In Italia cresce la povertà assoluta tra i minori, si amplia la diseguaglianza economica tra aree geografiche e diminuiscono gli investimenti nell’istruzione e nella prima infanzia, il tutto in un contesto di denatalità senza precedenti. È un quadro a tinte fosche tracciato dalla XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia 2021 “Il futuro è già qui” di Save The Children che è stato presentato a Roma, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Crisi demografica
È l’inverno demografico l’aspetto più emblematico delle condizioni sempre più marginali in cui versa l’infanzia in Italia. Save The Children registra che, negli ultimi 15 anni in Italia, la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. L’ong parla di un Paese in cui l’infanzia è “a rischio di estinzione”. “Dai tempi del baby boom ad oggi la rotta sembra infatti essersi clamorosamente invertita – si legge nel rapporto – una marcia indietro che ha travolto la curva demografica e l’ascensore sociale, sempre più in caduta libera e che rischia di trascinare il futuro delle giovani generazioni e del Paese intero”.

Povertà sempre più diffusa
Tra le cause delle culle vuote sicuramente l’aumento degli indici di povertà assoluta. Nello stesso lasso di tempo si contano infatti un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente. Durante l’anno della crisi pandemica, il 2020, i bambini e i ragazzi che vivevano in condizioni di povertà senza accedere a beni e servizi essenziali erano il 13,5% del totale, ovvero un minore su sette.

Povertà alimentare
La quota di “under-18” in povertà relativa presenta forti disuguaglianze territoriali con differenze significative tra regione e regione. Se in Trentino Alto Adige la stima era dell’8%, meno di 1 minore su 12 in povertà relativa, in Campania e Basilicata era del 34%, riguardava cioè 1 bambino su 3, nel 2020. L’Eurostat ha calcolato anche la povertà alimentare tra i bambini, facendo cioè una stima del numero di minori che non consumava neanche un pasto proteico al giorno. Nel 2019 il 6% dei minori tra uno e 15 anni sperimentava questa forma di povertà e nel 2020, con la chiusura prolungata di scuole e mense, la povertà alimentare potrebbe aver colpito ancora più bambini in condizioni svantaggiate.

Crisi educativa
Un capitolo a parte merita la crisi educativa, particolarmente acuita dalle misure adottate per il contenimento del Covid-19. Tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione è stata tagliata di mezzo punto di PIL, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze si ampliassero ulteriormente.
La percentuale di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione raggiunge il 13,1% (a fronte della media europea del 9,9%) e quella di NEET – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione – raggiunge il 23,3%.

Divari sin dalla prima infanzia
Le diseguaglianze e la povertà educativa si sperimentano sin dalla primissima infanzia. In Italia solo un bambino su 7 (14,7%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni. Il dato molto basso cela enormi differenze nell’offerta territoriale, causa ed effetto di grandi diseguaglianze: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido, opportunità offerta invece al 30,4% dei bambini che nascono nella provincia di Trento. I più danneggiati sono i minori provenienti da famiglie meno abbienti.

La sfida ambientale
In questo contesto si inserisce anche la crisi climatica e il rischio ambientale. I ragazzi sono gravati da scarsi servizi di mobilità con il rischio, per molti, di vivere segregati in periferie prive di opportunità. In Italia, sono quasi 2 milioni i minori (il 21,3% del totale) vivono in aree inquinate e dove, nel 2020, circolavano oltre 4 autovetture per ogni minore residente. Sempre nel 2020 sono stati iscritti all’anagrafe 404.104 nuovi nati e immatricolate 1.437.259 vetture, 3,5 per ogni nuovo nato. Un dato, quello della motorizzazione privata, che va confrontato con quello relativo, ad esempio, alla disponibilità di autobus per il trasporto pubblico locale, fondamentale per la mobilità degli adolescenti, che è in media di 76 mezzi ogni 100mila abitanti. Sono conseguentemente pochissimi i bambini e i ragazzi tra i 6 e i 17 anni che utilizzano solo mezzi di trasporto pubblici per andare a scuola: poco più di uno su 4 (25,9%), con la percentuale che scende a meno di uno su 5 al Sud e nelle isole (18,6%).

Cittadinanza scientifica
Infine in esclusiva per l’Atlante di Save the Children, viene riportata un’indagine Ipsos sulla “Cittadinanza scientifica”. In pratica emerge che gli adolescenti restano fiduciosi, credono nella scienza e nelle opportunità che può offrire per combattere le grandi sfide del pianeta. Un minore su tre crede che tra dieci anni la scienza dovrà trovare risposte all’invecchiamento della popolazione e alla crisi climatica.

La pandemia ha acuito diseguaglianze
“L’Atlante 2021 fotografa un’Italia sempre più diseguale dal punto di vista sociale ed educativo. Diseguaglianze che vanno lungo la linea geografica nord sud”, spiega a VaticanNews Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia- Europa di Save the Children. “L’impatto della pandemia è stato forte – prosegue Milano – e ha riguardato soprattutto l’educazione con l’aumento della dispersione scolastica e la diminuzione delle competenze didattiche, e poi ci sono i problemi relazionali e psicologici per cui va pensato un piano straordinario”.
Per far fronte a questa crisi sociale la dirigente di Save the Children guarda con speranza al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) combinato alla nuova programmazione dei fondi europei e alla Child Guarantee: “Bisogna fare in modo che questi fondi, che per la prima volta investono anche in servizi e strutture per l’infanzia, non vadano a rafforzare solo i territori più attrezzati per partecipare ai bandi. Bisogna concentrarsi sulle aree più povere e meno attrezzate per colmare le diseguaglianze, basti pensare all’abisso che c’è nell’offerta di asili nido tra la Calabria e il Trentino, la spesa sociale è sbilanciata in Italia”.

Marco Guerra – Città del Vaticano

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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