p. Antonio Spadaro
Internet è una realtà che ormai fa parte della vita quotidiana di molte persone. Se fino a qualche tempo fa era legata all’immagine di qualcosa di tecnico, che richiedeva competenze specifiche sofisticate, oggi è diventato un «luogo» da frequentare per stare in contatto con gli amici che abitano lontano, per leggere le notizie, per comprare un libro o prenotare un viaggio, per condividere interessi e idee.
L’avvento di internet è stato, certo, una rivoluzione. E tuttavia è necessario sfatare un mito: che la Rete sia un’assoluta novità del tempo moderno. Essa è una rivoluzione che potremmo definire «antica», cioè con salde radici nel passato: replica antiche forme di trasmissione del sapere e del vivere comune, ostenta nostalgie, dà forma a desideri e valori antichi quanto l’essere umano.
Quando si guarda a internet occorre non solo vedere le prospettive di futuro che offre, ma anche i desideri e le attese che l’uomo ha sempre avuto e alle quali prova a rispondere, e cioè: connessione, relazione, comunicazione e conoscenza. Nella Rete ogni informazione (un’immagine, un video, una registrazione audio, un link, un testo,…) entra in una rete di relazioni di persone che collega tra loro i contenuti e ne potenzia ed estende il valore e il significato.
Internet: mezzo o ambiente? Sappiamo bene come da sempre la Chiesa abbia nell’annuncio di un messaggio e nelle relazioni di comunione due pilastri fondanti del suo essere. L’allora card. Ratzinger, nel suo intervento al convegno C.E.I. Parabole mediatiche del 2002, ha chiaramente individuato la domanda della Chiesa: «Come il vangelo può superare la soglia fra me e l’altro? Come si può giungere ad una comunione nel vangelo, così che esso non solo mi unisca all’altro, ma unisca entrambi con la parola di Dio e così ne nasca un’unità che vada veramente in profondità?». L’uomo «non è una “tabula rasa”, come secondo Aristotele e Tommaso d’Aquino è lo spirito umano nel primo momento del risvegliarsi alla vita.
No, la tavola dello spirito, alla quale giunge la nostra predicazione, è riempita di molteplici scritte e viene continuamente in contatto con innumerevoli comunicazioni». La Chiesa che evangelizza è dunque naturalmente presente – ed è chiamata ad esserlo – lì dove l’uomo sviluppa la sua capacità di conoscenza e di relazione. Ecco perché la Rete e la Chiesa sono due realtà da sempre destinate ad incontrarsi.
Internet non è affatto un semplice «strumento» di comunicazione che si può usare o meno, ma un «ambiente» culturale, che determina uno stile di pensiero e crea nuovi territori e nuove forme di educazione, contribuendo a definire anche un modo nuovo di stimolare le intelligenze e di stringere le relazioni, addirittura un modo di abitare il mondo e di organizzarlo.
L’uomo non resta immutato dal modo con cui manipola la realtà: a trasformarsi non sono soltanto i mezzi con i quali comunica, ma l’uomo stesso e la sua cultura. La Chiesa dunque, per attuare sino in fondo la sua missione, è chiamata a vivere nella Rete e incarnare in essa il messaggio del Vangelo.
In questo senso la Rete non è un nuovo «mezzo» di evangelizzazione, ma innanzitutto un contesto in cui la fede è chiamata ad esprimersi non per una mera «volontà di presenza», ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini. Già nella Redemptoris missio leggevamo che l’impegno nei cosiddetti media «non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso.
Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e magistero della Chiesa, ma “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna. È un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici» (Redemptoris missio, n. 37).
In effetti una delle sfide maggiori, specialmente per coloro che non sono «nativi digitali» è quella di non vedere nella Rete una realtà parallela, cioè separata rispetto alla vita di tutti i giorni, ma uno spazio antropologico interconnesso in radice con gli altri della nostra vita. La Rete sempre di più tende a diventare trasparente e invisibile, tende esponenzialmente a non essere più «altro» rispetto alla nostra vita quotidiana. Del resto lo sappiamo bene: per essere wired, cioè «connessi», non c’è più bisogno di sedersi al computer, ma basta avere uno smartphone in tasca, magari con il servizio di notifica push attivato. La Rete è un piano di esistenza sempre più integrato con gli altri piani.