p. Lorenzo Di Giuseppe

Prima di ricevere l’impressione delle SS. Stimmate sul suo corpo, S. Francesco sul luogo della Verna, rivolto a oriente, pregò così “O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che Tu mi faccia innanzi che io muoia: la prima che io in vita mia senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che Tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione; la seconda si è che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale Tu, Figliuolo di Dio eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori” (FF 1919).
S. Francesco chiede di sentire la sofferenza che Gesù sentì nella Passione, di entrare nell’intimo di Gesù, nel suo amore smisurato, eccessivo, per noi nel momento della Passione, in cui Gesù spogliato di qualsiasi privilegio, come uno scarto, si mette nelle mani degli altri, si dona totalmente, si consegna. Ed è proprio in questa sua consegna totale, senza limiti, un aspetto misterioso del suo amore.
Nel racconto degli evangelisti la parola “consegna” ritorna frequentemente e lascia intravvedere un sentimento che ha accompagnato l’intimo di Gesù per la durata della Passione.
Che cosa ha vissuto interiormente Gesù nell’ora dell’“impero delle tenebre”, cosa è avvenuto durante la Passione nel suo rapporto con gli uomini e nel suo rapporto con il Padre …?” Per amore, liberamente e cosciente del passo che compie, il Nazareno è andato incontro alla morte: in una totale remissività egli si è lasciato consegnare” (B. Forte, Gesù di Nazaret, 268)…., ha permesso che di Lui facessero quel che volevano, passandoselo di mano in mano come un oggetto. Egli non ha resistito, non si è difeso, non ha restituito male per male.
Nel Getsemani, dopo l’abbandono dei suoi, Gesù viene consegnato ai nemici: “Allora Giuda Iscariota, uno dei dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù” (Mc 14,10). E la consegna avviene con grande dolore e amore da parte di Gesù, in un estremo tentativo di portare luce nel cuore dell’Apostolo: “Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?” (Lc 22,48) e ancora: “Amico, per questo sei qui!”.
Le autorità degli Ebrei, i capi del popolo, il consiglio degli anziani, che fin dall’inizio erano stati a lui contrari e non vedevano l’ora di mettere le mani su di lui “Al mattino, i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato (Mc 15, 1). Pilato, pur convinto della sua innocenza, cede alla pressione della folla, sobillata dai capi. E così “dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso” (Mc 15,11). A questo iniquo susseguirsi delle “consegne” si aggiunge la consegna di sé stesso, la consegna estrema, volontaria, che fa di se stesso al Padre, “l’offerta libera e generosa di sé al Padre per gli uomini” (Bruno F., Gesù di Nazaret, 268). Luca narra: “Gesù, gridando a gran voce disse: “Padre nelle tue mani, consegno il mio spirito” detto questo spirò” (Lc 23,46).
La prima generazione dei cristiani interpretano questa autoconsegna di Gesù come atto supremo dell’obbedienza di Gesù al Padre e come dono supremo di sé per noi. Scrive S. Paolo: “Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).
In questo suo consegnarsi Gesù ha portato a compimento la profezia del Servo di Jawe: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca” (Is 53,7). Ma questo amore, che si consegna totalmente, è l’amore che è risuscitato, l’amore che genera vita nuova, che plasma figli di Dio, che dona lo Spirito della vita; è l’amore dell’Agnello che troneggia vittorioso sulla piazza dell’Apocalisse, dopo aver sconfitto la morte e il maligno.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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