img107Perché abbiamo avuto l’idea di compilare un calendario “tutto” francescano per il 2018? Certamente il nome stesso scelto da questo Papa ha influito. Ma anche i numerosi documenti da lui redatti in questi ferventi anni del suo pontificato, contengono dei riferimenti più o meno espliciti al Santo di Assisi. Come non ricordare le pagine iniziali della “Laudato si’” dove S. Francesco è posto come modello di una santità incentrata sulla “cura per ciò che è debole e di un’ecologia integrale vissuta con gioia e autenticità” (LS 10)? Questa centralità assegnata dalla Chiesa di Papa Francesco alla periferia costituita dai “poveri” e dagli “infermi”, dai “disprezzati e dimenticati”, da “coloro che non hanno da ricambiarti (Lc 14,14)” (EG 48), è di chiara provenienza francescana in continuità col Concilio Vaticano II a cui spetta il merito di avere riscoperto la visione francescana della Chiesa come servizio.
Papa Francesco nella “Laudato si’” ha definito S. Francesco “un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso” (LS 10). Nel vivere in questa armonia e riconciliazione con tutti, S. Francesco ci appare come uno dei pochi uomini realizzati della storia, come ha detto Freud.
E come non vedere nel titolo stesso (oltre che nel contenuto) dell’Esortazione Apostolica sulla famiglia “Amoris laetitia”, un rimando allo spirito di letizia che contraddistingue ancor oggi la spiritualità francescana per la quale la letizia è perfino più importante di un’opera buona, poiché la tentazione non può nulla contro chi è lieto nel suo cuore ed è in una profonda armonia interiore tra il corpo e lo spirito, tra sé e Dio, tra sé e il mondo? Contro questo spirito di letizia nulla può la ruggine della tristezza e del pessimismo che oggi sono alimentati dai pericoli del fondamentalismo, dal dilagante fenomeno migratorio “accresciuto dalle guerre e dai gravi e persistenti squilibri sociali ed economici di molte aree del mondo” – come disse il Papa nel discorso in Quirinale il 10 giugno 2017 –. Il Papa in quella circostanza evidenziò anche “la difficoltà delle giovani generazioni ad accedere a un lavoro stabile e dignitoso, ciò che contribuisce ad aumentare la sfiducia nel futuro e non favorisce la nascita di nuove famiglie e di figli”.
In antitesi a chi cerca di fomentare rivalità e odio per giustificare la propria indifferenza e chiusura in se stesso, la preghiera piena di luce di S. Francesco, intitolata “Lodi di Dio Altissimo”, invita a vivere in letizia: “Tu [Signore] sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza”.
In un tempo problematico come il nostro, queste parole del Santo richiamano l’invito ripetuto spesso da Papa Francesco a vivere nella speranza e nella gioia. Ricordiamo le catechesi dei mercoledì 2017 sul tema della speranza cristiana esaminata nelle sue molteplici sfaccettature. Ricordiamo anche il Messaggio per la 51ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “«Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo” e molto altro si potrebbe aggiungere.
Forse è utopistico e illusorio volere ripetutamente invitare a vivere nella speranza un mondo contrassegnato sempre più dalla paura? o non è vero piuttosto che per vivere in pienezza occorre aprirsi con fiducia al futuro, cosa possibile solo se si spera in Cristo crocifisso e risorto?
Con questa disposizione d’animo nel Calendario 2018 abbiamo voluto richiamare l’attenzione sulle parole testimonio della spiritualità francescana, pensando che in modo precipuo nella Chiesa di Papa Francesco, le vie della pace tracciate dal Poverello di Assisi possano aiutare ad affrontare in spirito di letizia le sfide che il nostro tempo ci propone e a “trasformare queste sfide in occasioni di crescita e in nuove opportunità” (Papa Francesco).
Nell’itinerario da noi delineato non poteva mancare il richiamo alla via della fraternità il cui frutto è proprio la letizia che nasce quando non siamo più per noi stessi, ma solo per Dio e per l’altro. Non poteva nemmeno mancare il riferimento a una fede che coinvolge l’affettività e la volontà prima ancora dell’’intelletto; una fede fatta di meraviglia, di stupore, di commozione, di ammirazione; una fede sapienziale donataci dalla Grazia salvifica di un Dio che non ritiene un tesoro da trattenere per sé la propria divinità, ma vuole condividerla, colmando l’abisso che Lo separa da noi peccatori e bisognosi di misericordia. La via della penitenza è vissuta da S. Francesco come conversione continua, per porre Cristo al centro della propria vita e così poter rinascere a vita nuova, da uomini nuovi in grado di ripercorre le azioni esemplari dell’uomo perfetto, Gesù Cristo. La via della povertà indicata da S. Francesco richiama il volto umile e misericordioso di un Dio che non è visto tanto nella sua potenza e trascendenza, quanto nel suo cammino di discesa nella nostra fragile umanità, per accogliere ciascuno di noi in un abbraccio salvifico e consolatore. Anche le creature sono chiamate a partecipare all’amore di Cristo, il fratello primogenito, nel quale tutte le cose saranno ricapitolate come dice S. Paolo e riportate all’unità fino a formare un’unica fraternità cosmica.
È questa la meta finale a cui è rivolta la custodia del creato, che è la via indicataci da S. Francesco il cui approdo felice trova nelle parole ispirate del “Cantico delle creature” la sua massima espressione poetica, cioè creativa.
Infine la via della preghiera, centrale nella vita del Santo di Assisi, è tutta rivolta a far sì che il suo cuore sia permeato da “quell’eccessivo amore” che portò il Figlio di Dio ad addossare sulle sue spalle tutti i nostri peccati per la salvezza del mondo. Dalla preghiera S. Francesco trae la forza per affrontare le sfide della vita, incarnando in spirito di “santa orazione e devozione” l’amore traboccante del Figlio di Dio presente in lui.
Queste vie tracciate da S. Francesco e da lui percorse “in spirito di orazione e di devozione”, lo hanno portato a vivere tutta la sua vita in quella pace e letizia, di cui il canto a sorella morte è espressione piena e totale.
Il Santo di Assisi ha fatto la sua parte, come disse egli stesso ai suoi frati poco prima di morire; la nostra ce l’insegni il Signore.
BUON ANNO 2018!