Il deserto di Atacama in Cile è stato trasformato in un “cimitero” di scarti invenduti dell’industria tessile. Un simile disastro ci pone davanti alla valutazione dell’inquinamento dovuto alla moda “usa e getta”.

Le immagini del deserto di Atacama in Cile sono eloquenti e mostrano gli effetti negativi ambientali e sociali dovuti alla fast fashion. L’enorme mole di produzione della fast fashion provoca, inevitabilmente, una grande quantità di rifiuti e scarti che contengono sostanze dannose e tossiche.
Ogni anno, circa 39000 tonnellate di vestiti invenduti vengono smaltite illegalmente all’interno del deserto di Atacama in Cile, contribuendo alla formazione di vere e proprie discariche abusive. Ciò comporta un danno ambientale devastante.
È ormai noto che il settore della moda è il secondo più inquinante al mondo. La scarsa attenzione all’impiego di sostanze chimiche tossiche aumenta notevolmente il danno ambientale provocato dai rifiuti tessili.
Secondo la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite, l’industria della moda è infatti responsabile del 20% dello spreco globale dell’acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica, oltre a produrre più gas serra di tutti gli spostamenti aerei e navali di tutto il mondo.
Ciò significa che l’impatto ambientale di un abito o di un vestito si estende in ogni fase del suo ciclo di vita, compresa la fase dello smaltimento.
Abbandonare nell’ambiente scarti dell’industria tessile significa favorire il rilascio di sostanze chimiche estremamente dannose per la salute dell’ambiente e che potrebbero contaminare il terreno.
La fast fashion è responsabile anche di ingenti danni sociali. Le catene della fast fashion, infatti, non prestano particolare attenzione alla salute dei propri dipendenti, che, nella maggior parte dei casi, non percepiscono un salario adeguato e non operano in ambienti lavorativi sicuri.
Fortunatamente i consumatori stanno cominciando ad assumere maggiore consapevolezza, migliorando i propri comportamenti in fase di acquisto.
Ciò potrebbe favorire la transizione ecologica nel settore della moda, che consentirebbe di ridurne fortemente le emissioni che, purtroppo, non sono trascurabili a livello globale.

COS’È LA FAST FASHION?

Fast Fashion è un termine utilizzato per indicare dei capi di abbigliamento che passano direttamente dalle passerelle alla produzione in modo rapido ed economico. Si tratta di una strategia di produzione utilizzata dalle grandi catene di distribuzione come H&M, Primark, Zara, Topshop, Xcel Brands, Peacocks, etc.
La Fast Fashion viene spesso associata al concetto di ‘usa e getta’: non presta molta attenzione ad un utilizzo longevo degli indumenti, ma vede la produzione come qualcosa che va indossato per una stagione e poi cambiato. Contribuisce all’inquinamento ambientale causato dall’industria tessile, rendendo questa industria la seconda più inquinante al mondo, nonché tra le prime per consumo energetico e risorse naturali.
L’inquinamento però è solo uno dei problemi legati alla Fast Fashion, poiché è da valutare con molta attenzione anche l’aspetto sociale della produzione di moda a basso costo: è scontato affermare che dietro la Fast Fashion si nasconde lo sfruttamento di esseri umani, la discriminazione, lo schiavismo coloniale, il lavoro minorile, e molti altri fattori decisamente negativi.
Per saperne di più visita https://www.vestilanatura.it/fast-fashion/, da cui è tratta la presente nota.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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