p. Lorenzo Di Giuseppe

L’Avvento ce lo ha ripetuto in molti modi: Svegliatevi, alzatevi in piedi, scuotete il torpore della vostra mente. Mettiamoci in cammino con Maria, Giuseppe, con Giovanni, Elisabetta, Zaccaria, con i pastori, con Simeone ed Anna, con i Re Magi. Andiamo verso il Natale. La prima cosa che siamo chiamati a fare è dunque alzarci in piedi, svegliarci e metterci in cammino, scuoterci da quella condizione sonnolenta, con la testa bassa per gli avvenimenti tristi che stiamo vivendo. Alziamo la testa, con la schiena dritta.
Abbiamo da osservare un fatto eccezionale, che ha stupito tutto il creato: è accaduto una sola volta nella storia e l’ha spezzata in due: prima e dopo.
Il fatto straordinario è questo: Dio ha preso l’iniziativa, si è fatto piccolo, ha preso dimora in una cellula della Vergine Maria. Dopo aver dimorato nove mesi in lei è nato ed è stato adagiato in una mangiatoia, tanto era povero. Ed ora ci attende e allora andiamogli incontro. Camminiamo con una tensione nel cuore che ci spinge, abitati da un desiderio forte di incontrarlo, smettendo la rassegnazione, la depressione che ci paralizza. I problemi ci sono non possiamo nasconderli, e a volte sono veramente pesanti. Ma non siamo soli.
Ascoltiamo uno che ci dice: “ Io sono il Signore, tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico: non temere” (Is. 41,13). Nei momenti più difficili, sentiamoci come i discepoli nella barca sul lago in tempesta mentre le onde furiose rischiano di inghiottire la povera imbarcazione. Sulla stessa barca c’è anche Gesù che dorme, ma viene svegliato e dice parole importanti anche per noi: “Perché temete, gente di poca fede”. Sforzandoci di andare verso il Signore, ci apparirà sempre più evidente che in realtà non siamo noi a cercare di incontrarlo, ma è Lui che viene come nel passato, come a Betlemme, come sempre. E questo ci dà fiducia e ci assicura che è veramente possibile incontrarlo.
Papa Francesco annunciandoci il prossimo Giubileo ci invita a “un incontro vivo e personale con il Signore Gesù, porta di salvezza che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale nostra speranza” Andiamo perciò verso Gesù per incontrarlo, per manifestare a Lui il nostro amore di ritorno. Gesù merita di essere amato da noi, nessuno ha fatto tanto per noi; non c’è un istante della sua vita che non ha pensato a noi. E noi, pur nella nostra debolezza, pur nei nostri limiti, vogliamo riamarlo come nostro amico, come nostro fratello, come nostro alleato.
Ma soprattutto andare a Lui per far nostra la sua vita: imparare da Lui il rapporto con il Padre, imparare da Lui ad amare e servire i fratelli. Lui stesso ci dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Così la vita di Gesù si riproduce in noi: i suoi pensieri, i suoi affetti, le sue preferenze, il suo amore per i poveri, il suo sostegno ai deboli, la sua consolazione agli sfiduciati.
Se la vita di Gesù vivrà in noi, Gesù con noi tornerà a camminare nelle nostre vie, attraverserà i nostri supermercati, visiterà i nostri ospedali e le persone si sentiranno di nuovo visitate da Lui e rinascerà la speranza (cf. Messaggio apertura Giubileo, 3). S. Francesco nella sua “Lettera ai fedeli” ci conferma quello che stiamo dicendo e a coloro che fanno penitenza, cioè ai cristiani, ricorda: “Siamo madri (di Gesù) quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri” ( FF 178/3).
La nostra responsabilità è grande: portare il Natale ai fratelli, anche a chi non frequenta la chiesa, anche a chi non ascolta mai la Parola del Signore.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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