È qui proposto un tratto della conversazione del Prof. Simone Morandini con il giornalista Gianluca Salmaso a proposito della Settimana Sociale di Trieste, alla quale Morandini ha partecipato moderando l’incontro sulle Piazze della democrazia “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro” e con la presenza ai lavori con i delegati.

Credo che in queste Settimane Sociali siano state rappresentate componenti diverse della Chiesa italiana però l’impressione è che, in questo momento, piuttosto che schierarsi l’un contro l’altro armati ci fosse una seria preoccupazione per il bene comune del Paese.
In questo l’intervento del presidente Mattarella è stato assolutamente orientativo: si sentiva l’uomo che è parte della storia delle Settimane Sociali, chiamato al contempo ad essere istituto di riferimento per il Paese tutto, che indicava questa idea di collaborazione, di partecipazione e attenzione per ciò che è comune a discapito di ogni polemica.
Questo ha lasciato il segno.
Oggi constatiamo criticità inedite, che si aggiungono a problemi più antichi. La democrazia non è mai conquistata per sempre. Anzi, il succedersi delle diverse condizioni storiche e delle loro mutevoli caratteristiche, ne richiede un attento, costante inveramento. Nella complessità delle società contemporanee, a criticità conosciute, che mettono a rischio la vita degli Stati e delle comunità, si aggiungono nuovi rischi epocali: quelli ambientali e climatici, sanitari, finanziari, oltre alle sfide indotte dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale.
Le nostre appaiono sempre più società del rischio, a fronteggiare il quale si disegnano, talora, soluzioni tecnocratiche. È tutt’altro che improprio, allora, interrogarsi sul futuro della democrazia e sui compiti che le sono affidati, proprio perché essa non è semplicemente un metodo, bensì costituisce lo “spazio pubblico” in cui si esprimono le voci protagoniste dei cittadini.
Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della ideologia, della politica, della società.
Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto.
Non si è parlato, però, solo di ambiente. Io ho seguito, per esempio, le Piazze della democrazia che si sono susseguite in piazza Verdi e si è parlato di conversione ecologica ma anche, il giorno successivo, dell’intelligenza artificiale e rilevanza del digitale anche in ordine alla vita democratica.
Successivamente, ancora, di pace con un orizzonte lapiriano e con uno sguardo sul Mediterraneo.
Si è parlato di migranti e si è parlato di accoglienza. Si è parlato poi anche, nei lavori in plenaria, di cosa significa abitare responsabilmente il terreno della democrazia non nel segno della contrapposizione, dell’essere di parte, ma del prendere positivamente parte alla vita di una comunità civile in forme costruttive.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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