano. Fanno sentire la loro vicinanza nel momento della prova. Questo Avvento e questo Natale ci invitano a sentirci vicini, partecipi, a rincuorarci, a renderci prossimi di tanti che giacciono scoraggiati, feriti. Andiamo verso di loro portando una testimonianza dell’amore del Padre e una speranza. Noi sappiamo che il Signore Gesù, samaritano sulle nostre strade, mai ci lascerà soli, lungo la strada. “Fratelli tutti” ci indica la strada.
p. Lorenzo Di Giuseppe