Scuola di Pace, Roma 3 – 4 gennaio 2015
Presentare una esperienza che va oltre l’aspetto valoriale di teorie possibili “Un Patto per il fiume Simeto tra Comunità e Istituzioni” sembrerebbe esulare dal tema generale. Di fatto, l’esortazione di papa Francesco – consegnata a riflessione per la Giornata Mondiale della pace 2015 – indica come “Alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come oggetto… privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno… considerata mezzo piuttosto che fine…”; invita a riflettere anche su nuove ed insidiose forme di schiavitù che, in una visione ampia, pongono in relazione la persona e gli elementi in cui vive: il territorio, il Creato, gli altri esseri viventi.
E la mia riflessione comincia da un paradosso: la nostra cultura teorizza la limitazione del potere ma usa il potere sulla persona ridotta a merce, sul fratello reso schiavo; lo stesso vive in territori, in ambienti, in Comunità considerati oggetto dell’agire. Una forma di schiavitù che passa dalla sottomissione della persona allo sfruttamento dei luoghi: rende merce il Creato, personifica il territorio e lo considera oggetto!
Esperienze e percorsi vissuti a difesa di ambienti e Comunità danno la misura di come questo spesso accade. Un esempio viene da territori e comunità della Valle del Simeto.
Essere chiamata a dare testimonianza di cosa nel tempo sia accaduto in uno tra i luoghi più belli e importanti della Sicilia, a cominciare del 2005, consente di documentare fatti e accadimenti in continua evoluzione che hanno costruito, nel tempo, un cambiamento di visione e di relazione tra le persone e tra le Istituzioni, e così parlare liguaggi diversi in nome di un “Io collettivo”.
In estrema sintesi, i fatti: il piano-rifiuti della regione siciliana prevedeva la costruzione di mega inceneritori di cui uno in c/da Cannizzola (Comune di Paternò) nella Valle del Simeto, area a forte densità produttiva. Contemporaneamente, una azienda produttrice di laterizi e materiali per l’edilizia richiese al Comune di Adrano (Ct), ed ottenne, un attestato di compatibilità ambientale per utilizzare rifiuti speciali e speciali pericolosi (102 tipologie) ed immetterli nel ciclo produttivo: qualcosa come 62 mila tonnellate di rifiuti tossici all’anno, c/a 170 tonnellate al giorno di fanghi provenienti dalla lavorazione del petrolio, scorie prodotte dalle industrie pesanti, dalle centrali termiche, dal trattamento chimico di minerali, da rifiuti ospedalieri, di rifiuti contenenti solfuri pericolosi, ferro, mercurio, arsenico, cadmio… un interminabile elenco di veleni i cui elementi, immessi negli scarichi, penetrando il terreno, giungendo nelle falde acquifere, si sarebbero riversate nelle acque del medio corso del fiume Simeto dal cui greto l’azienda interessata distava meno di 150 metri! Una vera “fabbrica dei veleni”, come venne chiamata dalla gente… in territori piegati, violati come corpo di essere vivente …
Presa coscienza dell’oltraggioso pericolo per la Valle, a Paternò si costituì l’associazione ViviSimeto a difesa di luoghi e comunità, ad Adrano si diede vita al Comitato Civico Salute- Ambiente. Assieme, fecero proprie le motivazioni che stanno alla base di quella visione collettiva di difesa del debole; misero in atto dinamiche comunicative sociali per scongiurare la legalizzazione di quel processo produttivo che avrebbe provocato devastazioni ambientali e socio- economiche in Siti di Interesse Comunitario, in uno dei luoghi dalla straordinaria bellezza paesaggistica e dall’importanza storica davvero unica, dalle testimonianze stratificate nel tempo in palinsesto di sedimentazione culturale oltre che materiale in continua rigenerazione.
L’originario esiguo gruppo di persone, nel volgere di brevissimo tempo, riuscì a mobilitare la collettività con i giusti sistemi partecipativi: oltre cinquemila persone in corteo percorsero le vie di Adrano per sensibilizzare l’opinione pubblica, scongiurare una contaminazione dell’aria (per emissione dei fumi) e dell’acqua del fiume (per scarichi illeciti) che avrebbe provocato un disastro ambientale dalle conseguenze incalcolabili e difendere così abitanti in difficoltà: allevatori, agricoltori, orticoltori… Quella presa di coscienza, unita a forme di vero costruzionismo sociale di difesa e tutela, impedì la messa in atto di sistemi di assoggettamento di persone e cose. Nel contempo, avvenne qualcosa di inimmaginabile: la comunità era stata coinvolta non solo in azioni re-attive (la protesta) ma nella riscoperta di luoghi, del loro valore e soprattutto del valore identitario degli abitanti! I cittadini avevano accolto il grido di aiuto della Terra, volevano diventare soggetti attivi e partecipi, capaci di offrire azioni di cambiamento, di dare voce ad una dimensione nuova del vivere, di dimostrare la reale capacità generativa di cambiamento. Si avviava un moderno e identitario modello valoriale capace di un significativo cambio di metodo gestionale che fosse davvero inclusivo, proattivo, condiviso. Un modo diverso e nuovo per uscire dalle tante trappole di non-sviluppo, di sfruttamento, di in-cultura che sottomettono i deboli, gli individui che vivono forme variegate di esclusione (forme diverse di schiavitù)!
Per fare emergere i tanti punti di forza (capacità, competenza, saperi…) e ricomporre alleanze e intese bisognava ragionare anche con e attraverso gli strumenti del sapere e dello studio (la persona consapevole riesce a trovare il modo di difendere la propria libertà!). Si consultarono studiosi e ricercatori, si chiese loro aiuto! La comunità simetina coinvolse esperti come il prof. Paul Connett, attivista fondatore negli USA dell’associazioni Zero Waste, Rossano Ercolini, presidente di Zero Waste Europe e vincitore del Goldman Enrivonmental Prize.
E non fecero mancare il loro aiuto anche studiosi locali e ricercatori di chiara fama che, con la gratuità del dono, cominciarono un lavoro di riposizionamento di conoscenze materiali ed immateriali. Si susseguirono incontri di cittadinanza: workshop, mappature di comunità, tavoli di ascolto e di lavoro. Una équipe del Dipartimento di Urbanistica e Ingegneria dell’Università degli studi di Catania (prof. ing. Filippo Gravagno, ing. Laura Saija e dott. Giusy Pappalardo) avviò lo studio e la ricerca sul campo per la riprogettazione del territorio della Valle per addivenire a nuove forme di governance, inclusive e partecipate.
Si coinvolsero cittadini, studenti, agricoltori, allevatori, storici del territorio, associazioni di categoria… Si rinfocolarono quei sani principi e valori radicati nella gente… Si giunse, attraverso la “Mappatura di Comunità”, a documentare realtà e aspettative, a dare testimonianza documentata di quello che era e stava succedendo (la Ed. Disasko pubblicò il volume “Comunità e progetto nella valle del Simeto. La mappa partecipata come pratica per lo sviluppolocale”).
Lo studio si consolidò mediante attività parallele con l’Università di Menphis laddove la ricercatrice Ing. L. Saija ( conduceva studi nell’area del Mississipi grazie ad una borsa di studio assegnatale dalla Comunità Europea, la Marie Curie Research Fellow) entrava in contatto con Wade Rathke, uno dei più importanti community organizers, e Ken Reardon, community organizer docente di pianificazione di comunità con grande esperienza di community-university partnership. Assieme a loro, organizzò incontri anche nella valle del Simeto: i ricercatori americani vennero al Simeto, a stretto contatto con studiosi locali e abitanti dei luoghi… Una comunità portatrice di interessi plurimi veniva rafforzata da saperi plurimi!
Prendeva vita, così, il “Patto per il fiume Simeto”, un documento a più voci attraverso cui dialogare con le Istituzioni e incidere sui processi decisionali, coinvolgendo diversi soggetti, anche quelli solitamente inascoltati, esclusi… Ma non si ci poteva fermare al solo processo documentale. L’aiuto doveva diventare concreto… Diventava necessario coinvolgere le Istituzioni in un processo di profonda innovazione del meccanismo di governance del territorio.
Le stesse Istituzioni contro le cui scelte ci si era opposti in passato – adesso profondamente cambiate nelle scelte decisionali e nelle componenti rappresentative – venivano coinvolte in un dialogo costruttivo, sulla base di quei principi non negoziabili di sostenibilità ambientale e sociale, contro ogni forma di sfruttamento e sottomissione (espressioni diverse di “schiavitù” sociale). Il ‘Patto’ stava prendendo forma e poggiava su idee innovative, di governance territoriale e ambientale in linea con la Convenzione Europea per il Paesaggio del 2000, ma in linea anche con la L.R.S. 71/78 che prevede, tra le sue finalità, il potenziamento del ruolo delle comunità locali nella gestione del territorio.
Il 26 Aprile 2012, nella sede comunale di Adrano, si giunse alla firma di un “Protocollo di Intesa” finalizzato ad avviare il “Patto per il fiume Simeto”; prevedeva, tra l’altro, l’istituzione di gruppi di lavoro misti tra Istituzioni-Comunità-Università. Il processo di redazione del “Patto” permise di assemblare un documento operativo che, successivamente, venne presentato ai rappresentanti istituzionali; poggiava su una struttura di vero e proprio piano strategico dal basso: condiviso, partecipato, implementato su principi rispettosi della dignità decisionale di tutti e sul principio di sussidiarietà!
Nel 2013, la situazione politico-amministrativa era profondamente cambiata, i Sind aci e le Amministrazioni comunali di Adrano e Paternò erano impegnati nella direzione del “Patto”; ne avevano deliberato l’adozione e il suo schema di governance. E il processo di condivisione e coinvolgimento si estendeva in altri Comuni della Valle: Biancavilla, Belpasso, Centuripe, S. M. di Licodia, Motta Sant’Anastasia, Ragalna, Regalbuto.
Il “Patto” davvero si innestava in un sostanziale cambiamento della visione generale rispetto ai temi dell’ambiente e del fiume, non solo per il salvataggio del fiume e dell’ambiente: era un piano serio ed operativo per il miglioramento della qualità della vita, contro ogni forma di prevaricazione…
Intanto, il dibattito sulla nuova stagione di fondi europei 2014-2020 a livello nazionale, a partire dai documenti programmatici prodotti dal Ministero dello Sviluppo Economico, poneva forte l’esigenza di mettere in campo dei meccanismi di accompagnamento delle Regioni ‘problematiche’ alla spesa efficace ed efficiente dei fondi comunitari, in particolare nell’ambito della Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI); si stava presentando la possibilità per territori con evidenti problemi ma capaci di mostrare segni endogeni positivi, di ‘autocandidarsi’ – presso il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS) – alla selezione di Aree Sperimentali di lavoro: l’eventuale selezione avrebbe comportato la stipula di un Accordo Programma Quadro (APQ) tra Regione, Ministero ed Enti Locali per regolare modalità di collaborazione infraistituzionale.
La Comunità simetina aveva le giuste caratteristiche territoriali di area interna. Il “Patto” aveva l’ammbizione di essere un vero e proprio Piano strategico di sviluppo partecipato e solidale: strumento capace di trasformare la visione in realtà, secondo una logica integrata che andava oltre i soli principi di tutela e valorizzazione ambientale considerando prioritari i bisogni degli abitanti.
Era necessario porre il “Patto” nella prospettiva della SNAI al fine di dare la giusta cornice politica alle azioni da mettere in campo: una volta redatto, doveva diventare il documento di programmazione della pianificazione ordinaria per ciascuna Amministrazione aderente. E non solo!
Era l’occasione per mettere nella giusta prospettiva la capacità del territorio di implementare i progetti di Comunità contenuti nel “Patto“. Questi vennero inseriti in un documento presentato durante un incontro a Roma, il 13 Novembre 2013, con i componenti del Nucleo di Valutazione per le Aree Interne (Ministero dello Sviluppo Economico). L’incoraggiamento dato dai valutatori per il buonlavoro svolto ci spinse a cercare una interlocuzione con la Regione siciliana. Da quel momento, le Istituzioni (Comune, Regione, Ministero) si incontrarono con una visione diversa delle cose da porre in essere e convergere, così, su modalità di intervento condivise. Segno, forse, di una ritrovata “Virtù politica” per la ricostruzione di senso e di consenso mediante spazi e linguaggi di democrazia partecipata!?
Dalla Mappatura di Comunità si generava una catena di eventi culminante nel riconoscimento dell’Area Strategica della Valle del Simeto, cui fanno attualmente parte dieci Comuni dell’una e dell’altra sponda del Simeto (referente il Comune di Paternò), e dell’Area Interna indicata come Area Sperimentale Nazionale (comprendente tre Comuni – Adrano, Biancavilla, Centuripe – di cui Adrano è Comune referente).
Si lavora oggi, a distanza di dieci anni dal paventato pericolo derivante dalla “Fabbica dei veleni”, alla “Convenzione Quadro – Patto per il fiume Simeto”, strumento principe di governance partecipata per avviare progettualità condivise e regolare rapporti tra gli Enti, le Associazioni, i Cittadini.
Ecco nuovi linguaggi che, nel rimarco delle sollecitazioni di papa Francesco, danno senso all’agire delle Comunità e delle Istituzioni che devono sempre più sapere interpretare i bisogni della gente e operare per il Bene Comune, annullare ogni forma di sottomissione e schiavitù per potere dare risposta quando ci verrà chiesto: “Cosa hai fatto del tuo fratello?”, espressione che dovremmo legare a: “Cosa hai fatto per il tuo fratello?”.
Chiara prof. Longo
Assessore alla P.I. – Ambiente e Territorio
Comune di Adrano (Ct)