In piena epidemia di Covid-19, attraverso Interris.it (10-3-2020) il giurista cattolico Francesco D’Agostino, membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, lancia un appello alla solidarietà: “I deboli, i disabili e gli anziani non sono pazienti di serie B”.

“Cultura dello scarto” è un’espressione efficacissima con la quale Papa Francesco ha messo il dito in una delle piaghe del mondo contemporaneo, che coinvolge questioni non solo bioetiche, ma anche economiche e sociali, afferma a Interris.it il professor Francesco D’Agostino, membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, già presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani e del Comitato nazionale per la bioetica. Screening genetico prenatale, eutanasia, suicidio assistito sono “minacce alla sacralità della vita”. Al Consiglio per i diritti umani, attraverso l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente all’Onu, la Santa Sede ha richiamato l’attenzione sulla disabilità: “Non c’è vita umana più sacra di un’altra, come non c’è vita qualitativamente più significativa di un’altra”.

Professore, c’è il rischio che con l’emergenza Coronavirus, i deboli, i disabili, gli anziani siano ancora più emarginati e la loro vita deprezzata? “Le prese di posizione pubbliche delle nostre istituzioni (governo, regioni, comuni, istituzioni sanitarie e ospedaliere) dovrebbero confortarci e rassicurarci contro questo rischio: da parte di nessuna di esse è fino ad ora emersa una qualsivoglia dichiarazione orientata, in questa contingenza, a deprezzare la vita dei soggetti più deboli o a paragonarla indegnamente con quella di soggetti più giovani o più forti. È peraltro indubitabile che i soggetti più fragili hanno minore capacità di far sentire la loro voce nel contesto pubblico e di ottenere i supporti necessari per la piena tutela delle loro esigenze e dei loro diritti. L’opera di assistenza a loro favore posta in essere, a tal fine, da tante associazioni di volontariato è davvero preziosa e ammirevole”.

Per la Chiesa la vita è sacra dal concepimento al suo termine naturale.
E per il resto della società? “Al riguardo vorrei fare un’osservazione: si sta inevitabilmente diffondendo nel nostro paese, nelle fasce degli “Oldest Old”, come dicono gli americani, e soprattutto degli ultra ottantacinquenni, una sorta di malinconica rassegnazione, che attiva quella che nel mondo classico e cristiano-antico era chiamata “meditatio mortis” e che sembrava del tutto rimossa nella società contemporanea.
Al posto dell’illusoria (e volgare!) pretesa a un prolungamento indeterminato della sopravvivenza si sta imponendo la consapevolezza che dobbiamo accettare la nostra fragilità e quei suoi limiti “biologici” che l’epidemia di Coronavirus ci pone brutalmente davanti agli occhi. Dovremmo forse riconquistare uno spazio adeguato per la preghiera, come esigenza profonda di trovare l’ultimo, possibile baricentro della nostra esistenza”.

Cosa bisogna fare per integrare le persone con disabilità in quanto in possesso di diritti inalienabili? “Quanto detto da monsignor Jurkovic in occasione del Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, che si è da poco tenuto a Ginevra, e incentrato sui diritti dei disabili, non va inteso in chiave genericamente “buonista”. Si tratta piuttosto di una vera e propria provocazione nei confronti dello stesso Consiglio, sempre più influenzato dalla cultura oggi dominante, quella che ha la sua matrice soprattutto nel mondo anglosassone, e che tende a rimuovere ogni traccia della tradizione cristiana in tema di diritti umani”.

Qual è la testimonianza cristiana contro la “cultura dello scarto”? “È un dato storico inoppugnabile che appartiene al Vangelo, e ad esso soltanto, l’esaltazione dei sofferenti, dei malati, dei più deboli fisicamente e socialmente: esaltazione che è il presupposto logico e antropologico dell’attribuzione e del riconoscimento dei loro “diritti”. L’ospedale (non a caso detto, in francese, l’Hotel-Dieu) è un’ “invenzione cristiana”. Visitare gli ammalati è nella tradizione cristiana una delle opere di misericordia corporale. Jurkovic ha ricordato con forza che l’integrazione dei disabili non va pensata come un generico impegno sociale (peraltro ammirevole e necessario), ma come un impegno antropologico, che deve operare contro quella visione funzionale della vita che dilaga nel mondo contemporaneo e che lo rende sempre più freddo e spiritualmente povero”.

Quindi “scarto” etico ed economico? “Con una differenza. Le questioni economico-sociali vanno riferite essenzialmente alle distorsioni che caratterizzano nell’epoca post-moderna il liberalismo a matrice capitalistica e coinvolgono quindi essenzialmente la politica degli Stati, delle multinazionali, dei grandi potentati economici. Invece la diffusione pressoché incontrollabile degli screening genetici, la legalizzazione dell’eutanasia e la depenalizzazione del suicidio assistito coinvolgono piuttosto la nuova e trionfante ideologia dell’ autodeterminazione, che sta ormai diventando il pilastro, che nessuno osa più scalfire, della bioetica e della biogiuridica”.

Da dove proviene questa minaccia? “Paradossalmente, più che una minaccia alla “sacralità della vita”, il principio di autodeterminazione rappresenta una minaccia all’equilibrio sociale: nato come principio cardine del liberalismo politico (e garantito dalla segretezza del voto in occasioni delle elezioni politiche), oggi l’ossequio all’ autodeterminazione, frettolosamente riconosciuta a soggetti estremamente anziani, a malati terminali e in stato di abbandono, o in stato di confusione mentale, viene utilizzato per escludere dalle terapie o, peggio ancora, per facilitare il decesso di soggetti ritenuti marginali, che gravano economicamente su bilanci sanitari pubblici ormai allo stremo”.

Quali provvedimenti ritiene necessari? “È assolutamente indispensabile ripensare il finanziamento dei sistemi sanitari nazionali (molto diversi tra loro, ma tutti corrosi dall’innalzamento irrefrenabile dei costi) e attivare nella popolazione la consapevolezza che al bene salute degli anziani e dei disabili si deve pensare quando si è giovani e in piena attività lavorativa, con sostanziose integrazioni degli impegni economici pubblici. La “cultura dello scarto” non minaccia soltanto i soggetti deboli, ma ciascuno di noi, dato che la fragilità fisica (oltre che quella economica e sociale) può colpirci tutti nelle modalità e nei tempi meno prevedibili.
L’appello del Papa alla sacralità della vita non concerne solo, come comunemente si crede, la sacralità della vita individuale, ma la sacralità della vita che caratterizza l’intera famiglia umana (e, con le opportune precisazioni anche la vita animale e vegetale). Solo nella seconda metà del Novecento si è imposta, per la prima volta, la consapevolezza che la mortalità, come ben può aggredire il singolo vivente, così può aggredire la vita nel suo complesso. In tal senso, la difesa della vita (e la lotta alla “cultura dello scarto”, che è essenzialmente la stessa cosa) si sta imponendo come il principio etico fondamentale del nostro tempo.

Sergio Galeazzi

Per il testo integrale si rimanda a Interris.it

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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