Scuola di Pace, Frate Jacopa, Roma 3-5 gennaio 2014
A cura di Argia Passoni
La Scuola di Pace, nella Sessione di gennaio presso Casa Frate Jacopa, ha posto al centro dell’attenzione il Messaggio per la 47ª Giornata Mondiale della Pace “Fraternità, fondamento e via per la pace”.
In un mondo sempre più segnato dall’anonimato e dalla inequità, l’invito pressante ad incamminarci da ogni angolo della terra con più decisione sulle vie della giustizia e della pace – ci dice Papa Francesco – si può realizzare solo incarnando il Vangelo della fraternità, quella fraternità che, come ci viene ricordato, è principio ontologico della persona e principio architettonico della società, con tutte le implicazioni che questo comporta. Non è possibile l’idea stessa della pace senza sentirsi unica famiglia umana; non è possibile l’idea stessa del bene comune se all’origine di tutto non c’è la fraternità, se non c’è una paternità generatrice di fraternità, se non si pone a monte il rispondere di quella verità comunionale che riguarda l’intera umanità.
La Scuola di Pace si è aperta al Convento di S. Francesco a Ripa per incontrare P. Domenico Domenici, responsabile di una comunità di accoglienza di persone di 15 nazionalità diverse, che hanno in comune il dramma della strada, del carcere, dell’essere stati “scartati”. La sua testimonianza “Fraternità: rigenerazione delle relazioni, rigenerazione della persona” ha messo in evidenza come a partire dal credere nell’altro, nel bene che è in ogni altro nonostante tutto, dal dare fiducia all’altro, possa nascere il miracolo della ricostruzione della persona.
La relazione fraterna abbatte i muri e sostiene il passaggio dalla violenza a progetti di vita; è un’esperienza intensa, difficile, ma gioiosa per il risanamento che produce sia nella persona in difficoltà, sia nella vita di chi offre la mano, aprendola alla bellezza della reciprocità (cf. Sintesi incontro con P. Domenici in “Il Cantico” on line febbraio 2014).
In questo clima di testimonianza si è innestata la riflessione magistrale di S.E. Mons. Mario Toso, Segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, sulla “Fraternità, fondamento e via per la pace”, che ha messo in luce tutta la portata risanante della fraternità come fondamento antropologico della pace e come principio architettorico della società (cf. Pubblicazione della relazione in “Il Cantico” on line febbraio 2014) e ha prospettato percorsi di inveramento della fraternità nella complessa e poliedrica situazione attuale. Dando spessore all’ansia missionaria insita nel Messaggio per la Pace letto alla luce della Evangelii Gaudium, Mons. Toso, dopo aver evidenziato la valenza pastorale e culturale del Messaggio, ha posto l’attenzione alla sua valenza sociale, declinando i vari campi in cui come cristiani siamo tenuti a portare il lievito della fraternità, passando dalla famiglia domestica alla famiglia dei popoli:
1. Fraternità e globalizzazione, per ricostruire quei legami sociali che la globalizzazione recide favorendo lo sradicamento, omologando le diversità, alimentando la cultura dello scarto. La fraternità può salvare da un progetto globalizzante che uniforma tutto, nonché da un relativismo che atomizza e depersonalizza, rilanciando progetti che si radichino sulla tensione al bene comune;
2. Fraternità e destinazione universale dei beni, dal riflettere sulle modalità e priorità di uso delle risorse della terra all’acquisire nuovi paradigmi su un modo di consumare e produrre;
3. Fraternità e stato di diritto: a fronte dello smantellamento sistematico dello stato sociale, la fraternità ci dice di amare l’altro nella sua identità e nei suoi diritti e doveri fondamentali ed aiuta a contestare le odierne posizioni secondo le quali i contesti di crisi economica possono essere contrastati prevalentemente a prezzo della riduzione dei diritti sociali;
4. Fraternità e democrazia samaritana. Una democrazia che non passi oltre e si faccia carico dell’altro, può essere alimentata solo dalla fraternità; il suo ruolo è decisivo nel rifondare la democrazia rappresentativa partecipativa, inclusiva, che non lascia a terra i più deboli, che anzi vanno aiutati a portare il loro apporto al bene comune;
5. Fraternità, economia e finanza. La fraternità può sospingere l’economia e la finanza a ritornare ad essere amiche dell’uomo, smascherando le false ideologie che hanno portato economia e finanza ad asservire l’uomo invece che a servirlo.
È un ampio campo di verifica della nostra fede il tentare di vivere da fratelli: la sfida di riscoprire e trasmettere la mistica del vivere insieme, avendo “l’inquietudine” di rispondere della dignità di ogni uomo.
Ed è un appello a “guarire”, crescendo anche nella consapevolezza che la fraternità non è un irenismo, non è un fatto consolatorio. Occorre liberarci da una visione riduttiva della fraternità per aprirci all’orizzonte di quanto la Evangelii Gaudium ci dice sulla coscienza sociale cristiana. “Se non ascolto il grido del povero”, dice il Papa, se accetto teorie che propongono e promuovono sistematicamente una cultura dello scarto, “io sono fuori del progetto del Padre” (cf. EG 187). Questa “inquietudine” dell’ascoltare il grido del povero ci proietta in un impegno fattivo, amoroso di fraternità, che dal prenderci cura personale ed ecclesiale, arrivi ad esprimersi in cittadinanza attiva, sentendo il debito di fraternità verso il mondo.
Una forte convergenza a questi obiettivi è venuta in evidenza anche dalla appassionata relazione sul versante civile proposta dal Dott. Rosario Lembo, presidente del Comitato Italiano del Contratto Mondiale dell’Acqua su “Diritti umani, fondamento di una convivenza pacifica”. Il Dott. Lembo, partendo dal presupposto che la fraternità è una parola chiave per invitare anche altri ad impegnarsi per la pace, ha proposto una lettura della fraternità nei principali documenti che hanno portato all’affermazione dei diritti umani. La fraternità però, a differenza dei valori di libertà e di uguaglianza (che hanno avuto una implementazione pratica in tutte le democrazie) non risulta sia stata praticata e promossa, anzi risulta emarginata. Secondo il relatore, proprio per contrastare questo clima di indifferenza laicale (determinato da devianze etiche e post-illuministiche) questo richiamo del Papa alla fraternità presente nel cuore di ogni uomo – e quindi di tutti i componenti dell’umanità – è un elemento di innovazione nella strategia del Magistero della Chiesa per costruire percorsi di pace.
La concretizzazione della pace e dei diritti umani, dal dopoguerra ad oggi, si è strutturata – ha aggiunto il relatore – attraverso due importanti strumenti di diritto internazionale: l’Onu e la Dichiarazione Universale dei Diritti umani (1948). Oggi l’avvento della globalizzazione e l’espropriazione della sovranità nazionale da parte dei mercati globali con il predominio dei mercati finanziari, hanno sancito in qualche modo la fine del ruolo delle Nazioni Unite. Rimane il pilastro della Dichiarazione Universale dei Diritti umani che ha introdotto un forte contenuto etico e universale con l’affermazione che “tutti gli esseri umani nascono liberi e eguali in dignità e diritti… Essi devono agire gli uni verso gli altri con spirito di fratellanza”.
I “diritti fondamentali” inerenti alla persona umana sono “inviolabili”, “inalienabili” e “imprescrittibili”; il legislatore “li riconosce” ma non li “attribuisce” né tanto meno li “crea”, come avviene per i “diritti soggettivi”. In ogni persona risiede quindi in via originaria la sovranità rispetto ai diritti umani: in ciascuna persona “pro quota”, nei popoli e nella famiglia umana, universale (umanità) “in toto”.
Se c’è questa sovranità in ognuno di noi, la democrazia non può che essere una democrazia a tutto campo non solo rappresentativa, ma partecipativa, che é chiamata ad includere per sua natura. Una architettura questa lucidamente riconosciuta dalla Chiesa.
Ma i diritti umani oggi sono veramente universali? Si è chiesto il relatore. Di fronte all’erosione sempre più grave di diritti umani fondamentali, da dove ripartire? Quali le autorità di riferimento? Sul terreno della dignità umana, della persona umana titolare di sovranità, si può coniugare la dimensione della fraternità in un cammino che porti a definire nuove modalità con cui declinare i rapporti. C’è bisogno di estendere la mobilitazione a difesa della pace alla intera famiglia umana, perché questa famiglia umana innanzitutto venga riconosciuta anche dalla comunità e dal diritto internazionale. Il paradigma dei diritti umani si associa così allo sforzo di ripensare le nostre istituzioni perché i diritti umani nel contesto attuale richiedono una nuova visione di statualità affinchè la governance dei beni fondamentali non sia in mano ai portatori di interessi. E tutto questo esige l’imparare a coniugare la dimensione di fede con la cittadinanza, vivendo il farsi prossimo non solo in termini di esistenza e di testimonianza, ma associando il nostro essere fratelli all’essere cittadini, La conclusione del relatore è stato un invito accorato, a trovare – a partire dalla dimensione trascendente della fede – le modalità con cui contaminare e coinvolgere ogni altro per rispondere della fraternità quale statuto della persona umana e dell’umanità (Per un approfondimento si rimanda alla pubblicazione integrale della relazione sul prossimo numero del Cantico).
Uno spazio di concretizzazine davvero interessante in ordine ai diritti umani è stato poi proposto attraverso la seconda relazione del Dott. Lembo riguardo al diritto al cibo “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”, che è possibile visionare nelle pagine a seguire.
Come è emerso dalle conclusioni aperte dalla relazione di p. Lorenzo Di Giuseppe “Stilidi vita. Quali scelte fraterne per il farsi della pace?”, la Scuola di Pace ha riportato fortemente in presenza l’interpellanza a riconoscere la vocazione profonda della fraternità seminata nel cuore dell’uomo e dell’umanità.
È una chiamata a conversione per rispondere del dono della fraternità come compito di custodia dell’umano; una chiamata a mobilitarci con perseveranza e umiltà perché la fraternità, cifra della condizione umana, possa diventare nei fatti via di realizzazione della pace. E abbracciare ogni ambito della vita sociale, politica, economica, affinché ogni dimensione possa essere risanata dalle ferite inferte da un individualismo corrosivo della dignità della persona umana e del bene comune, in quella globalizzazione dell’indifferenza e del sopruso che sta sempre più contrassegnando il nostro tempo.
L’esigenza di costruire il “noi” ecclesiale per aprirci, nella logica della interdipendenza e della reciprocità, alla edificazione del “noi” sul piano sociale e civile, ci pone in cammino dando nuovo spessore all’assunzione di nuovi stili di vita per un nuovo vivere insieme, nella consapevolezza che alimentare il fermento per una cittadinanza inclusiva di ogni uomo e di ogni popolo, è parte integrante della nostra fede. Il passaggio dalla semplice dimensione di fede al farne alimento di una cittadinanza responsabile è parte integrante dell’essere nel mondo come figli di uno stesso Padre secondo lo stile della fraternità.
In tal senso la Scuola di Pace si è conclusa con l’adesione alla Campagna della Caritas Internationalis contro la fame “Una sola famiglia, cibo per tutti” condividendone profondamente le motivazioni, per fare un passo ulteriore nella concretizzazione di uno stile di vita più fraterno e solidale e nella sensibilizzazione il più ampia possibile, affinché la logica dell’indifferenza e dello scarto possa essere contrastata dalla logica della condivisione e della fraternità. Nei punti chiave della Campagna presentati dal Card. Mariadaga (Presidente della Caritas Internasionalis) ritroviamo sottolineato un aspetto di grande rilievo: “l’importanza di incoraggiare tutti non solo a non voltare gli occhi verso i poveri, ma a diventare strumenti di una cittadinanza più responsabile”. Questa Campagna ha in sé il collegamento tra il discorso degli stili di vita, la fraternità che si apre all’altro e che nel confronto con il più largo ambito ecclesiale, si pone in tensione di risposta su ciò che dobbiamo sentire come scandalo, lo scandalo della dignità negata per tanta parte dell’umanità, una parte del mondo che se non ha altri fratelli che si prendono cura di loro, non avrà la forza per poter cambiare le cose.
E non è un caso che, sia nel Documento della Campagna contro la fame sia nella Evangelii Gaudium, la richiesta di farsi appello per chi non ha voce, sia al centro. È uno stimolo ulteriore a operare per umanizzare la convivenza umana a partire da ciò che è fondamentale.
Pubblichiamo l’intervista rilasciata da S.E. Mons. Mario Toso a Radio Vaticana in occasione della Scuola di Pace, che compendia punti fondamentali dell’alta riflessione svolta sul Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, e la relazione del Dott. Rosario Lembo “Una sola famiglia umana, cibo per tutti”. A completamento degli importanti contributi emersi, nel prossimo Cantico on line seguirà la pubblicazione della seconda relazione del Dott. R. Lembo “Diritti umani, fondamento di una convivenza pacifica”.