speciale-capitolofonti_05Essa, infatti, evidenzia al n.24 come “Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. Tutti, infatti, creati ad immagine di Dio « che da un solo uomo ha prodotto l’intero genere umano affinché popolasse tutta la terra » (At 17,26), sono chiamati al medesimo fine, che è Dio stesso”. Non c’è, dunque, semplicemente l’espressione genere umano, descrittiva: famiglia indica unità di origine e di destino, invita ad una convivenza in giustizia e pace nella custodia del pianeta. Proprio tale orizzonte viene teologicamente qualificato dallo stesso numero evidenziando “una certa similitudine tra l’unione delle Persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nell’amore”. Per promuovere tale istanza la stessa GS disegna al n. 92 uno stile di dialogo: “La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, razza e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo.” Esso interessa le diverse componenti della Chiesa cattolica, le diverse chiese cristiane e le religioni, ma si estende davvero a tutti…persino ai persecutori: “augurandoci che un dialogo fiducioso possa condurre tutti noi ad accettare con fedeltà gli impulsi dello Spirito e a portarli a compimento con alacrità. Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora l’autore, né coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere”.

C. L’ESPERIENZA, LA FEDE, LE PRATICHE
Per vivere questo tempo inedito e difficile, questo tempo di crisi, mi pare dunque che il contributo di sapienza che i credenti possono portare dovrà radicarsi profondamente nell’esperienza di fede, per tradursi in parole in grado di aprire spazi di dialogo e di confronto con chi vive diverse appartenenze ideali, parole in grado di offrire un senso per la nostra contraddittoria esperienza del tempo e del mondo. Si tratta, infatti, di apprendere a sperimentare il mondo nella luce della fede – non per contrapporsi alla pratica sperimentale delle scienze, ma per dirne il senso, anche in vista delle nostre pratiche e del nostro viaggiare in esso. Ecco, allora, che le diverse tradizioni di senso elaborate entro la famiglia umana appaiono come aperture ermeneutiche, che dischiudono prospettive per comprendere ed abitare il mondo; come fonti di indicazioni per il nostro viaggiare in esso (secondo la suggestione del termine tedesco per esperienza, erfahrung – legato a fahren, viaggiare).

speciale-capitolofonti_04Al viaggiatore, infatti, non serve solo una mappa – il più possibile esatta – di ciò che intende visitare: preziosi sono per lui anche quegli “appunti di viaggio” che suggeriscono le aree di maggior interesse e quelle più problematiche, quelle che si possono visitare tranquillamente e quelle che richiedono cautela negli spostamenti. L’esperienza credente del mondo – quale si disegna in modo particolarmente nitido in Francesco d’Assisi – è quella che lo scopre come creazione, riconoscendone tutta la consistenza, ma soprattutto la bontà, sette volte affermata in Gen. 1, che vi coglie uno spazio donato per la vita. Uno spazio che nasce da una libertà fondante, rispetto alla quale ci scopriamo ospiti gratuitamente accolti nel mondo di Dio, come tavola preparata per la vita dell’intera famiglia umana. Un mondo che occorre imparare a vedere come creazione, secondo l’indicazione che ci viene da Gesù: “Poi disse ai discepoli: «Per questo vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete, né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni può aggiungere anche solo un’ora alla sua vita? Se, dunque, non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli come crescono: non filano, non tessono, eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria , vestiva come uno di loro. Se, dunque, Dio veste così l’erba del campo che oggi c’è e domani si getta nel fuoco, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate, perciò che cosa mangerete o che cosa berrete; di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.

Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.»” (Lc 12, 22-31). Può apparire folle l’invito del testo evangelico, così teso a sottrarre sicurezza, ma esso porta in sé, in realtà una “sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta” (I Cor 2,7), ma che a tutti noi, qui ed ora, è offerta, perché possiamo abbeverarcene. Di più, Gesù stesso è per noi sapienza di Dio (I Cor 2, 30): in Lui appare quella stessa Sapienza personificata, che invita tutti coloro che la odono ad un banchetto abbondante, ad una tavola imbandita in cui ognuno può sfamarsi e dissetarsi (Prov 9, 1-6). Le parole di Gesù sono, dunque, come una rilettura ispirata di una realtà che a tutti è accessibile, da tutti sperimentabile, se solo apriamo i nostri occhi per contemplarla in tutta la sua densità, cogliendone una dimensione di senso non immediata. Una sorta di esegesi del mondo, ma del mondo sperimentato come creazione: una prospettiva profondamente intrisa della fede in quel Dio che Gesù chiama col nome intimo, affettuoso di Padre. Proviamo a parafrasare tale testo, per metterne in luce alcune implicazioni: guardate! Guardate i corvi: sono animali impuri, secondo la tradizione ebraica, eppure anch’essi sono oggetto della cura di Dio, che provvede loro quanto è necessario per vivere – anche a loro, “che non seminano, né mietono”.

È proprio a Lui, anzi, secondo il Salmo 147, che gridano i piccoli del corvo, a Lui che provvede loro il cibo (Sal 147, 9). A lui, che – lo dice lo stesso Luca pochi versetti prima del nostro brano – non si dimentica neppure dei passeri, che pure si vendono a cinque per due soldi (Lc 12, 6). Ed ancora: guardate! Guardate i gigli, “che non filano né tessono” (Lc 12, 22) eppure la loro bellezza supera persino la gloria di Salomone. Guardate! – lasciate riposare il vostro sguardo ed il vostro pensiero nella realtà del mondo naturale, nella sua complessità, nella vita che lo abita. Guardate! – ma anche ascoltate e toccate, annusate ed assaporate – la bellezza attorno a voi; tutti i sensi siano aperti al mondo che ci si dona. Guardate! – prendetevi tempo per tornare alla contemplazione della natura, per cogliere nella sua bellezza una Bellezza più grande, una Presenza che è aldilà di ogni presenza. Guardate! – ed ascoltate, nelle voci di altri che sanno guardare: nelle parole dei poeti, nella bellezza ritratta dagli artisti, nelle spiritualità dei popoli indigeni. L’invito è, dunque, prima di tutto alla contemplazione del mondo, quale spazio d’azione del Dio amante della vita, che si prende cura anche della più piccola tra le sue creature. In questo mondo Gesù ci invita a scorgere non la semplice natura ma piuttosto la creazione, l’opera mirabile del Signore della vita, una realtà sette volte buona, secondo la parola del primo capitolo di Genesi (o, forse, sette volte bella). Una percezione del mondo che – nonostante tutto ciò che a prima vista si presenta come negativo – sa comunque cogliere un’intenzionalità di dono, un braccio potente alla radice di una reale sapienza che anche per questo merita di essere custodito.

D. PER CAMMINARE IN NOVITÀ DI VITA
Una siffatta spiritualità della creazione, elaborata in prospettiva sapienziale, ispira modi di abitare il mondo nel segno della responsabilità e della sostenibilità, interpellando la politica, chiamata a ridisegnare la forma della nostra convivenza; interpellando l’economia, chiamata a riscoprire il valore della natura, per promuovere sostenibilità. Interpellando anche, d’altra parte, i nostri stili di vita, chiamati a rimodularsi, nel segno della sobrietà ecosufficiente, dell’attenzione per l’efficienza nell’uso delle risorse, della solidarietà. In tale prospettiva scopriamo che lo stesso tessuto della nostra esistenza, fin nelle scelte di consumo più quotidiane, è chiamato a vivere una responsabilità dalle forti valenze testimoniali. Si tratta, infatti, di uno spazio nel quale la concretezza delle pratiche diviene anche occasione di esprimere motivazioni e orizzonti di senso. La fede nel Creatore si presenta così come forza che muove la comunità cristiana ad assumere la custodia del creato come impegno esigente, come una dimensione qualificante della sequela del Signore per il nostro tempo. L’attenzione per le generazioni future e per i poveri della terra, la cura per l’ecosistema planetario, l’impegno per i beni comuni, divengono così elementi essenziali per un vissuto di fede consistente in questo inizio di millennio.

speciale-capitolofonti_06Essi esigono di essere assunti in un discernimento sapiente, che in ogni scelta sa tener presente il benessere della famiglia umana, chiamata a costruire una vita buona assieme su un pianeta abitabile. Che il Dio Trino, Padre creatore, Figlio per mezzo del quale tutte le cose sono state create, Spirito santo, signore vivificante, ispiri una sapienza ed una novità di vita capaci di promuovere una cura così esigente.

* Docente di Teologia della creazione In preghiera a S. Maria degli Angeli. Facoltà Teologica del Triveneto