Principali obiettivi del Seminario e del Working Paper

 

Città del Vaticano, Casina Pio IV, 11-12 luglio 2014

1. INTRODUZIONE E CONTESTO
Ogni momento storico vissuto dall’umanità è in sé unico e prezioso. Proprio per questo, i principi, i criteri e gli orientamenti pratici della Dottrina sociale della Chiesa (possiamo citare ad es. il bene comune, il primato della persona, il valore e la dignità del lavoro, l’opzione preferenziale per gli ultimi) vanno applicati in forme sempre nuove tenendo conto dei continui cambiamenti in atto. Se si eccettuano la Caritas in Veritate di Benedetto XVI e, in parte, la Centesimus annus di Giovanni Paolo II, le precedenti encicliche, per ovvie ragioni, non avevano ancora avuto modo di riflettere adeguatamente sulle nuove sfide ed opportunità che la globalizzazione e lo sviluppo della rete pongono alla realizzazione di questi principi, criteri ed orientamenti. In questo preciso momento storico è compito della nostra generazione raccoglierne le provocazioni.
Questo Seminario ha come principale obiettivo di riflettere, coi maggiori esperti attuali provenienti dal mondo delle istituzioni, delle imprese e dell’accademia, sui molteplici aspetti dello sviluppo odierno a partire soprattutto da una prospettiva antropologica ed etica. Ciò richiede di collocarlo nella particolarità dell’attuale contesto storico.
ilcantico-ago2014-p-5Il discussion paper e il research paper, forniti a tutti i partecipanti, si propongono di illustrarlo proponendo la propria rappresentazione dei fatti come punto di partenza e stimolo alla discussione di questi due giorni.
Si inizia, allora, con una breve descrizione del contesto e degli eventi. Viviamo oggi un’epoca per certi versi eccezionale che raccoglie i frutti di un progresso tecnologico consistente, rapido, dalla curva quasi esponenziale, certamente non lineare. Si tratta di un progresso indiscutibile e per certi versi irreversibile. Una volta che una scoperta scientifica in qualsiasi ambito è stata diffusa e ha prodotto i suoi risultati, l’umanità non può dimenticare o rinunciare al patrimonio di conoscenze e di strumenti ad essa connessi.
La diffusione della rete ha accelerato enormemente la velocità di circolazione delle conoscenze, facendo comprendere che questo tipo di progresso continuerà ad espandersi con questo ritmo. Il sapiente antico doveva viaggiare per giorni per poter trasmettere in altri luoghi quello che aveva scoperto. Oggi ogni membro della comunità scientifica può mettere istantaneamente in rete i risultati del proprio lavoro sottoponendoli al giudizio dei propri pari, alimentandone al contempo l’attività di ricerca. Così, può addirittura iniziare a discutere con la comunità scientifica mondiale risultati preliminari prima ancora della loro pubblicazione sui social network e nelle liste di discussione.
Questa straordinaria evoluzione consente a tutti noi di issarci sulle spalle di un gigante in continua crescita. L’umanità ha oggi risolto il problema della produzione aggregata di merci e servizi.
Un esempio spettacolare di questa non linearità del progresso è dato dal fatto che il 23% di tale produzione, dalla nascita di Cristo ad oggi, si è concentrata in questo scorcio del nuovo millennio. Le risorse finanziarie mondiali sono anch’esse cospicue e talvolta sovrabbondanti, provocando bolle speculative e crisi. Il problema chiave di oggi è, dunque, quello della distribuzione.
La globalizzazione ha messo in moto un processo di convergenza dei redditi medi dei paesi più poveri verso i paesi più ricchi ma, allo stesso tempo, ha accresciuto le diseguaglianze tra diverse parti della popolazione mondiale. I due fenomeni sono figli della stessa rivoluzione. Ovvero di un mercato che si globalizza aumentando i divari dei rendimenti della scolarizzazione, e mettendo in forte concorrenza lavoratori a basso costo dei Paesi a basso reddito con lavoratori ad alti salari nei Paesi ad alto reddito. Il processo di convergenza in atto migliora progressivamente i salari nei paesi emergenti ma mette in difficoltà i diritti acquisiti dai lavoratori nei paesi ad alto reddito. Nel frattempo i mezzi di comunicazione di massa rendono più visibile e acuto il confronto tra i diversi gradi di benessere, spingendo masse di diseredati ad abbandonare la loro terra, per cercare fortuna nei Paesi ricchi.
Si sta, pertanto, vivendo una transizione lunga, promettente, sebbene problematica e complessa, che si spera porti dal vecchio mondo, segmentato nei confini nazionali, ad un nuovo mondo popolato da un’unica famiglia umana. Se le attuali tendenze proseguiranno incontrastate, si stima che una simile transizione durerà verosimilmente 70- 100 anni. A tutt’oggi, ancora un miliardo e duecento milioni di persone vive sotto la soglia di povertà assoluta e più di due miliardi e 700 milioni di persone sussistono con meno di due dollari al giorno. Queste persone difficilmente potranno vedere il cambiamento nel corso della loro vita.
Peraltro, è noto che il problema economico di cui tradizionalmente gli economisti si sono occupati è soltanto una delle dimensioni del problema. Dobbiamo infatti assicurare che la creazione di valore economico sia ambientalmente sostenibile (dimensione ambientale), non produca drammatiche crisi finanziarie (dimensione finanziaria) e che non esista un disallineamento tra PIL e benessere (dimensione della soddisfazione di vita) tale da produrre una crescente insoddisfazione e la perdita del senso della vita, trasformando i paesi ricchi in paesi «sazi e disperati».
In estrema sintesi, la sfida che ci si pone davanti, riassunta tra le righe del discussion paper e dei contributi contenuti nel research paper per i quali si ringraziano i professori Becchetti, Bruni, Habisch e Zamagni, è che possiamo fare di più, molto di più per accelerare la transizione verso la trasformazione dell’umanità in un’unica famiglia, ove le quattro dimensioni critiche di cui sopra siano congiuntamente superate tramite: la sconfitta della povertà (make poverty history recitava una campagna internazionale di qualche tempo fa); la soluzione del problema della sostenibilità ambientale, disallineando creazione di valore economico e distruzione di risorse naturali; la piena conciliazione tra creazione di valore economico e responsabilità sociale e la creazione delle regole necessarie per evitare rischi di nuove ricadute all’indietro generate da rovinose crisi finanziarie.

2. I PRINCIPALI CONTENUTI DEI PAPER PREPARATORI
L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di papa Francesco, specie in alcune sezioni dedicate all’economia attuale, a visioni ideologiche della finanza, all’idolatria del denaro, alla cultura consumistica e dell’indifferenza, contiene alcuni messaggi fondamentali per le nostre riflessioni. Ovviamente, essi debbono essere sottoposti a verifica critica e a confronto con le dottrine odierne, in vista del loro approfondimento culturale e progettuale.
Il primo messaggio che l’esortazione ci trasmette è che non esistono determinismi positivi o meccanismi automatici che trasformano la somma degli egoismi individuali in bene per tutti. È molto pericoloso pensare che «mani invisibili» possano sostituire sia la fatica e lo sforzo di tutti nel promuovere le virtù civiche necessarie affinché il mercato possa funzionare correttamente, sia il sistema di regole necessario per mettere la forza dell’economia al servizio della persona.
La recente crisi finanziaria globale ha clamorosamente smentito questa illusione velleitaria. Il laissez faire genera il sonno dei regolatori. Il mercato assolutizzato, abbandonato ai suoi meccanismi spontanei, non produrrà mai un regime di concorrenza perfetta, ma piuttosto tenderà a generare oligopoli di attori troppo grandi per fallire. Gli stessi segnali che il mercato trasmette attraverso il sistema dei prezzi o sono male interpretati o, comunque, non riescono affatto a preannunciare pericoli di crisi che si avvicinano o bolle che stanno per scoppiare. Proprio per questo motivo, dopo l’ultima crisi, gli economisti hanno seriamente iniziato ad interrogarsi sulla «legge di moto» che sono il capitale e le virtù civiche, linfa fondamentale per il sistema, senza la quale l’economia di mercato non può sopravvivere.
Il secondo messaggio offerto dall’Evangelii gaudium è che la dottrina sociale della chiesa (=DSC), può dare un valido contributo nell’abbattere schemi mentali angusti e quei riduzionismi antropologici ed etici che sminuiscono la persona, l’impresa e i valori morali, neutralizzandone le potenzialità. La DSC, centrata in Gesù Cristo, redentore di ogni uomo, di tutto l’uomo, propone un nuovo umanesimo aperto alla Trascendenza. L’uomo è più che merce, più che «vita di scarto». È persona, intelaiatura di relazioni, non solo volontà di acquisizione di beni materiali.
L’impresa non è solo una «società di capitali». È, anzitutto, una «società di persone» e un’organizzazione che deve mirare alla soddisfazione del benessere dei diversi portatori d’interesse che dipendono dal suo operato. Il bene comune non coincide con il PIL, sebbene comprenda, ovviamente, la dimensione del benessere materiale.ilcantico-ago2014-p-6
La ricchezza della dottrina sociale può, in definitiva, offrire un’ispirazione importante per aiutare l’attuale pensiero socioeconomico a capire che non esistono soltanto beni privati, pubblici o comuni ma che le relazioni interpersonali e comunitarie sono elemento chiave per il successo e la fertilità della vita economica e sociale.
Va riconosciuto che se i grandi innovatori di oggi (si pensi agli inventori dei social network) hanno compreso benissimo l’importanza dei beni relazionali, il pensiero socioeconomico fatica molto ad afferrarne compiutamente la portata e le conseguenze sia per i mercati sia per lo sviluppo sostenibile ed inclusivo dei Paese.
Un terzo e decisivo messaggio offerto dall’Evangelii gaudium, in vista della crescita socioeconomica della famiglia dei popoli, è relativo alla fraternità, un bene-valore spesso dimenticato. Sino ad oggi nelle scienze sociali e nelle dottrine politiche la riflessione si è sviluppata sugli assi di solo due delle tre parole chiave della rivoluzione francese, quelli della libertà (liberalismo) e dell’eguaglianza (socialismo, eguaglianza delle opportunità, politiche redistributive).
La DSC sottolinea, invece, la necessità di una terza dimensione, quella della fraternità, affinché il vivere associato possa sviluppare pienamente le sue potenzialità. La fraternità non è una virtù da confinare nelle sacrestie o nelle chiese ma è il lubrificante che rende le relazioni fertili, è quell’asimmetria del dono in grado di avviare percorsi di reciprocità e che rendono le interazioni umane vive e vitali.
I testi preparati per questo Seminario sottolineano anche come un ruolo decisivo possa e debba essere svolto da forme organizzate della società civile, secondo una logica poliarchica e in attuazione del principio di sussidiarietà. Già la Caritas in veritate aveva approfondito il fatto che, nella dialettica tra i due soli poli del pubblico e del privato massimizzatore di profitto, il sistema economico rischia di erodere le proprie fondamenta, inaridendo la «legge di moto» delle virtù civiche, fondamentali per il suo buon funzionamento, quali il rispetto dei patti, la fiducia, l’integrità morale.
La crisi finanziaria odierna, non ancora pienamente superata, rappresenta, da questo punto di vista, una situazione tipica in cui tutto questo è puntualmente accaduto. In un’ottica di pluralismo e di equilibrio dei poteri, è pertanto necessario stimolare le energie provenienti dal basso, della società civile nelle sue forme organizzate. Negli ultimi decenni si è assistito ad una rilevante crescita spontanea di queste organizzazioni che spesso hanno prodotto beni e servizi pubblici in chiave sussidiaria. L’ibridazione delle forme d’impresa è una chiave di lettura importante per il nostro futuro.
Il convegno recentemente organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace su impact investing, che ha visto raccolti a Roma i maggiori impact investors mondiali, ci ha informati su quella che è oggi la massima ambizione di una nuova generazione di imprenditori. Essi non si accontentano di accrescere i propri guadagni come compenso per il loro contributo nella creazione di valore economico ma ritengono che la più grande ambizione è quella di fare qualcosa che abbia un impatto positivo sul vivere sociale. Solo così riceveranno la massima gratitudine, stima e riconoscimento dai loro simili. Le riflessioni predisposte in vista di questo Seminario si domandano anche quali regole e quali istituzioni possano favorire il pieno sviluppo di quelle energie della società civile che sono in grado di coniugare creazione di valore economico e creazione di valori e di capitale sociali, tutti necessari al buon funzionamento del sistema economico. Così, si domandano come imposizione fiscale, regole sugli appalti, sviluppo della qualità e degli intermediari dell’informazione possano contribuire a trasformare sempre di più la globalizzazione in un percorso di crescita, dal basso verso l’alto, dei diritti e della sostenibilità ambientale, e non in una corsa verso il basso degli stessi.

3. GLI OBIETTIVI DEL SEMINARIO
Poste queste premesse si può affermare che gli intenti del Seminario si condensano in un obiettivo principale, peraltro molto ambizioso: sviluppare un processo di discernimento al massimo livello, avvalendosi della ricchezza di esperienze e competenze dei partecipanti, per capire come ciascuno di noi, con il suo ruolo e le sue responsabilità, possa fare di più e realizzare il magis, in vista dell’attivazione di processi di cambiamento che accelerino il cammino dell’umanità verso la realizzazione di una grande famiglia globale e delle condizioni necessarie per la realizzazione del suo bene comune. Un tale grande obiettivo implica altri due obiettivi più particolari:
a) sconfiggere, il prima possibile, i grandi mali che oggi affliggono l’umanità, quali la quota ancora troppo grande di persone sotto la soglia di povertà assoluta, l’insostenibilità ambientale del nostro sviluppo, la mancanza di senso della vita e del lavoro di molte troppe persone;
b) camminare speditamente verso una società inclusiva, in cui la quota di persone capaci di trovare un ragionevole senso alla loro vita e al loro lavoro sia il più possibile elevata.
Il gruppo dei partecipanti a questo Seminario è composito ed eterogeneo. Proprio per questo i lavori si prospettano promettenti. In un noto racconto, alcuni ciechi chiedono ad un saggio di spiegare loro che cosa sia un elefante. Il saggio suggerisce a loro di andare a toccarlo e di riferire agli altri quello che hanno provato e percepito. Ognuno dei ciechi segue il consiglio del saggio. Attraverso la condivisione dei loro racconti giungono a farsi un’idea di cosa sia un elefante. La diversità delle proprie esistenze ed esperienze di vita, nonché delle professioni e dei ruoli, costituisce una grande ricchezza. Permette di combinare le tessere del puzzle ed ottenere una visione migliore della complessità dei problemi e delle sfide che la famiglia umana è chiamata ad affrontare oggi. Le sinergie e le complementarità che si possono realizzare tra istituzioni, accademia, mondo della cultura e imprese sono rilevantissime. Si tratta di tesori che sono alla nostra portata e che questi due giorni di riflessione comune possono aiutarci a scoprire.
Un metodo che si potrebbe adottare con frutto nel nostro lavoro è quello del Presupponendum di S. Ignazio di Loyola, un metodo sicuramente caro a Papa Francesco, considerata la sua famiglia spirituale di origine. Il Presupponendum ignaziano è come una pregiudiziale aperta e positiva circa gli atteggiamenti, le parole, la sincera ricerca. Favorisce il dialogo tra gli interlocutori. Consiste precisamente nell’«essere più disposti a salvare l’affermazione del prossimo che a condannarla». In sostanza, il Presupponendum, è una disposizione d’animo di partenza, benevola, che evita pregiudizi e preclusioni aprioristiche, che impediscono di arricchirci attraverso la condivisione di quella «parte» di verità che il nostro interlocutore ha scoperto, in virtù della sua originale e peculiare esperienza di vita.
Un orizzonte di fertiliche di possedere spaztà, che può guidarci nel nostro percorso, è dato dalla suggestiva illustrazione che papa Francesco propone nella Evangelii Gaudium del principio «il tempo è superiore allo spazio». Egli afferma: «Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi processi di iniziare progetti più che di possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci» (Evangelii gaudium n. 223).
Papa Francesco non intende scoraggiare chi assume responsabilità di gestione politica o organizzativa, vivendo in un’ottica di servizio. Suggerisce, piuttosto, di giudicare il magis di un’azione politica in base alla sua capacità di generare processi virtuosi che accelerano il passo della storia. In vista di quest’obiettivo non basta il pur preziosissimo dono di riuscire a scorgere il traguardo del progresso un passo più avanti di altri. Non è sufficiente indicare un orizzonte di bene. È più necessario ed importante aiutare l’umanità a tracciare i sentieri che portano verso di esso, abitando i luoghi ove si costruisce il nuovo.
Nel testo qui riportato della Evangelii gaudium è, inoltre, molto istruttivo l’accenno all’equilibrio spirituale che deve caratterizzare chi si accinge a por mano ad un’attività. Bisogna evitare di precipitare nell’ansietà di chi pensa di dover risolvere i problemi del mondo da solo cadendo nella frustrazione per non averne di fatto le forze.
Precondizione necessaria per proseguire con chiarezza e tenacia nella propria missione è, dunque, un profondo discernimento della situazione, avendo chiaro quanto ciascuno di noi può fare nella propria specifica, originale e preziosa condizione di vita, coordinando i propri sforzi con quelli altrui, sviluppando sinergie in iniziative, come si usa dire di questi tempi, multistakeholder. È per aiutare questo processo di imprescindibile discernimento che siamo oggi qui riuniti e ognuno è invitato ad offrire il proprio contributo.

4. CONCLUSIONE
In vista del superamento delle diseguaglianze e della povertà che l’attuale globalizzazione non è riuscita a vincere del tutto – essa ha consentito di superarne alcune ma ne ha create altre, contribuendo, fra l’altro, ad assottigliare la classe media – paiono legittime alcune domande: l’economia inclusiva, proposta da papa Francesco, rigetta davvero l’economia di mercato? È, forse, sinonimo di economia e finanza centralizzate, totalmente pianificate? Funzionali ad un’economia e ad una democrazia inclusive sono un’economia ed una finanza totalmente autonome rispetto alla politica e al bene comune? Quali passi concreti sono da ritenersi necessari per poter avere istituzioni internazionali e sovrannazionali commisurate a mercati e ad una finanza globali? Molti studiosi e politici ritengono oggi necessario che si acceleri la riforma delle istituzioni internazionali esistenti, nonché la creazione di nuove, di entità politiche democratiche, almeno sul piano regionale, di modo che il bene comune mondiale possa avvalersi dell’apporto, oltre che degli Stati Uniti d’America, degli Stati uniti dell’Europa, dell’Africa, del Latinoamerica, dell’Asia. Su questi problemi, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, volendo concretizzare gli orientamenti offerti dal numero 67 della Caritas in veritate, ha offerto alcuni profili progettuali1.
In vista della vittoria sulle diseguaglianze e della povertà è necessario il ritorno alla separazione tra banche commerciali e banche d’affari? Va mantenuta la prospettiva secondo cui il lavoro è marginale rispetto alla produzione della ricchezza nazionale e mondiale? Basta solo il mercato a creare un’economia sostenibile ed inclusiva per tutti, a coltivare una welfare society? Questo va totalmente privatizzato o mercantilizzato?
La soluzione non pare possa essere trovata nella radicalizzazione dell’economia pubblica contro un’economia privata, o del neo-statalismo contro il neo-liberismo, ma in una sana fioritura di quelle forme di organizzazione che caratterizzano un’economia moderna con un’imprenditorialità plurivalente, orientata democraticamente verso il bene comune, mediante la logica della partecipazione e del dono, nel quadro della giustizia sociale.

+ MARIO TOSO
Segretario del Pontificio Consiglio
della Giustizia e della Pace

1 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011,
3.a ristampa