Predazzo, 26-30 agosto 2024
Pubblichiamo la sintesi del Convegno Nazionale accompagnandola con viva riconoscenza al Comune di Predazzo per il Patrocinio dato all’incontro, arrivato ormai alla sua dodicesima edizione, nella gioia della preziosa relazione con la comunità civile ed ecclesiale.
Il Convegno, che si pone in raccordo col grande tema della pace proposto nell’edizione dello scorso anno (Passi di pace per rigenerare spazi di vita), è disponibile integralmente per le quattro giornate sulla pagina youtube Fraternità Francescana Frate Jacopa.
Il Convegno si è aperto nell’Aula Magna del Comune di Predazzo con il saluto di accoglienza del nuovo Sindaco, Sig. Paolo Boninsegna, recentemente nominato a seguito dell’incarico a livello provinciale del Sindaco precedente, dott.ssa Maria Bosin. Nella gratitudine per la continuità di attenzione espressa da Argia Passoni FFFJ, moderatrice del Convegno, la parola è stata data al Parroco Don Giorgio Broilo per la lettura del Messaggio di S.E. Mons. Lauro Tisi, Arcivescovo di Trento, impegnato in un contemporaneo evento in cammino con i giovani al Santuario della Verna per l’anniversario degli 800 anni del carisma francescano.
Alle preziose parole di Mons. Tisi, che hanno posto l’incontro in un orizzonte di luce, ha fatto seguito l’introduzione al Convegno di Argia Passoni con alcune considerazioni che hanno richiamato la Fraternità Francescana Frate Jacopa ad incentrare il Convegno sul tema “Al cuore della democrazia per il bene comune della pace”.
La 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia – ha sottolineato Passoni – è una chiamata a farci carico della complessità del tempo presente, dove molte sono le sfide da accogliere, dalla crescita delle disuguaglianze con tutto ciò che questo comporta di drammatiche condizioni di vite scartate in ogni parte del mondo per il predominio di una economia predatoria. Emerge il dramma delle esclusioni economiche e sociali, illegalità, corruzione. Le sfide dell’accoglienza per chi è costretto a migrare, le sfide della transizione ecologica. Fino all’aumento della conflittualità sociale e tra i popoli e della guerra che domina lo scenario internazionale, con società sempre più polarizzate, arrivando ad intravvedere la formazione di due blocchi: l’occidente da un lato e il costituirsi dall’altra parte il resto del mondo.
Dunque occorre più che mai appassionarci al bene comune dell’intera famiglia umana, chiamata ad incarnare uno stile inclusivo di unità nelle differenze: una tessitura di fraternità determinante per il futuro. E tutto questo passa dalla grande sfida di riqualificare la democrazia.
Trieste ha reso evidente l’urgenza di porre mano ad un risanamento della politica. Ha chiamato in causa tutti a porsi in azione riflettendo su cosa significa democrazia e cosa comporta. In particolar modo ha chiamato i cristiani a rendersi conto del dono ricevuto con la fede che non possiamo ridurre ad un fatto privato.
Ha evidenziato la necessità e la bellezza di poter rivitalizzare la nostra vita in un discernimento alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, così da far circolare con la vita il nostro impegno, il nostro interesse accanto ad ogni altro uomo e donna impegnati in questa direzione. Ha messo in evidenza la bellezza della edificazione reciproca, avendo a cuore il futuro del continente e la convivenza pacifica tra i popoli della terra.
La carità politica esige di intraprendere strade che dalla città al mondo ripropongano la destinazione universale dei beni con la cura per il futuro, la cura per gli scartati del pianeta, facendosi carico insieme della complessità dei problemi. Ne va della vita, della dignità di persone che hanno diritto di essere custodite in ogni angolo della terra Questi giorni – ha concluso Passoni – saranno davvero importanti per meditare e riorientare il nostro cammino, accompagnati nelle quattro giornate da esperti straordinari e al tempo stesso testimoni con la propria vita di questo impegno costante.
RIGENERARE LA DEMOCRAZIA
S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza Modigliana, a partire dalle sfide del presente, ha proposto una lezione magistrale, indicando le coordinate per poter rigenerare la democrazia. Occorre più che mai appassionarsi al bene comune. È quindi determinante per il futuro una tessitura di fraternità che ponga la comunità umana al centro. Abbiamo bisogno di rigenerare la democrazia a livello nazionale, europeo, mondiale, di fronte ad una crisi profonda che non riguarda solo il piano delle istituzioni, ma investe anche la sua anima etica e culturale. Non sappiamo più cosa sia il bene comune, la persona, la sussidiarietà, l’ecologia integrale che è una parte dell’ambiente ma ci vuole la cura della persona per rispettare l’ambiente. E bisogna riflettere sulla questione del rapporto dei cattolici in politica – ha sottolineato Mons. Toso. Non impegnandosi direttamente in politica è difficile rimuovere le cause dei mali sociali relativamente al bene comune, alla giustizia sociale, alle disuguaglianze. E preparare anche istituzioni di pace. Occorre superare la diaspora a livello politico se non vogliamo essere analfabeti di democrazia. La vera democrazia ci fa cercare il bene comune di tutte le persone, dall’io al noi secondo una circolarità che alimenta lo spirito democratico sul piano personale e comunitario, mentre questo nostro tempo è stato definito “post democrazia”, vale a dire una democrazia senza cittadini, connotata da una progressiva distanza tra elettori e rappresentanti, a fronte di partiti che diventano schiavi di logiche di coalizioni, anziché essere costanti canali di comunicazione.
La crisi della democrazia non è crisi solo delle istituzioni – ha proseguito Mons. Toso – ma anche della sua anima etica e plurale. Se vogliamo far rinascere il sogno della democrazia c’è bisogno di investire in formazione, diventando più coscienti che a livello di società civile curiamo gli effetti dei mali sociali, ma è solo con un passo successivo di impegno politico che possiamo curare le cause dei mali sociali, della povertà, della pace, del lavoro, della tutela dei diritti, della tutela socio culturale dei migranti. Prima ancora di essere una forma di governo, la democrazia è espressione di un contesto socio culturale.
Siamo interpellati a ritornare ai mattoni fondativi, per non essere più analfabeti di democreazia, come ha ben indicato il Presidente Mattarella richiamando alla Costituzione e come ha ricordato il Papa, evidenziando il tesoro della Dottrina Sociale della Chiesa. La DSC ci offre un metodo di discernimento per leggere la realtà alla luce del Vangelo, ma senza una cura profonda e continua siamo incapaci di ritradurla in linguaggio politico. La vera democrazia non è per pochi, è per tutti e include soprattutto i più deboli. Una democrazia rigenerata – ha concluso il Vescovo – fa leva sulla fraternità.
Se non si coltiva la fraternità c’è la contrapposizione, la violenza. È indispensabile formare con continuità alla grande politica che ha bisogno dell’amore politico, che ci fa amare e cercare il bene comune di tutte le persone in una circolarità dall’io al noi che alimenta la comunione delle persone e dei popoli del mondo.
La vera carità politica non è quella che promuove strategie di contenimento e forme di assistenzialismo, ma quella che promuove la dignità delle persone. E a questo possiamo arrivare solo coltivando una spiritualità incarnata, una fede autentica fino al dono di sé. Esemplare la lezione dei Padri costituenti, senza mai dimenticare che è stata preceduta dal grande evento di Camaldoli, reso possibile da una profonda formazione cristiana, orientata al servizio della dignità ineludibile dell’umanità.
“TUTTI FRATELLI PER L’ECOLOGIA INTEGRALE” PROGETTO FOCSIV E TESTIMONIANZE DI VOLONTARIATO DELLA COMUNITÀ DI PREDAZZO
Incontro davvero proficuo l’aver parlato di progettazione dal punto di vista della fraternità mondiale col Progetto Focsiv e dal punto di vista della comunità locale con la testimonianza del Comune di Predazzo, che ha radici antiche nel pendersi cura del bene di tutti a partire dalla Magnifica Comunità di Fiemme. Molto interessante è stato anche interrogarsi su quanto l’esperienza della partecipazione internazionale può offrire alla partecipazione nelle nostre realtà. C’è sempre da generare un noi in cui tutti possano esprimersi e contribuire. Il metodo usato dalla cooperazione internazionale nella presa di coscienza dei problemi, l’abituare ad interrogarsi, a trovare insieme percorsi nell’ascolto reciproco è apparso particolarmente illuminante anche per le nostre realtà associative e di Caritas.
Focsiv, in collegamento con Accri Trento e Trieste, attraverso la presentazione dei suoi progetti volti alla giustizia sociale. economica e ambientale, ha proposto la bellezza dell’ascolto e dell’edificazione reciproca, avendo a cuore il futuro del continente e la convivenza pacifica tra i popoli. Kamini vicentini, responsabile Accri di Trento, ha parlato della cooperazione internazionale come strumento di costruzione della democrazia tra i popoli e attenta ai diritti dell’uomo, avendo come riferimento il punto cardine della educazione alla cittadinanza globale.
Focsiv, la Federazione di cui Accri fa parte, è tra le formazioni più importanti del Terzo settore. Ha lo scopo di promuovere una cultura della mondialità e della cooperazione internazionale e si ispira ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa, avendo specialmente in Laudato si’ e Fratelli tutti riferimenti programmatici e operativi. L’intento è mettersi a servizio delle popolazioni più svantaggiate e fragili, per una democrazia attenta a livello globale ad uno sviluppo umano sostenibile, lottando contro le ingiustizie, nella difesa dei diritti umani.
Una metodologia per guardare insieme ai nostri partner – ha sottolineato Kamini – nei vari paesi in cui ci troviamo a lavorare insieme partecipando ad un confronto anche politico per costruire democrazie locali.
La Guida Focsiv racchiude 13 progetti tra i tanti portati avanti in più di 80 paesi nel mondo (Africa, America Latina e Asia). Solo attraverso il far conoscere alle persone ciò che succede nella nostra casa comune possiamo anche tenerne conto nelle scelte politiche delle nostre realtà. Così possiamo trovare obiettivi condivisi, nella tutela dei diritti umani, della natura e dell’ambiente sulla base di relazioni sociali fraterne attenti alle risorse e alle peculiarità del territorio, coniugando tecniche con la valorizzazione dei saperi locali.
Accri, attiva in parecchi paesi africani e in Bolivia, caratterizza il proprio approccio come empowerment di comunità, agendo come facilitatori di processi nel costruire relazioni, conoscere le dinamiche sociali, locali, e quindi decidere insieme le azioni da intraprendere.
La guerra dell’acqua a Cochabamba ha visto un particolare impegno anche di Accri Trieste a partire dall’accompagnamento del missionario salesiano Mons. Tito Soleri. Ne ha parlato Alice Liani (Accri Trieste) volontaria in Bolivia per diversi anni. Nella guerra dell’acqua il popolo si è fatto particolarmente sentire per fondamentali esigenze. Recentemente è sancito dalla Costituzione che tutti possono avere l’acqua potabile. La Costituzione boliviana 2009 incorpora anche il concetto del “vivere bene”, che enfatizza l’armonia con la madre terra e la giustizia sociale e ambientale. E promuove la democrazia partecipativa, chiamando la popolazione a partecipare ai processi locali. Assieme ad esempi ben funzionanti, ci sono ancora tante sfide, reti idriche inadeguate soprattutto nel contesto rurale, l’acqua in gran parte non è potabile e l’andamento climatico sta acuendo il problema. È stato istituito un tavolo non solo tecnico, composto da partner istituzionali, cooperatori dei settori pubblici, ma anche sociali. Stando accanto come facilitatori, l’accompagnamento ha dato credibilità all’azione, di cui sono diventati protagonisti i locali.
La testimonianza della Comunità di Predazzo è stata proposta dall’Assessore alla cultura Dott.ssa Leonilde Sommavilla, ringraziando per la possibilità di riflettere sul tema volontariato, in un contesto ricco di espressioni di volontariato, Basti pensare ai 5.000 volontari di Trento e ai tanti volontari nella stessa Predazzo. I Vigili del fuoco sono tutti volontari con tantissimi giovani. C’è qualcosa che accomuna tutte le associazioni, perché alla base c’è un valore, la solidarietà, tanto importante da essere nella Costituzione. Il volontariato spinge verso un’attenzione alla comunità e ai suoi bisogni. Ho scelto allora – ha sottolineato l’Assessore – di raccontare una associazione di volontariato in cui da sempre si esprime la vicinanza, il farsi carico, il sentirsi parte di una comunità. E’ l’esperienza della “Ospitalità Tridentina” ideata dalla Sig.ra Giacomelli agli inizi degli anni 1990, quasi come costola di Unitalsi nota per i viaggi a Lourdes. Proprio in uno di quei viaggi Giacomelli aveva provato senso di unione e di fratellanza. E da lì è iniziata questa iniziativa di accompagnamento. Il gruppo di Predazzo, che oggi conta 30 volontari, si è avvicinato sempre più anche ai bisogni di altre persone della comunità, quali gli anziani in casa e nelle case di riposo; i malati, provvedendo anche a presidi medici. Certamente tanto si può fare anche partendo dalla propria quotidianità l’incentivo che sicuramente è da ricevere è di non dare nulla per scontato. È una riflessione da portare avanti per alimentare la reciprocità tra le associazioni, i gruppi di volontariato, la comunità e le persone che lavorano a livello comunale. E per portare avanti l’aspetto educativo, che pure qui in Predazzo ha avuto riscontri interessanti (basti pensare a quanto testimoniato in passate occasioni riguardo al lavoro promosso nelle scuole offrendo legami con progetti nazionali e internazionali riguardo all’ambiente, e ancora non è da sottovalutare l’aiuto di giovani aspiranti geometri che hanno collaborato all’allestimento della nuova Biblioteca). L’occasione di “Trento capitale del volontariato” si presenta come occasione importante per dare voce al fare massa critica, facendo sentire la voce del volontariato.
PARTECIPAZIONE: UNA POLITICA NON SOLO “PER TUTTI” MA “DI TUTTI”
Il Dott. Edoardo Patriarca, già Senatore della repubblica, Presidente ANLA, ha proposto l’argomento articolandolo in tre passaggi, ridando senso profondo al tema della partecipazione a partire dalla Costituzione, dove i Padri costituenti hanno delineato una democrazia partecipata di corresponsabilità e coesione sociale, una “incompiuta” affidata a tutto il corpo sociale. La partecipazione è emersa come vero elemento fondativo della nostra Costituzione, in cui si evidenzia come anima il principio di fraternità. Un secondo passaggio della riflessione chiama tutti a leggere la realtà di oggi per mantenerci resistenti rispetto al processo di verticalizzazione vertiginosa in atto, rinnovando l’impegno a costruire partecipazione.
Il terzo e ultimo passaggio ha centrato l’attenzione sull’ambito locale, l’ambiente più adeguato in cui costruire partecipazione a partire dal basso, nel concreto dei legami di fraternità e di rapporti capaci di supportare il diritto di resistenza come modo di vivere la vita nella società civile. La partecipazione non è solo un modo di stare insieme: è tesa a costruire bene comune, di comunità, mettendo in atto un rapporto vero ed efficace di reciprocità tra mondo dell’associazionismo e politica, imparando a divenire capaci di fare massa critica.
Ne troviamo un interessante riscontro nelle parole del Papa a conclusione della Settimana sociale: “La democrazia è ambito di uno dei valori grandi e indubitabili, quello dell’essere ‘insieme’, del fatto che l’esercizio del governo avviene nell’ambito di una comunità che si confronta liberamente e laicamente nell’arte del bene comune”. Insieme è sinonimo di partecipazione: i problemi che abbiamo davanti sono di tutti e riguardano tutti. La vita democratica esige di discuterne insieme per poter trovare insieme una soluzione. Non si può infatti eliminare la dimensione relazionale. È proprio nella parola partecipazione che troviamo il senso di cosa sia democrazia La democrazia domanda di rischiare il confronto facendo entrare nella questione i propri ideali. Tante le questioni sociali sulle quali siamo chiamati ad interagire: un’accoglienza intelligente che integra persone migranti, la scelta di un’autentica politica per la pace, che mette al primo posto l’arte della negoziazione e non la scelta del riarmo, in modo che possa scaturire un impegno più coerente per la vita democratica pienamente partecipata e finalizzata al vero bene comune.
Nel ritrovare la strada di una democrazia sostanziale, come non rifarsi all’intelligenza dei Padri fondatori della nostra Costituzione che, forti di una formazione profonda dal punto di vista culturale, ma anche sociale e legata alla Dottrina sociale della Chiesa, seppero aprirsi a costruire insieme ad altre realtà, ad altri partiti, i pilastri della nostra Costituzione?
PER UNA CAMALDOLI EUROPEA… DEMOCRAZIA É IL FUTURO
Il Prof. Ernesto Preziosi, storico dell’Università cattolica, già direttore dell’Istituto Toniolo nonché direttore di “Argomenti 2000”, profondo conoscitore dell’apporto dei cristiani alla politica e in specifico del contributo francescano, ha aperto l’incontro avvicinandoci all’evocativo titolo “Per una Camaldoli europea … Democrazia è il futuro”. A Camaldoli infatti nel luglio 1943 c’è stato un episodio importante e nel luglio 2023 è stato celebrato l’anniversario con la partecipazione del Presidente dei Vescovi italiani e del Presidente della Repubblica. Da quel contesto è emersa la sfida di celebrare a Trieste la 50^ Settimana sociale dei cattolici in Italia, mettendo a tema “Al cuore della democrazia” nella preoccupazione di ciò che stava accadendo alla democrazia, per un approccio culturale ai problemi e l’individuazione di temi importanti per il futuro.
Il primo germe di Camaldoli si ha nel 1943 quando un gruppo di laureati dell’area cattolica provenienti dall’Università Cattolica di P. Gemelli, dalla Fuci, dall’ICAS si incontrano e mettono a tema alcuni argomenti di riflessione sociale. Pochi mesi dopo finisce formalmente la dittatura fascista: “si apre una strada …”. Il Codice di Camaldoli esce nella primavera del 45, proponendo un insieme di principi per guardare al futuro del paese. Nello stesso anno dal Toniolo è indetta a Firenze la prima Settimana sociale “Costituzione e Costituente” per pensare al futuro del paese e nella primavera del 46 viene convocata l’Assemblea Costituente.
I cattolici italiani si trovano così all’improvviso dall’estraneità del periodo fascista a una ribalta in prima fila a pensare al futuro e producono idee e progetti per il paese.
Camaldoli è importante per il metodo che segna il cammino. Ora l’evocativo riferimento a Camaldoli indica il desiderio di tornare a fare quello che si è fatto a suotempo, ma la situazione è diversa perché il movimento cattolico di allora era un movimento coeso incardinato sulla pianta stabile dell’Azione Cattolica, oggi c’è una cattolicità abbastanza divisa in tanti movimenti. Al tempo di Camaldoli c’era una spinta molto forte a lasciarsi indietro gli orrori della guerra, una spinta di grandi ideali e di entusiasmo per una stagione nuova della vita politica.
Oggi dovremmo pensare a fare una Camaldoli europea: una cattolicità che pensa a livello europeo e guarda a scenari più grandi e importanti. Interessa l’Europa perché fin dalle origini l’Europa nasce dalle migrazioni, dall’incontro tra i popoli e una grande presenza del cristianesimo che si diffonde in tutto il continente.
L’Europa è figlia di quella stagione che segue il Medio Evo. Ed è da sottolineare l’importanza del francescanesimo. Nel 1219 sono già presenti frati, popolani ma anche intellettuali, Antonio e altri che frequentano le Università europee. E c’è stata la capacità di penetrare in diversi paesi unendoli sul tema della pace.
La Democrazia, come modo di gestire la vita e il futuro, gli ordinamenti, lega questa realtà. Oggi l’Europa è costituita da tanti paesi che non hanno lo stesso stile di vita: una Europa aperta ma senza condivisione. In questo contesto una iniziativa come Camaldoli potrebbe essere uno spazio di confronto in cui poter sviluppare una riflessione politica di portata europea sulla base della fede, guardando alla democrazia non solo come una metodologia possibile per la partecipazione.
Questa Europa continente politico nasce l’indomani della seconda guerra mondiale sul tentativo di sfuggire alla divisione, alla miseria, ai danni della guerra, cercando una strada in comune, mettendo insieme nazioni che si erano combattute. Nasce per un desiderio di pace “mai più la guerra”. Anche se inizialmente vengono sottolineati solo gli aspetti materiali “Comunità europea per il carbone e l’acciaio”, la finalità era la convivenza pacifica tra i popoli. Quando si costituisce il Consiglio europeo 1949 c’era già stata nel 48 la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che sono alla base dell’accordo europeo. Il Consiglio Europeo è frutto del desiderio di pace legato alla ricostruzione e alla garanzia della dignità di ogni popolo, È quella intuizione che disinnesca i conflitti e consente una convivenza pacifica.
Interessanti note vengono proposte a questo riguardo dal Prof. Preziosi in merito alle diverse situazioni dei vari paesi. Per l’Italia la presenza forte di una consistenza cristiana è stata importante. Negli anni recenti assistiamo però a una crisi di partecipazione politica che tocca molto del mondo cattolico praticante. Ed ecco la chiamata di Trieste perché nei momenti difficili abbiamo il compito di lavorare per una realtà di libertà e di possibile partecipazione per tutti. Dobbiamo chiederci “Quale è la molla che fa partecipare il credente alla politica?”.
Certamente non un fatto ideologico. È legata ad una fede di fondo, all’esercizio di quella alta forma di carità che è la carità politica. Delors affermava: “Non riusciremo a fare dell’Europa un successo solo sulla base della competenza giuridica … occorre una spiritualità per dare un’anima all’Europa”.
Come muoversi in questo contesto, accettando la provocazione di Camaldoli e guardando all’Europa dei popoli che si sta muovendo? È urgente investire sulla democrazia del futuro e dare anche un nome alla crisi che l’Europa vive. Il problema oggi è il divario tra cultura e politica, con il risultato di una politica epidermica, con poca visione, senza cognizione di causa su temi etici. Dunque occorrono persone fondate su una fede viva e sorretta dalla Dottrina sociale della Chiesa. In questa prospettiva la fraternità viene ad essere il principio architettonico della democrazia e ne alimenta il circuito prezioso. Il nostro punto di forza è il bene comune, il bene comune della pace.
Dobbiamo essere in grado di testimoniare una fede viva in quel contesto. Ricordiamo Centesimus Anno “Una democrazia priva di valori scivola verso il totalitarismo nelle sue varie forme”.
Quali sono i valori? C’è una architettura istituzionale e costituzionale, ma dentro dobbiamo curare i valori. Non c’è solo una democrazia da restaurare, ma da costruire giorno per giorno. Altrimenti si atrofizza e perde credibilità lasciando fuori il popolo nella sua lotta per la dignità. Si è persa anche l’idea di bene comune e occorre la mediazione politica riprendendo un cammino. C’è bisogno di una politica che pensi con una visione ampia includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi.
La politica è per il futuro. Per questo dobbiamo preoccuparci di una politica che va oltre il presente: costruisce il benessere per le nuove generazioni, risparmia le risorse del creato e mette al primo posto la pace.
Lavorando per una visione più ampia rispetto ad un solo paese possiamo aiutare i credenti ad allargare gli orizzonti. Il pensiero cristiano non è per l’Europa delle nazioni ma dei popoli. Dobbiamo crescere nella consapevolezza di una cittadinanza europea. Un passaggio importante: avere capito che le guerre che si avvicinano ci mandano il segnale che la provocazione di una Camaldoli europea è in un mare in tempesta.
A noi sta il compito di dare gli antidoti nella comunità cristiana. Occorre radicare la nostra preparazione in una coerenza evangelica del momento liturgico, una formazione di base per i cristiani e anche formazione critica alimentando il discernimento per leggere i segni dei tempi, insegnando che il Vangelo ha una valenza sociale. I valori non vanno difesi, vanno diffusi da persone che ci credono e li vivono.
A conclusione il Prof. Preziosi ha condiviso due proposte di legge di iniziativa popolare promosse da Argomenti 2000 assieme a Acli e altre associazioni: * la prima per dare forma democratica ai partiti, favorendo la partecipazione dei cittadini con metodi democratici (c’è bisogno di una legge ordinaria che attui norme)
* la seconda per una democrazia dal basso istituendo Assemblee partecipative e modifiche agli istituti partecipativi.
Le due proposte di legge vogliono essere un piccolo segno che indica la strada delle riforme necessarie per alimentare una nuova stagione partecipativa.
Il Convegno, tanto ricco di stimoli preziosi offerti alla nostra considerazione da relatori veri testimoni dei contenuti proposti, si è concluso con un corale ringraziamento, in particolare anche in sede di Celebrazione per il Tempo del Creato “Spera e agisci con il creato” nella Chiesetta di Bellamonte e con il Pellegrinaggio a Canale d’Agordo in memoria della straordinaria figura di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I.
Con Argomenti2000 invitiamo alla raccolta di firme online sulle due proposte sopra descritte. Ecco il link per poter dare l’adesione con la firma.
Argomenti 2000
Assiciazione
di amicizia politica
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“AL CUORE DELLA DEMOCRAZIA”
Saluti ad Organizzatori e partecipanti al Convegno.
Saluto di S.E. Mons. Lauro Tisi
Carissima Argia Passoni e carissimi tutti aderenti e simpatizzanti della Fraternità Frate Jacopa, Vi saluto nel modo più accorato. Mentre date avvio, tra le montagne della val di Fiemme, a una nuova, intensa, settimana di riflessione estiva, sto vivendo con oltre duecento adolescenti trentini uno stimolante cammino sulle colline toscane, tra Arezzo e il santuario di La Verna. Insieme, abbiamo l’obiettivo, in questi nostri giorni altrettanto intensi come i vostri, di scoprire passo passo, anzitutto dentro ciascuna e ciascuno di noi, tracce di speranza. Lo faremo nella fatica condivisa, nella preghiera, negli incontri con tante storie di impegno personale e comunitario per la fraternità e la pace. Dal luogo dove ottocento anni fa ricevette le stimmate, vorrei giungesse anche a voi la benedizione di San Francesco, del quale siete testimoni privilegiati con il vostro carisma e la vostra spiritualità. Quest’anno avete voluto andare al “cuore” della democrazia. In qualche modo vi siete posti l’obiettivo di misurare un “tracciato” della sua vitalità, una sorta di elettrocardiogramma sociale e politico. In tal senso raccogliete l’eredità della recente Settimana Sociale dei Cattolici a Trieste, alla quale ho partecipato con una delegazione della nostra Diocesi. In riva all’Adriatico, in una terra crocevia di popoli, culture e religioni, abbiamo ascoltato parole importanti, a cominciare da quelle del Presidente Mattarella. Mi permetto di richiamare in questa sede l’intervento del docente trentino Michele Nicoletti che ha posto la democrazia davanti a sei sfide: ambientale, migratoria, economica, relativa ai rapporti internazionali, tecnologica e istituzionale. Sei sfide di portata epocale che anche solo ad elencarle indicano l’ampiezza della posta in gioco e la grande complessità della trama democratica che rifugge ogni semplificazione populista. Quest’ultima, per contro, quella trama può solo sfilacciarla. Ognuna di queste sfide può essere giocata soltanto in chiave comunitaria. Non ci serve l’uomo forte al comando. Dobbiamo piuttosto far ri-entrare con coraggio il tema della partecipazione nella vita delle nostre comunità, anzitutto le nostre comunità credenti. Lo chiede l’idea stessa di libertà cristiana. Lo chiede il Dio di Gesù Cristo che ha fatto della partecipazione il suo modo di agire nella Storia. “Dio stesso, creatore della libertà umana, ne ha – notava Nicoletti – un sacro rispetto. Decide di far passare la salvezza dell’umanità dal ‘sì’ libero di Maria. Pensate politicamente – aggiungeva il docente trentino – alla potenza di questa scena: il Signore degli eserciti che si premura di raccogliere il sì di una donna per fare il bene dell’umanità. E ogni società umana che viene istituita – a partire dalla famiglia fondata sul matrimonio – richiede il rispetto della libertà”. Alla Settimana Sociale sono state presentate alcune buone prassi da tanti angoli d’Italia. Tra i territori virtuosi vi era anche la Val di Fiemme con fertili esempi di conciliazione tra sviluppo e sostenibilità. A fare di Fiemme un modello c’è però, soprattutto, la sua capacità di reagire alle ripetute ferite – il doppio Cermis, Stava, Vaia, ora il bostrico – e quella cultura che ha dato vita alla straordinaria esperienza della Magnifica Comunità alle cui radici rimandano la tutela del territorio, il lavoro gratuito a favore della comunità, la solidarietà come strumento per la salvaguardia del bene di tutti, la valorizzazione delle tipicità di ogni comunità. Nei giorni scorsi abbiamo ricordato con particolare intensità, a settant’anni dalla morte, uno dei padri della nostra democrazia, figlio della terra trentina: Alcide De Gasperi. Come ho avuto modo di sottolineare nella Messa in suffragio, un Dio leggero era il Dio di De Gasperi. Un Dio che lo interpellava, poneva domande e gli permetteva di fare domande. Un Dio leggero che gli insegnava che il volto delle persone è uno scrigno carico di vita, che va accostato in punta dei piedi, valorizzato e mai usato, calpestato o rifiutato. Anche l’avversario politico per De Gasperi ha la sua dignità, anzi per lui non esiste avversario, esiste uno che ha un’altra visione del mondo, qualche cosa di bello con cui interagire e insieme trovare soluzioni. Questo è il miracolo della Costituzione italiana, frutto della convergenza di mondi che potevano essere agli apposti ma che grazie a De Gasperi non si sono delegittimati ma si sono valorizzati a vicenda e insieme hanno contribuito a fornire un testo che tutti riconoscono come il migliore al mondo, probabilmente, sul versante costituzionale. De Gasperi si è fidato di Cristo e Cristo gli ha permesso di essere “profeta”, costruttore di un popolo e di generare il sogno europeo, come ricordava il vescovo Ivan Maffeis nella sua ricca Lectio Degasperiana. De Gasperi ci ha mostrato che con il cristianesimo possiamo cambiare il mondo. Ci si prospetta però un’unica chiave di salvezza: l’abbraccio fraterno tra le donne e gli uomini e con il creato. A noi è chiesto di essere i primi ad allargare le braccia. Buon cammino!
Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata