Il nostro cammino giubilare deve scendere in profondità, nella profondità del nostro cuore per unirlo al cuore di Cristo, amore che consente a noi di trasformare il mondo: realizzare il Regno di Dio, un mondo di giustizia e di pace. Tocca a tutti organizzare la speranza e tradurla nei rapporti umani, nei legami con il pianeta, nell’impegno sociale e politico, pena la contro testimonianza. Si tratta di tracciare e concretizzare cammini di speranza per tutti come cittadini e come chiesa.
Abbiamo visto percorsi di traduzione che sono stati portati in presenza dal tema del “riconoscere il debito ecologico, rimettere il debito estero una questione di giustizia” e altri sono emersi dalla bella testimonianza della Diocesi di Faenza nell’affrontare la tragedia di tre successive alluvioni.
Una delle cose di cui siamo tutti debitori è certamente l’impegno del superamento dell’ingiustizia. Come non sentirci debitori dell’annuncio di Gesù Cristo? In particolare riparando l’impegno verso i giovani che sono richiesti dal Signore per essere anche loro missionari?
Ed è fondamentale ritmare il passo della nostra marcia come pellegrini di speranza in modo più comunitario. La nostra coscienza non è solo coscienza del singolo, ma di coloro che appartengono a un popolo. Siamo sollecitati a riscoprirci come popolo non solo come singoli. Cristo non viene ad abitare in ognuno di noi in maniera singola ma per il nostro essere comunità. La grazia del Giubileo ci sollecita ad accogliere la vita nuova che ci porta Gesù Cristo, che non è una vita individualistica. Le persone vivono come persone libere e responsabili ma relazionate. La nostra identità infatti nasce non solo come identità solitaria ma collegata ad altri io.
Siamo pellegrini della speranza come popolo, che deve saper annunciare e vivere Gesù Cristo che si manifesta a noi come salvatore per tutti. Un popolo che in Gesù Cristo è chiamato a manifestare Lui e la comunità trinitaria.
Abbiamo un compito universale, non solo locale, non solo famigliare o dell’Emilia Romagna. Un compito che trascende queste comunità e le apre ad un destino di amicizia con Dio, un destino di essere comunità sul piano nazionale, sovranazionale, mondiale della famiglia umana. Dovremmo riconoscerci debitori nei confronti dell’umanità. Mentre in tante situazioni non siamo abilitati ad una comunione morale, una comunione culturale, una comunione religiosa. Abbiamo bisogno di avere una cultura cattolica nuova.
Ed è necessario fare un esame di coscienza rispetto alla nostra quotidianità. Poiché dal nostro quotidiano passa la nostra fede, occorre essere attenti a come viviamo la quotidianità!
Il Cantico
ISSN 1974-2339
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