II parte
S.E. Mons. Mario Toso

Il presente articolo costituisce la seconda parte di una riflessione proposta da Mons. Toso lo scorso anno a Olbia in Sardegna (cfr. Il Cantico 7/8-2022). Ne riprendiamo gli argomenti perché è sempre più importante comprendere che senza la passione per il bene comune e senza una politica guidata dall’impegno morale, non si costruisce la pace.

L’IMPORTANTE CONDIZIONE SOCIALE DELLA PACE
La Dottrina sociale della Chiesa, specie con le encicliche dei pontefici, ma anche con i loro Messaggi per la giornata mondiale della Pace, ha indicato da tempo le vie da percorrere, quali: il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti,4 mediante la predisposizione di strumenti efficaci di difesa dell’aggredito;5 la radicale revisione delle regole del mercato globale delle armi (la Russia è il secondo esportatore al mondo di armamenti, dopo gli USA; il trattato sul commercio di armi convenzionali è stato ratificato dalla UE, ma non è stato firmato da USA, Russia e Cina); dare vita ad una Agenzia Inter-nazionale per la Gestione degli Aiuti (AIGA), in cui far affluire, ad es., anche solo il 10% della spesa militare globale che in un decennio potrebbe sanare le attuali diseguaglianze strutturali; la revisione del trattato di non proliferazione nucleare; uno sviluppo integrale, sostenibile ed inclusivo; la creazione di istituzioni di pace, implicante la riforma dell’attuale ONU in senso più democratico,6 la revisione trasformazionale dell’assetto delle istituzioni politico- giuridiche nate a Bretton Woods nel 1944 (FMI, OMS, Banca Mondiale, WTO) e divenute obsolete; la creazione di nuove istituzioni – dotate di poteri mondiali – relative alle migrazioni (OMM), all’ambiente (OMA), all’acqua; l’universalizzazione di una democrazia partecipativa, rappresentativa, inclusiva, deliberativa. Su questo aveva già scritto lo stesso papa Francesco nel citato Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2017, ove ha iniziato a delineare gli elementi costitutivi di una non violenza attiva e creativa, quale unica via efficace di costruzione della pace.7
Ma vi sono altri piani su cui muoversi per prevenire le guerre e costruire la pace. Papa Francesco sempre nel suo Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale per la Pace del 1° gennaio 2017 ha offerto svariati orientamenti pratici: 8
a) l’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, causa esemplare della non violenza attiva e creativa;
b) la proposta ai leader politici e religiosi, ai responsabili delle istituzioni internazionali, ai dirigenti delle imprese e dei media del «manuale » della strategia della costruzione della pace, ossia le otto Beatitudini (cf Mt 5, 3-10);
c) l’umanizzazione della po-litica, la sua risemantizzazione in senso samaritano, a partire da tutto ciò che può insegnare la non violenza attiva e creativa, come il principio architettonico della fraternità (si confronti anche la successiva enciclica Fratelli tutti);
d) la rivitalizzazione della democrazia, oggi colpita da gravi forme di degenerazione e di involuzione, quali la pazzo-democrazia, la democrazia senza democratici, la democrazia insoddisfatta, la democrazia populista od oligarchica;9
e) l’educazione alla pace;
f) i percorsi di quei movimenti sociali, che il pontefice argentino viene da tempo sollecitando ed «educando», affinché abbandonino la violenza, marciando per la giustizia e non «contro» qualcuno, come i movimenti popolari. 10 Non vanno dimenticati il movimento ecologico mondiale; 11 i movimenti della cooperazione; 12 i movimenti per la vita; i movimenti a difesa e promozione della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna; i movimenti a difesa della libertà religiosa e della libertà di insegnamento; i movimenti per la riforma del sistema finanziario internazionale, anche mediante la tassazione delle transazioni istantanee applicando la Tobin Tax; e i movimenti per l’abolizione della pena di morte
g) non dev’essere, poi, esclusa la preparazione di nuove generazioni di cattolici e di uomini di buona volontà per l’impegno competente nell’area della politica, una politica alta, all’insegna della carità cristiana, capace di affrontare con visione e decisione la rimozione delle cause di povertà e di sperequazione. Senza la preparazione di nuove generazioni dal punto di vista politico non si possono sperare nuove Istituzioni di pace, né sul piano politico regionale (come gli Stati Uniti d’Europa, d’Africa, ecc.) né sul piano mondiale;
h) oggi, nell’ambito dell’azione nonviolenta, occorre coltivare legami internazionali, in vista di una maggiore incisività su quei processi e su quelle istituzioni che operano a livello sovranazionale e multilaterale. Solo agendo su questo piano, si può influire nella necessaria riforma dei mercati, delle istituzioni di pace e delle politiche mondiali; si possono altresì instaurare quelle collaborazioni, quel lavoro di intelligence, quella vigilanza sulla rete web e sugli ingenti flussi di denaro, che sono determinanti nel prevenire e nel combattere la violenza del fanatismo e del terrorismo, che si avvale dei nuovi e sofisticati mezzi, per destabilizzare e seminare l’odio.
A proposito della preparazione di nuove generazioni di politici occorre dire che non si mostra una seria attenzione al problema né entro il mondo cattolico né fuori di esso. Eppure, non si può sperare nella possibilità della costruzione efficace di istituzioni di pace senza l’apporto di nuove generazioni di politici, come anche della società civile rimotivata e riorientata. Poca credibilità possono offrire al Paese quei politici che, in occasione di una situazione complessiva molto fragile dal punto di vista delle relazioni internazionali e della pace, di forte indebitamento delle casse statali, di problemi energetici, di pandemie non debellate, di aiuti da corrispondere a chi combatte contro un nemico più forte, che ha mire imperialistiche destabilizzanti l’Occidente europeo e non solo, poco fanno per mantenere la stabilità del governo e sembrano come i capponi di Renzo, di manzoniana memoria, che litigavano tra di loro mentre andavano incontro ad una morte sicura.
Senza la passione per il bene comune e senza una politica guidata dall’impegno morale non si costruisce la pace. Affinché la comunità politica non venga rovinata dal divergere di ciascuno verso la propria opinione è necessario un’autorità capace di dirigere le energie di tutti i cittadini verso il bene comune, non in forma meccanica e dispotica, ma prima di tutto come forza morale che si appoggia sulla libertà e sulla coscienza del dovere e del compito assunto.

LA CONDIZIONE IMPRESCINDIBILE DEL LAVORO PER TUTTI
Le condizioni del lavoro a motivo della pandemia, delle innovazioni tecnologiche introdotte in maniera non graduale, dell’insicurezza sul posto di lavoro, dell’insufficiente preparazione professionale e del mancato aggiornamento rispetto alle nuove esigenze della domanda, della carenza di politiche attive del lavoro, sono divenute più precarie e complesse. Peraltro, per capire il tempo che stiamo vivendo occorre comprendere che la situazione del mercato del lavoro in Italia è cambiata. Da un’economia manifatturiera siamo passati a un’economia basata prevalentemente sull’immaterialità.
L’Italia è l’emblema di questo processo di trasformazione della società da industriale a post-industriale. È un Paese in cui la struttura produttiva è costituita da un tessuto di piccole e medie imprese, in cui cioè i grandi complessi industriali rappresentano un’eccezione, in cui l’estensione territoriale è limitata e la popolazione non solo non è numerosa, ma è in calo per effetto della denatalità e dell’invecchiamento. Nonostante queste fragilità siamo l’ottavo paese al mondo per il prodotto interno lordo. Sono ormai lontani gli anni in cui la maggior parte della forza lavoro era impegnata nel settore primario (il settore economico che raggruppa tutte le attività legate allo sfruttamento delle risorse naturali o delle materie prime: agricoltura, pesca, allevamento, silvicoltura, attività mineraria). Oggi la maggior parte delle persone lavora nel settore dei servizi, in quello dell’informazione, svolge professioni di carattere intellettuale. Con l’avanzamento della tecnologia, dal telaio meccanico all’intelligenza artificiale, il lavoro si è velocizzato ed è diminuito, specie per quanti non hanno istruzione e formazione professionale adeguate ad affrontare il nuovo mercato del lavoro. Pur riconoscendo la validità delle affermazioni del sociologo Domenico Masi, e cioè che il lavoro non è più l’elemento centrale della vita e della nostra democrazia, e che anche il tempo libero e lo studio hanno acquisito spazio, non le si può sottoscrivere al 100%. Perché? Infatti, specie in un contesto di transizione ecologica, riemergono anche qui in Sardegna, l’importanza del lavoro rurale, l’allevamento, la pastorizia, che vengono ripensati e organizzati in maniera diversa, naturalmente anche con l’ausilio delle nuove tecnologie, offerte dalla robotizzazione e dalla digitalizzazione, per l’aratura, l’irrigazione la coltivazione, la mungitura, la produzione dei latticini, la distribuzione. Da tempo la Coldiretti, ma non solo, parla di agricoltura 4.0. con tutto quello che essa comporta.
Se è vero che «i soldi non si fanno con le ore lavorate ma con la ricchezza prodotta», occorre tener conto che c’è lavoro e lavoro e che ci sono attività produttive per cui servono velocità e precisione, mentre per altre no. Resta, invece, sempre indispensabile l’apporto dell’uomo. Il che vuol dire che se la produttività è scarsa ci vuole più tecnologia, ci vogliono imprenditori e manager più preparati. Se la cultura di base è carente c’è bisogno di formazione e di una cultura umanistica del lavoro.
Purtroppo, le forze politiche e sociali spesso sposano standard di efficientismo economico. Puntano di meno sulla qualità dei prodotti, tipici di un territorio come la Sardegna. Sono, poi, maggiormente preoccupati dei diritti civili, anziché dei diritti sociali. Il lavoro per tutti non è più un ideale strettamente congiunto con la democrazia partecipativa e deliberativa. Si punta, piuttosto, ad «assistenzializzare» il lavoro, mentre esso va ripensato, come ci insegna la Dottrina sociale della Chiesa, in termini di bene fondamentale per lo sviluppo di ogni Paese e della stessa democrazia perché il lavoro è antidoto alla povertà e titolo di partecipazione. Va amato ed organizzato, specie qui in terra sarda, ricca di meravigliosi scenari e di risorse naturali spesso incontaminate, entro la prospettiva di un’ecologia integrale, secondo quella transizione che implica un’economia circolare, uno sviluppo sostenibile, la preservazione dell’ambiente e della biodiversità. Anche in questa Regione va posto un rapido rimedio all’inquinamento e all’insicurezza nei luoghi del lavoro, con interventi appropriati da parte dei responsabili, singoli (imprenditori) e associati (associazioni di categoria e sindacati).
Fondamentale in tutto questo è la promozione di una nuova cultura umanista del lavoro, nonché l’inserimento nei programmi scolastici e di formazione professionale, come raccomandava la CEI nel suo Messaggio per il 1° maggio 2022, della disciplina relativa alla salute e alla sicurezza del lavoro.

A MO’ DI CONCLUSIONE: ALTRE CONDIZIONI DA ATTUARE IN VISTA DEL BENE COMUNE
Con riferimento alle condizioni sociali ed economiche, proprie di un periodo di cambiamento epocale, indotto da molteplici fattori, sono da considerare strategici: a) un sistema industriale e un’economia circolare; b) la costruzione di comunità energetiche rinnovabili come scelta etica,13 sulla base del fattore umano e comunitario, senza profitti utilitaristici per pochi. L’obiettivo non può più essere quello di trovare nuovi giacimenti di combustibili fossili, ma quello di mettere in sicurezza l’attuale sistema energetico e sociale per evitare che le nostre società si fermino e i cambiamenti climatici ci travolgano. Il quotidiano indipendente «L’Unione sarda» del 6 luglio scorso informava che l’intera isola bocciava l’assalto eolico, un assalto speculativo, a servizio delle multinazionali, favorito dal decreto Energia firmato da Mario Draghi. Senza dubbio non si può essere d’accordo con progetti imposti dall’alto, che per di più favoriscono la speculazione di soggetti stranieri che puntano solo a ritorni economici dei privati.
Occorre, piuttosto, puntare sulle comunità energetiche, ossia su soggetti giuridici autonomi che si basano sulla partecipazione aperta e volontaria, facendo leva sui fattori umani e comunitari. Solo in tal modo si attivano processi dal basso, sotto la responsabilità dei cittadini e delle comunità, commisurati ai bisogni del territorio, rispettosi dell’ambiente; c) il ripopolamento delle aree collinari, nel dorsale appenninico nella penisola e nelle colline della Sardegna, con incentivi adeguati alle famiglie e ai giovani che desiderano rimanere nei loro territori di origine.
Un caso attuale di realizzazione di condizioni favorevoli a servizio del bene comune si ha e si avrà nel controllo della distribuzione e dell’utilizzo dei fondi PNRR. Con riferimento a ciò si stanno manifestando distribuzioni diseguali e discriminanti. Basti anche solo pensare a quanto si è verificato in alcune Regioni, come ad esempio in Emilia- Romagna. In questa Regione i fondi per la messa in sicurezza i luoghi di culto sono stati assegnati esclusivamente alla parte emiliana, mentre la Romagna è stata esclusa dall’accesso a queste fondamentali risorse.
In un periodo ancora segnato dalla pandemia, per la realizzazione del bene comune sono fondamentali le condizioni delle strutture e del personale sanitari. Esse, a fronte delle continue e diversificate sfide epidemiologiche, richiedono una profonda revisione, l’ammodernamento e la riqualificazione, senza che l’incuria o l’irresponsabilità provochi il ripetersi di ingiuste discriminazioni nei confronti della popolazione anziana e, più in generale, di intere aree del Paese.
Infine, ai fini del bene comune, presente e futuro, non si possono ignorare le necessarie attenzioni che si debbono avere nei confronti delle nuove generazioni. Oggi non pochi giovani vivono emarginati nei nostri paesi e nelle nostre città. Essi, non raramente sono senza lavoro e senza studio.
Vivono raggruppati in baby gang che purtroppo sono disponibili a farsi assoldare per pochi spiccioli dalla criminalità che spalanca loro le porte del malaffare. È evidente che in tal modo, porzioni non insignificanti della popolazione giovane vengono escluse dalla possibilità di dare il loro importante apporto al bene comune in termini di cambiamento e innovazione intrinsecamente connessi alla giovane età.
Perché il bene comune possa concretizzarsi è pregiudiziale, come già detto, che la politica viva un’intensa passione per esso, in modo particolare per le persone, le famiglie, le nuove generazioni, nell’ambito di una cultura personalista e comunitaria. In conclusione, se la politica non sarà animata dalla morale difficilmente potrà essere a servizio del bene comune.

* Vescovo di Faenza-Modigliana

4 Cf art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana che, analogamente al Magistero sociale, testualmente recita:
«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
5 Su questo aspetto si veda quanto afferma Vladimiro Zagrebelsky secondo cui va lumeggiato un punto sul quale spesso non si riflette a sufficienza: «[…] il ripudio della guerra dichiarato nella prima parte dell’art. 11 della Costituzione non comporta l’esclusione di ogni tipo o occasione di guerra.
Non è vietata la guerra difensiva da parte della sola Italia o collettiva nel quadro della partecipazione ad organizzazioni che agiscono a quello scopo», (V. ZAGREBELSKY, Il governo dichiari che armi invia a Kiev, in La Stampa, 8 giugno 2022, p. 29).
6 Circa la forma di autorità politica mondiale, regolata dal diritto, come afferma la Fratelli tutti, non necessariamente si deve pensare a un’autorità personale. Dovrebbe almeno prevedere il dare vita a organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria, la difesa dei diritti umani fondamentali. È in questa prospettiva, precisa sempre papa Francesco, che diventa necessaria una riforma sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Popoli. Senza dubbio ciò presuppone limiti giuridici precisi, per evitare che si tratti di un’autorità cooptata solo da alcuni Paesi e, nello stesso tempo, per impedire imposizioni culturali o la riduzione delle libertà essenziali delle nazioni più deboli a causa di differenze ideologiche. Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. […]
Bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale», (Cf Fratelli tutti, nn. 172 – 173).
7 Su questo si legga S. ZAMAGNI, Oltre il dualismo bellicismopacifismo: una via per costruire la pace, in «il Cantico», Marzo- Aprile 2022 on line, pp. 7-8.
8 Chi scrive ha predisposto un Commento su tale Messaggio: M. TOSO, La nonviolenza stile di una nuova politica per la pace, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2017.
9 Si tratta di una letteratura molto vasta. Qui, ci limitiamo a rimandare ai seguenti volumi: S. J. PHARR- R.D. PUTNAM (a cura di), Disaffected Democracies. What’s Troubling the Trilateral Countries, Princeton University Press, Princeton 2000; G. ZAGREBELSKY, La democrazia e la felicità, a cura di E. Mauro, Laterza, Roma-Bari 2011; C. GALLI, Il disagio della democrazia, Einaudi, Torino 2011.
10 Cf, ad esempio, FRANCESCO, Discorso al II Incontro dei Movimenti Popolari (9 luglio 2015).
11 FRANCESCO, Laudato si’, n. 14.
12 Cf, ad esempio, FRANCESCO, Discorso ai Rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane (28 febbraio 2015).
13 Su questo si veda J. RIFKIN, Un green new deal globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la terra, Mondadori, Milano 2019

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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