becchettiSe il conflitto tra preoccupazioni sulla salute e paradigma di sviluppo insostenibile è finalmente arrivato al pettine vuol dire che veramente è scoccata l’ora del cambiamento.
I reportage sulla Milano a piedi letti sui media echeggiano un senso di straniamento di chi si trova ad una fermata dalla quale si saluta un vecchio modello di sviluppo e si parte per una nuova meta ancora sconosciuta.
Assieme all’inattesa percezione che rallentando del 10% i nostri ritmi insostenibili di vita la soddisfazione e il senso della stessa aumentano e non diminuiscono. Resta però nei commentatori la preoccupazione di come rallentare senza decrescere, come risolvere il problema della sostenibilità ambientale e della sfida alla salute senza far crollare la capacità di creare occupazione e la sostenibilità finanziaria del nostro paese.
Per risolvere il dilemma ci vuole innanzitutto una risposta culturale prima che economica, la risposta che definirei della “ricca sobrietà” che è il paradigma che lascia intravedere quella miniera di spunti che è l’enciclica Laudato Si. Il brano illuminante che ho in mente per spiegare tale concetto è il seguente.
È importante accogliere un antico insegnamento, presente in diverse tradizioni religiose, e anche nella Bibbia. Si tratta della convinzione che “meno è di più”. Infatti il costante cumulo di possibilità di consumare distrae il cuore e impedisce di apprezzare ogni cosa e ogni momento. Al contrario, rendersi presenti serenamente davanti ad ogni realtà, per quanto piccola possa essere, ci apre molte più possibilità di comprensione e di realizzazione personale.
La spiritualità cristiana propone una crescita nella sobrietà e una capacità di godere con poco. È un ritorno alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose, di ringraziare delle possibilità che offre la vita senza attaccarci a ciò che abbiamo né rattristarci per ciò che non possediamo. Questo richiede di evitare la dinamica del dominio e della mera accumulazione di piaceri (Laudato Si’, 222).
La ricca sobrietà è la risposta sul piano individuale e degli stili di vita al paradosso di una decrescita aggregata impossibile e controproducente a fronte di una decrescita settoriale urgente ed improrogabile (l’uscita dalle fonti fossili). Risposta individuale che rappresenta il sostrato fondamentale della soluzione che non potrà arrivare soltanto da editti e regole pubbliche seppur necessarie (quale “grande fratello” controllerà se chiudiamo il rubinetto mentre ci laviamo i denti?). e non potrà essere apprezzata e condivisa se intesa solo in senso penitenziale e non come opportunità di aumentare la ricchezza di senso della nostra vita.
Se restiamo sulla monodimensionalità dell’homo oeconomicus per il quale l’utilità/felicità aumenta solo se si consuma di più non ne usciamo e restiamo su un binario che non può non produrre sazietà, nausea ed infelicità come esito finale. Dobbiamo pertanto passare da “bilanci di giustizia” dove semplicemente riportiamo la riduzione dei consumi a “bilanci di ricchezza di senso” dove impariamo ad aumentare la nostra efficienza intesa come aumento di senso e soddisfazione di vita a parità o riducendo il consumo di risorse naturali e di beni materiali.
Ci aiutano in questo oltre all’enciclica i risultati degli studi sulla soddisfazione di vita in tutto il mondo che ci dicono che i fattori fondamentali per la nostra soddisfazione sono molto meno materiali di quello che pensiamo (qualità della vita delle relazioni, generatività). Viene in mente anche il famoso discorso di Kennedy quando ricordava i tantissimi fattori fondamentali per la ricchezza di senso della nostra vita e invisibili al PIL (onestà, arguzia, intelligenza dei nostri dibattiti, solidità dei nostri legami familiari, onestà dei pubblici dipendenti, giustizia dei tribunali,..).
Checchè ne dicano tanti stucchevoli messaggi pubblicitari la nostra ricchezza non dipende da quanti oggetti accumuliamo in casa ma da come le nostre idee ed azioni hanno migliorato la vita degli altri. E la seconda via verso la ricchezza è ecologicamente molto più sostenibile. E ci aiuterà a capire che avremo di fronte un’opportunità e non una tragedia quando finalmente i comuni italiani ci imporranno la ristrutturazione energetica degli appartamenti, il passaggio ad una nuova generazione di automobili e caldaie ecologicamente sostenibili e ad un nuovo modello di mobilità urbana, capiremo.
L’ottica della ricca sobrietà ha dunque il fondamentale vantaggio di sfuggire al dilemma tra crescita e sostenibilità ambientale. E se impariamo ad approfondirla ci aiuterà a dematerializzare il PIL costruendo nuove società dove la creazione di valore, economico e non, rispetta i vincoli della sostenibilità finanziaria, sociale (piena attività e/o piena occupazione) ed ambientale.

Dal Blog di Leonardo Becchetti,
Docente di Economia Politica Università di Roma Tor Vergata