Alcune piste di impegno dall’Incontro con Don Matteo Prodi (Bologna 17 gennaio 2016)
Domenica 17 gennaio ha preso avvio a Bologna presso la Parrocchia del Corpus Domini il Ciclo “Laudato si’” promosso dalle Parrocchie della Zona Pastorale Fossolo assieme alla Fraternità Francescana Frate Jacopa e alla Rivista “Il Cantico”. La prima riflessione è stata presentata da Don Matteo Prodi, docente di morale sociale ed esperto di etica economica. Ne proponiamo una breve sintesi.
Dopo aver premesso che la questione ambientale è una questione vitale, Don Matteo Prodi ha posto come orizzonte del suo discorso l’assunto che l’obiettivo finale di Papa Francesco con la promulgazione dell’Enciclica sia quello di costruire una nuova umanità.
Partendo dalle prime parole della Laudato si’ si è concentrato su quanto sia necessario che l’uomo ristabilisca un legame forte con la terra. Per troppo tempo abbiamo creduto di esserne proprietari e dominatori, abusando dei beni che Dio ha voluto a disposizione di tutti. Abbiamo impostato le nostre vite, i consumi, l’economia sull’idea di fondo che le risorse ambientali fossero infinite, ma è esattamente il contrario: non è possibile contare su un progresso illimitato. Dobbiamo fare i conti con il limite. Come viviamo il nostro essere limitati? – si è chiesto il relatore.
Occorre dare una risposta al limite che incontriamo nel mondo a partire dai nostri limiti. Il limite è strutturale nell’uomo: il fatto stesso che l’uomo sia stato creato “maschio e femmina” ci parla del limite, ma ci parla anche di quella unità concreta che siamo chiamati a realizzare perché in un movimento di dono reciproco ci sia pienezza di felicità. Dunque il limite può essere vissuto come una maledizione oppure possiamo fare di questa condizione la possibilità di un continuo donarci. Non può risolvere le cose l’antropologia dell’homo economicus, dove l’uomo è visto come l’essere razionale che massimizza la propria utilità e il proprio interesse; occorre rifarsi all’antropologia dell’homo responsus, perché innanzitutto l’uomo riceve la vita e, ricevendo la vita, offre all’altro la sua risposta al limite come apertura e pienezza. Il limite non spinge così all’egoismo ma svela un percorso di liberazione del limite stesso, e l’altro diventa il fratello.
L’accoglienza dell’altro come vita insieme è il vero percorso che può togliere i viluppi allo sviluppo, spezzare le catene che tolgono la libertà delle persone. E’ questo – ha evidenziato il relatore – il vero superamento della deriva antropologica che il Papa denuncia nell’Enciclica.
Don Matteo Prodi ha poi proseguito la sua riflessione ponendo l’attenzione su tre frontiere: il potere; denaro, economia, lavoro; la proprietà privata.
“La miope costruzione del potere frena l’inserimento dell’agenda ambientale lungimirante all’interno dell’agenda pubblica dei governi. Si dimentica così che il tempo è superiore allo spazio, che siamo sempre più fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi piuttosto che di dominare spazi di potere…” (LS 178).
L’uomo tende a possedere e tende a possedere spazi di potere per dominare con più efficacia il mondo che lo circonda. Ed esistono precisi luoghi di potere: dalla tecnologia, alla finanza, al mondo dell’economia in generale fino alla politica.
Siamo in presenza di vere e proprie “strutture di peccato”. Siamo coinvolti da decenni in processi che costituiscono forti ostacoli ad agire per il bene. L’ambientalista Naomi Klein afferma con lucidità: “Non abbiamo finora risposto a questa sfida perché siamo prigionieri, in senso politico, fisico e culturale; solo dopo aver individuato queste catene potremo avere una possibilità di liberarci”. La politica, l’economia e la cultura cercano di ottenere dagli uomini la piena adorazione; sta al credente smascherare questa pretesa. Siamo noi che dobbiamo trovare il modo di mettere insieme le nostre capacità per diminuire questo potere e trovare una via democratica e orizzontale.
Una profonda rivoluzione è auspicata anche per l’economia nel suo complesso: abbiamo bisogno di “cambiare modello di sviluppo globale”. Due sono le sfide che si possono evidenziare: la prima è ripensare il profitto. “Il principio della massimizzazione del profitto che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia…”.
Occorre, inoltre, riflettere sul lavoro e sulla centralità della persona in ogni decisione economica. La realtà sociale di oggi esige che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro. Tutti i decisori dell’economia devono, per ricoprire nuovamente il loro vero ruolo nel mondo di oggi, recuperare il senso profondo dell’economia che è solo un mezzo, certo uno dei più importanti, per costruire il bene comune. Occorre, quindi, ripensare radicalmente il mercato, affinché sia un mezzo per creare il bene comune.
Troppi sono i suoi fallimenti e sappiamo bene che non è adeguato ad affrontare i temi della giustizia sociale e dell’ambiente. “La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica…”. Il denaro non sia solo gestito per ottenere rendite, ma per generare un vero sviluppo che tocchi la vita dei più poveri.
Una ulteriore frontiera di riflessione e prassi che ci consegna papa Francesco – ha rimarcato il relatore – è quella sulla valutazione della proprietà privata. “Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una regola d’oro del comportamento sociale e il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale”. Perché è necessaria questa riflessione? “L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza agli altri”. Ripensare ai beni nell’ottica del comune consente di operare una vera rivoluzione, creando le prospettive per una società più equa.
Nell’Enciclica – ha proseguito Don Prodi – esiste un luogo di guarigione: sono i poveri. Partire dai più poveri è l’approccio sociale che deve integrare la questione giustizia con l’ambiente. Di fronte all’inequità planetaria che sempre più avanza, per noi credenti in Gesù questa dovrebbe diventare prassi operativa.
Queste sfide ci possono realmente portare all’obiettivo che ha in mente il papa: la fraternità universale. Partendo dal creato, vissuto come dono radicale di Dio per ogni uomo, possiamo camminare verso questa bellissima meta, mettendo al centro le relazioni che riempiono e danno senso alla nostra esistenza. Il mondo è la nostra casa comune e noi dobbiamo fare dell’interdipendenza reciproca una leva positiva per costruire sentieri di sviluppo. “L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, a un progetto comune”.
Per arrivare a costruire la nuova umanità occorre seguire alcune indicazioni che la “Laudato si’” ci consegna. Nel capitolo VI, Educazione e spiritualità ecologica, leggiamo: “Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti… Emerge così una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione”.
Occorre profondamente lavorare sulla libertà dell’uomo e su come essa viene usata: l’ambiente naturale e ambiente sociale hanno ferite, tutte causate dal “medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidano la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti”. È questo senso di onnipotenza che genera sempre grande fatica. “Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini”. La libertà dell’uomo viene liberata solo attraverso un futuro che si proietti verso altissime mete e valori.
“Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale”. Ma tale processo non può neppure iniziare se mancano alcuni elementi decisivi:
• Occorre considerare gli aspetti etici e recuperare il pensiero critico capace di “smascherare”.
• Occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio…” (LS 135).
• Occorre una profonda formazione delle coscienze (LS 214).
• Occorre saper prestare attenzione alla bellezza (LS 215) e lasciarsene incantare.
• Occorre una conversione ecologica che sia del popolo (LS 219), una speciale capacità di cura che sappia attraversare tutte le dimensioni della vita.
• Occorre uno stile di vita profetico e contemplativo (LS 222). Lo stile di vita nuovo deve anche essere concreto e misurabile, capace di incidere su ogni livello, dalle piccole cose quotidiane fino ai macrofenomeni.
• Occorre saper recuperare la logica del dono. “L’ambiente si situa nella logica del ricevere. È un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva” (LS 159).
• Occorre coltivare le virtù per rendere possibile la donazione di se (cf LS 211).
• Occorre sviluppare tutte le potenzialità della parola cura. “La cura per la natura fa parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha insegnato che abbiamo Dio come Padre nostro comune e che questo ci rende fratelli” (LS 228) e ci chiede di avere cura gli uni degli altri. Avere cura è continuare la sua creazione.
La strada è lunga e difficile e va perseguita con speranza, certi che il Signore ci vuole condurre verso questa nuova Gerusalemme.
A cura di Argia Passoni