Gesù nostro contemporaneo | ilcantico.fratejacopa.net

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Progetto Culturale CEI – Roma, 9/10/11 febbraio 2012

Prolusione

Card. Angelo Bagnasco

Card. Angelo Bagnasco

“Cristo senza la Chiesa è realtà facilmente manipolabile e presto deformata a seconda dei gusti personali, mentre una Chiesa senza Cristo si riduce a struttura solo umana e in quanto tale struttura di potere”. Il card. Angelo Bagnasco (Presidente CEI) ha stigmatizzato, in particolare, il “riduzionismo mediatico” che “fa spesso una lettura esclusivamente politica e quindi univoca e parziale” della Chiesa. “Certo anche la Chiesa può essere ferita dalla realtà del peccato, poiché nel suo seno raccoglie santi e peccatori”. “Gesù è salvatore e la forza salvifica della sua presenza nella storia va ribadita con tutta chiarezza a fronte di una opacizzazione della figura di Cristo attraverso la sua riduzione a maestro interiore, a mito, a cifra di una bontà generica ma senza fondamento, a fonte di consolazione per tamponare l’ansia esistenziale in forme religiose autoreferenziali”. Oggi c’è “una strana reticenza a dire Gesù” che rischia di trasformare i credenti in “ripetitori stanchi di un cristianesimo scontato e insipido”. Di qui la necessità e l’urgenza di “una stagione di nuova evangelizzazione”, a partire dalla consapevolezza che l’uomo “fuori da Cristo, facilmente perde se stesso” e che la questione “sul senso ultimo e definitivo della vita e del mondo, sull’enigma del tempo e della morte” è “la questione che attraversa la storia umana”.

Gesù mette fine all’invisibilità di Dio

Klaus Berger

Klaus Berger

“L’Antico Testamento da una parte conosce il divieto di raffigurarsi Dio, dall’altra indica l’uomo, e soltanto l’uomo, come immagine di Dio. Quel che ne deriva è una feconda tensione” che consente “una nuova determinazione del rapporto fra Dio Padre – Cristo – Uomo”. Nella sua relazione Klaus Berger (docente di esegesi biblica al dipartimento di teologia protestante dell’Università di Heidelberg) ha affermato: “Una persona non è la cosa più effimera che ci sia, fugace come un soffio o come una foglia in autunno. Questa è la pretesa di Gesù: Io sono colui che rimane”. Il richiamo della figura di Gesù è spiegato da Berger con il termine «amore». “L’impiego così frequente delle parole «amare» e «amore» nel quarto Vangelo si spiega non da ultimo con il fatto che il Vangelo è la vera filo-sofia”. “Gesù mette fine all’invisibilità di Dio” poiché in Cristo “Dio ha un volto che diventa accessibile a noi uomini. Nessuno ha visto Dio, questo ripete il Prologo di Giovanni. Tuttavia noi possiamo conoscere Suo Figlio; possiamo farci, nel senso più vero della parola, un’immagine di chi è e di come è il Padre”. Il teologo tedesco sottolinea che riflettere su questa “somiglianza”, “non significa eliminare il divieto di farci immagini. Vale piuttosto ancora di più il fatto che non una materia morta, come la pietra, il metallo o il legno, può rappresentare Dio, ma, in modo esclusivo, un uomo vivente, il Figlio di Dio Gesù Cristo.

Le rappresentazioni del corpo di Gesù

Card. Gianfranco Ravasi

Card. Gianfranco Ravasi

Il card. Gianfranco Ravasi (Presidente Pontificio Consiglio della Cultura) ha passato in rassegna vari brani del Vangelo per citare le numerose occasioni in cui si parla di Cristo in riferimento al suo corpo che è fondamentale nel racconto evangelico. Il cardinale ha quindi sviluppato il tema del “corpo mistico di Cristo” in riferimento alla Chiesa e alla sua dimensione “pneumatica” cioè spirituale e trascendente. Infine ha parlato della “carne per la vita del mondo” che Gesù promette nel mistero eucaristico. “Quello eucaristico è un corpo reale che non ha la dimensione della vera fisicità – ha detto – perché ha dentro di sé un oltre e un altro, la dimensione della trascendenza”. “Nell’arte contemporanea – ha dichiarato Elena Pontiggia (docente di storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Brera) – “dove il tema sacro sembra non toccare certi vertici come avviene nell’arte medievale o rinascimentale, quando tale tema è usato bene può dare spunti nuovi che in passato erano usati meno”.
“L’artista contemporaneo è più libero perché di solito dipinge per sé più che per la committenza e attraverso la sua arte può esprimere verità che possono essere di carattere generale e anche religioso”. La relatrice ha portato vari esempi, con immagini di opere di artisti quali Gauguin, Rouault, Dalì, Guttuso, Tavernari, Bacon, sottolineando come tali artisti “pur presentando immagini di Cristo stravolte, originali, insolite, mostrano il richiamo della religione anche in coloro che si dichiarano non credenti e testimoniano la sensibilità ai drammi del secolo appena concluso”.

Gesù e le donne

Regista Liliana Cavani

Regista Liliana Cavani

Un cortometraggio nato “per caso” dal ricordo di un incontro e da un colloquio con le Clarisse, che aveva suscitato “una sensazione di freschezza e d’intelligenza”. Così la regista Liliana Cavani ha presentato e proiettato il suo cortometraggio inedito.
Quello di Gesù con le donne è “un rapporto di reciproco riconoscimento e reciproca accettazione, che è un passo necessario per un’uguaglianza intesa come rispetto reciproco della differenza”, ha commentato Paola Ricci Sindoni (docente di filosofia morale all’Università di Messina) nell’introdurre il cortometraggio. Citando gli episodi dell’incontro di Gesù con la Maddalena al pozzo di Giacobbe e con Maria di Magdala dopo la Risurrezione, la Ricci Sindoni ha spiegato che “Gesù si espone senza titubanza” al rapporto con le donne, manifestando in particolare “l’esigenza di guardare al mondo femminile secondo l’ottica della relazione personale”.
Emma Fattorini (docente di storia contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma) ha affermato che la Chiesa deve recuperare “l’alleanza con il femminile”, perché le donne “possono essere il centro propulsore di una nuova costituente antropologica”, grazie alla loro peculiare capacità di essere “ponte con i non credenti”. Nella “relazione con il maschile”, ha detto la storica a proposito del cortometraggio di Liliana Cavani, “bisogna imparare dalle Clarisse: loro non si lamentano e non rivendicano, ma esprimono l’amarezza, lo stupore dell’indifferenza. Si rammaricano di non essere viste, di non essere riconosciute in quanto donne, come se non ci fosse niente da imparare da loro”.
Ermenegildo Manicardi (teologo) ha definito lo stile di Gesù con le donne “sincero, cordiale, aperto”, sulla scorta di ciò di cui è rimasta traccia nei Vangeli. “Anche i discepoli sono stupiti dallo stile di Gesù, ma Gesù non indietreggia”.

La cena e la croce

Mons. Piero Coda

Mons. Piero Coda

“Senza Eucaristia non vi è Chiesa e non vi è dispensazione della salvezza”. A ricordarlo è stato Mons. Piero Coda (Preside Istituto Universitario “Sophia”). “La contemporaneità di Gesù non è un’idea, e neppure un’aspirazione. È un fatto, tangibile: qualcosa, qualcuno che – nella sua sconvolgente e silente alterità – si vede, si tocca, si mangia: l’Eucaristia”. Di qui l’insostituibile legame tra la cena e la croce, “due gesti fondatori, l’uno dall’altro indissolubile”, in cui “il primo offre una volta per sempre la verità salvifica del secondo, mentre il secondo nel memoriale del primo si perpetua”. “Nel memoriale della Cena si attualizza, da Cristo Gesù, tutto il bene della Chiesa per la salvezza del mondo”. Ma tutto ciò implica una risposta dell’uomo: “In virtù dell’Eucaristia occorre seguire Gesù nel suo movimento di dedizione e identificazione riconciliatrice che lo porta a scendere negli abissi – sino agli inferi – del cuore, della mente, della vita dell’uomo, di ogni uomo, in ogni tempo e situazione.

Gesù e il dolore degli uomini

Mons. Rino Fisichella

Mons. Rino Fisichella

Mons. Rino Fisichella (Presidente Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione) ha richiamato la “vicinanza di Cristo al dolore dell’uomo che egli ha provato fino in fondo con la sua morte”.
Manfred Lutz
(psichiatra e teologo tedesco) ha parlato della “pericolosa palude fatta di nichilismo, scetticismo, ateismo, pessimismo, un’atmosfera che guadagna terreno un po’ dovunque e fin dentro la Chiesa”. “Mentre un tempo c’era il confronto fra le visioni del mondo, oggi c’è il confronto tra le visioni dell’uomo”, ha aggiunto parlando del dominio della “religione della salute, indiscusso bene massimo un po’ dovunque. Con questa religione la salvezza è attesa qui e ora”. “Oggi si aspetta la vita eterna dalla medicina e l’eterna felicità dalla psicoterapia, così che un uomo non più sano alla fine non è più considerato uomo.
Da qui l’aborto, l’eutanasia, l’abbandono delle persone con handicap”. “Ai cristiani viene affidato il compito centrale di difendere la dignità dell’uomo, specie se debole e indifeso”.

Testimonianza

Majdi Dayyat

Majdi Dayyat

Musulmani e cristiani insieme “al fine di sensibilizzare la gente sui diritti delle persone con disabilità”. Avviene ad Amman, in Giordania, per iniziativa del “Centro Regina Pacis” del Patriarcato latino di Gerusalemme. L’esperienza è stata presentata da Majdi Dayyat (Vicepresidente del Centro “Regina pacis” per gli affari amministrativi ed esecutivi del Patriarcato di Gerusalemme). Il Centro fornisce assistenza “a titolo completamente gratuito”, raggiungendo “più di tremila casi ogni anno”. Inoltre, ha spiegato Dayyat, “ha istituito comitati di volontari” con “membri cristiani e musulmani”. Gli esordi, ha riconosciuto l’ex presidente, “sono stati difficili, con enormi sfide per i membri musulmani e cristiani” eppure col tempo “hanno ottenuto un grande successo a livello ecclesiale” offrendo “l’occasione ai musulmani di scoprire la verità sui cristiani” e ai cristiani “di scoprire il prossimo nei musulmani”.

Storia, coscienza, escatologia

Henning Ottman

Henning Ottman

“L’idea di un fine” ha detto Henning Ottman (docente di Filosofia politica) “è sopraggiunta nel mondo soltanto con il giudaismo e con il cristianesimo. In precedenza si pensava il tempo come un ciclo, un circolo. Ci si orientava sulla natura, il cosmo, il corso ciclico delle stelle, il ripetersi delle stagioni”. Con il cristianesimo questa concezione del tempo e della storia si è trasformata. Per i cristiani la storia ha un fine. “Essa ha un inizio nella creazione, un centro nell’incarnazione di Dio, una fine nel ritorno del Signore”. Se ne deduce che “il soggetto dell’epoca moderna vuole creare se stesso, entrando in una sorta di concorrenza con il Creatore sia in termini di potere che di creatività. La dottrina cristiana della storia ci ricorda qualcosa di diverso”. “Essa ci ricorda la nostra impotenza, la nostra provvisorietà e finitezza, ma ci mostra anche che cosa possiamo sperare e che cosa, con le nostre sole forze, non possiamo permetterci e addirittura non dobbiamo permetterci. L’ultima parola, l’ultimo giudizio, la giustizia finale: tutto questo non si trova affatto nelle nostre mani; ne siamo stati liberati e, visto così, il soggetto della modernità potrebbe essere grato per tutto ciò da cui è stato sollevato, grazie alla sollecitudine di Dio per l’uomo; potrebbe essere più disteso, più tranquillo e meno aggressivo di quanto sia il Prometeo moderno”.

Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti

prof. Nicholas Thomas Wright

prof. Nicholas Thomas Wright

“Ma è avvenuto davvero?” “ma che cosa significa?”. La relazione del prof. Nicholas Thomas Wright (vescovo anglicano di Durham, Università St. Andrews) ha voluto rispondere a queste due domande comuni sulla Risurrezione di Gesù. Rifacendosi al 1°secolo di vita della Chiesa, il professore ha posto in risalto i cambiamenti di vita rispetto al giudaismo, che non trovano altra “risposta plausibile” se non l’effettiva Risurrezione corporea di Gesù verso una fisicità trasformata. L’incontro di Gesù con tre persone chiave: Maria Maddalena, Tommaso e Pietro, ha poi consentito al relatore di accostare la Risurrezione alla vocazione di tutti noi. Infatti “con la risurrezione, ha visto l’alba una nuova creazione, e in questa nuova creazione si sono aperte davanti a noi nuove possibilità. La risurrezione non è la fine della storia; è l’inizio di una nuova storia, precisamente perché Gesù è la primizia e la pienezza del raccolto deve ancora venire. E noi che siamo stati chiamati a lavorare all’interno di questa nuova creazione, dal ministero petrino fino a tutti gli altri ministeri, … troviamo i nostri ministeri di nuovo dati a noi giorno per giorno, a mano a mano che confessiamo le nostre colpe e ancora umilmente diciamo [come Pietro a Gesù]: «Sì, Signore, ti voglio bene». La risurrezione e il perdono sono, dopo tutto, due lati della stessa medaglia; se si crede nell’una, bisogna credere nell’altro”.

Conclusione

card. Camillo Ruini

card. Camillo Ruini

“Il Dio in cui si crede, o non si crede, il Dio di cui anche oggi si discute è, in sostanza, il Dio che ci ha proposto Gesù di Nazaret. Ed è vero pure l’inverso: se Gesù di Nazaret è importante anche oggi per tanti uomini e donne, è perché essi sono convinti, o almeno sperano, che egli abbia un rapporto speciale, anzi unico, con Dio”. Con queste parole il card. Camillo Ruini (Presidente Comitato Progetto Culturale) ha concluso il Convegno internazionale. Ripercorrendo la tre giorni, il cardinale ha sottolineato come i lavori abbiano contribuito a far emergere con speciale forza alcune forme di tale contemporaneità: “Quella delle opere di fraternità che scaturiscono dal prendere sul serio il nostro legame con lui. Quella, intima e particolarmente diretta, del rapporto personale e vivificante che si stabilisce tra lui e chi sceglie di trascorrere, mediante il silenzio e la preghiera, la vita in sua compagnia. Quella dell’esperienza del dolore, attraverso la quale Gesù penetra dentro di noi e si immedesima con noi, offrendoci una difficile ma straordinaria possibilità di immedesimarci a nostra volta con lui. Quella infine, la più alta di tutte, che si realizza in chi muore martire per la fede in lui”.

A cura di Graziella Baldo
[le relazioni integrali di tutti i relatori si possono trovare in: www.progettoculturale.it]