LA CITTÀ SIAMO TUTTI NOI

Vorrei ricordare alcune parole di Benedetto XVI da un discorso alla città di Roma.
“C’è in ogni uomo il desiderio di essere accolto come persona e considerato una realtà sacra, perché ogni storia umana è una storia sacra e richiede il più grande rispetto.
Ogni uomo in realtà cerca amore”. E ancora “La città siamo tutti noi. Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale in bene o in male. Nel cuore di ognuno di noi passa il confine tra il bene e il male e nessuno può sentirsi in diritto di giudicare la vita, ma piuttosto ciascuno deve sentire il dovere di migliorare se stesso. I media tendono a farci sentire sempre spettatori, ma il nostro comportamento ha un riflesso sugli altri e il più pericoloso è l’inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia. La città è fatta di volti ma purtroppo vediamo tutto in superficie. Le persone diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili.”
Se guardiamo con sguardo contemplativo, non saranno volti che ci mettono paura. Abbiamo bisogno di risentire questo movimento profondo del cuore. Il tema è legato profondamente all’“uscire”, che esige però a monte anche la fraternità tra di noi, e questo servizio reciproco, che è il modo più profondo per alimentarci rispetto alla comunione. I volti non saranno più cose, oggetti, ma saranno il mio prossimo. Pratichiamo la prossimità! Per farlo dobbiamo amarci tra di noi. Se ci amiamo tra di noi e siamo la sua famiglia, sapremo rendere famiglia anche tutta la città!
(Tratto dalla viva voce di S.Em. Card. Zuppi)

Il quinto appuntamento del Ciclo “Si vis pacem, para civitatem”, promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo, ha visto l’adesione di tutta la Zona Pastorale Fossolo per vivere la Domenica delle Palme assieme al nostro Arcivescovo, Card. Matteo Zuppi, nell’approfondimento di un punto focale del cammino sinodale “Città, cantiere di pace. Il fondamento spirituale delle nostre relazioni a servizio della pace”.
In un clima di intensa partecipazione, con grande amabilità l’Arcivescovo ha portato in presenza riferimenti cardine per vivere da cristiani nella città, richiamandoci a quanto sia basilare per la nostra vita e la vita della città l’impegnarci perché la città possa essere cantiere di pace. Il tema della città, cantiere di pace, è un tema importantissimo. Innanzitutto ci aiuta a capire l’insistenza di Papa Francesco sull’ “uscire”, che richiede a “intra” il vivere la Chiesa come famiglia nel servizio reciproco supportato dall’amore reciproco. Città dell’uomo indica convivenza civile e la comunità cristiana deve vivere dentro la città dell’uomo. Dunque ci riguarda fortemente il farci prossimo nella città: la città è il luogo dove incontriamo il nostro prossimo e dove esercitiamo questo comandamento del Signore. E parliamo di cantiere di pace perché la pace non c’è.
Come Chiesa di fratelli e sorelle il Signore ha chiesto di amarci e il nostro interagire nella città fa parte di questo amore, che richiede una relazione umana, una relazione con tutti. Dobbiamo seminare costruendo luoghi di pace, relazioni di pace, incarnando la via dell’amore, un amore che eccede le nostre misure.
In tal senso S. Eminenza ha riportato al nostro cuore l’esemplarità di S. Francesco attraverso il suo saluto “Pace e bene” rivolto a tutti. Con il nostro atteggiamento dovremmo dire sempre ad ogni altro “Pace e bene”, incarnazione di quell’invito di Papa Francesco alla gentilezza, il primo modo di dire all’altro “esisti”, uscendo da atteggiamenti di estranietà congeniti. S. Francesco era un artigiano di pace. Riguardo alla città è interessante il suo rapporto con Bologna, città delle torri, nella famosa predica in piazza Maggiore dove convertì molti cuori rispetto ad uno stato permanente di guerra (stato di ostilità, di difesa, di paura). Le nostre città hanno tanto bisogno di pace: l’indifferenza fa crescere paura e rabbia e il seme dell’inimicizia finché non lo spegniamo, è pericoloso. Possiamo accettare che nella città degli uomini ci siano tante torri o frontiere di inimicizia?
Noi possiamo fare tantissimo. L’individualismo infatti non è una soluzione. La città è una relazione, un pensarsi insieme, è un “noi” che deve sempre pensarsi collegato ad altri, nella grande possibilità che nel Signore abbiamo di un “noi” sempre più largo. Ognuno di noi infatti, così come la città, capisce se stesso se si apre. Non a caso in “Fratelli tutti” Papa Francesco ci chiama ad andare in periferia perché da lì “vediamo la città”. Occorre – come Gesù – avere uno sguardo contemplativo sulla città, che ci aiuti a vedere nella folla le tante domande umane, ci aiuti a capire l’altro nel profondo, attenti e sensibili a renderci conto delle sofferenze.
“Dobbiamo imparare molto tutti ad essere cristiani” – ha sottolineato il Cardinale – imparare ad essere persone in relazione, dire in tanti modi quel “Pace e bene”, avendo sempre uno sguardo d’amore, con gli occhi aperti. Tutti noi siamo chiamati ad essere artigiani di pace, vincendo la paura, le solitudini, l’ignoranza, i pregiudizi.
Gesù non maledice, piange sulla città e manda noi per accogliere, ritessere, costruire una città che sia di pace e anche di persone che imparano a conoscersi e a volersi bene. Ricordiamo sempre che “i cristiani sono come l’anima nella città” (cf. Lettera a Diogneto), per cui non possiamo vivere in maniera indifferente nella città. Il movimento di cura ci riguarda, ci riguarda seminare speranza con amore e perseveranza.
L’incontro, contrassegnato dal fare memoria delle conversioni fondamentali per essere costruttori di pace nella città, è divenuto intenso appello a responsabilità per la crescita di una convivialità a tutto campo, capace di perseguire, insieme ad ogni altro nella città dell’uomo, il vero bene comune dell’unica famiglia umana.
Argia Passoni

 

 

CONCLUSIONI

A cura di Don Stefano Zangarini, moderatore della Zona Pastorale Fossolo*

Dobbiamo confessare la nostra colpa. Ci è stato dato come impegno quest’anno di lavorare su due Cantieri, ma noi come Zona abbiamo deciso di lavorare su tre Cantieri e speriamo che il nostro Vescovo ci perdoni.
Questo incontro è per noi il punto di partenza del terzo Cantiere – su cui vorremmo lavorare in questi mesi nelle situazioni che ce lo permetteranno – che abbiamo detto rappresentato da Marta e Maria: “il servizio e l’ascolto”. E possiamo riprendere proprio dall’incontro di oggi “Città, cantiere di pace”.
Il servizio per noi cristiani è un tornare ad essere “politici” nel senso buono del termine, essere amanti della polis, della città, essere amanti del bene comune. Dunque non spettatori, che sanno solo lamentarsi, ma attori interessati alle cose, che sanno documentarsi, sanno andare in profondità, cercando di prendersi a cuore le situazioni – senza starsene alla finestra – anche col coraggio di essere un segno di contraddizione, perché questo è proprio del cristiano.
E come ci ricorda il Papa tutto questo richiede molta pazienza, richiede di essere artigiani della pace. E rispetto all’ascolto, se il nostro servizio è quello di essere davvero “politici”, immersi in questo mondo, l’ascolto ci dice soprattutto che il Vangelo non basta ascoltarlo e poi andarsene. Il Vangelo va preso sul serio soprattutto nella sua radicalità. Spesso diciamo che il Vangelo è bello, ma poi lasciamo stare perché riteniamo che sia troppo difficile da realizzare.
Il Vangelo è una buona notizia che ci è stata data. Gesù non ci ha detto di stringere i pugni per realizzare quello che ci dice, ma ci promette che questa buona notizia si realizzerà se noi ci lasciamo smuovere dalla sua grazia e ci fidiamo di Lui, come ha fatto Abramo e tanti altri prima di noi. Anche col coraggio di essere un segno di contraddizione come quando ci amiamo gli uni gli altri, anziché divorarci a vicenda. Il fatto che i cristiani siano veramente fratelli e sorelle è un segno di contraddizione perché il mondo non funziona così; e quindi la gente può farsi qualche domanda.
E “vincere il male con il bene”, cosa bella da dire, ma poi il farlo sembra sempre una esagerazione. Ma se non esageriamo noi col Vangelo, non so che altro dobbiamo fare. Noi siamo “parrocchia”, siamo nella pastorale e abbiamo questo dono di poter agire in modo capillare nel territorio con le nostre poche forze, però lo facciamo e cerchiamo di farlo sempre più proprio per realizzare il Vangelo che Gesù ci ha dato e per essere servi della nostra città degli uomini.

* Vicario episcopale per la Testimonianza nel mondo
(Trascritto dalla viva voce)

Il Cantico
ISSN 1974-2339
pubblicazione riservata