Nell’ambito della rassegna “Segnali di pace” promossa dal Tavolo Provinciale per la Pace, il 16 ottobre 2014 la Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa ha organizzato un incontro presso la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo in Bologna, sul tema “Custodire futuro: etica nel cambiamento”.
È intervenuto il prof. Simone Morandini (docente di Teologia della creazione alla Facoltà Teologica del Triveneto), autore del libro omonimo che porta al linguaggio le problematiche del nostro tempo del cui superamento tutti percepiamo la necessità.
Riportiamo alcune considerazioni da cui emerge l’urgenza della ricerca di un’etica civile in una società plurale.

Il libro “Custodire futuro: etica nel cambiamento” è un testo narrativo scritto in un linguaggio accessibile a tutti e, pertanto, non rivolto ai soli “addetti ai lavori”, che si propone il non facile compito di sensibilizzare alla necessità e all’urgenza di attuare un’etica di cambiamento per uscire nel più breve tempo possibile dal “degrado nella qualità della vita” che tutti avvertiamo oggi in maniera pressante.
Ci sono parole che possono aiutare a costruire una prospettiva etica in questo nostro tempo di cambiamento e di preoccupazione: custodia, indignazione, speranza, resilienza…
morandiniParticolare risalto merita la parola “relazione”, poiché noi tutti abbiamo un’identità intessuta di relazioni interpersonali che ci plasmano e ci formano.
Ciascuno di noi si trova in diversi ambiti di comunità che creano un linguaggio di valori condiviso. Siamo anche plasmati da una società costituita da persone che non si conoscono o con cui si ha poco in comune.
C’è poi la rete che crea collegamenti virtuali che possono essere molto ambigui, poiché in essi si può nascondere la propria identità. Tuttavia in rete nascono anche amori, comunità virtuali.
Possiamo allora dire che siamo costituiti da un insieme di relazioni a vari livelli, ognuno dei quali porta in sé un appello di natura etica, una chiamata ad un comportamento responsabile. L’ambivalenza che caratterizza questi livelli di relazionalità va letta come appello, perché gli elementi di bene sono suscettibili di essere portati a perfezione per completare quella ricchezza di umanità che nella relazione si esprime e trova fondamento, non assumendo lo sguardo del cinico, ma quello dell’osservatore impegnato che si sente profondamente coinvolto.
Come coltivare la resilienza delle nostre identità personali, intendendo per resilienza la capacità di ritrovare equilibrio di fronte alle perturbazioni? Come vivere in un tempo di crisi?
Siamo fragili, esposti al rischio. Bisogna coltivare, individuare risorse che ci consentano di approfondire e consolidare la nostra identità. Abbiamo bisogno di una spiritualità intesa in senso ampio, non necessariamente religioso. Abbiamo bisogno di uno sguardo che sappia andare al di là del singolo istante per disegnare una visione che dia respiro.
Per esempio la parola “comunità” deriva da “cummunus” che significa: dono insieme, poiché essa è il luogo in cui ci si scambiano doni. C’è una condivisione di prospettive che ci aiutano a vivere.
Ma “cum-munus” significa anche onere, carico insieme. Questo significato ci ricorda che nella comunità ci si allena ad assumere responsabilità per gli altri. La comunità non ci rinchiude in uno spazio ristretto da contrapporre ad una società nemica. La comunità è cellula vitale, grazie alla quale la società stessa può essere più sociale, può vivere qualcosa di simile alla comunità.
Abbiamo bisogno di imparare a pensare al bene comune nel tempo del pluralismo ideologico, della non univocità delle appartenenze. Ci sono realtà che non possono essere fruite se non insieme. Si pensi alla cultura, all’ambiente…
Per l’Italia il primo problema è dato dal contrasto della diseguaglianza. Secondo l’art. 3 della Costituzione è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di tipo economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, e impediscono il pieno sviluppo della persona. Questo significa prestare attenzione all’economia, nella consapevolezza che non funzionano né le ricette stataliste, né quelle centrate unilateralmente sul mercato e che la dimensione economica è strettamente intrecciata con la dimensione culturale e ambientale.
Il testo pur non offrendo risposte conclusive, vuole provare a contribuire ad una ricerca inquieta che ha poche certezze, ma interessa l’intera famiglia umana. Tale ricerca ha bisogno di momenti di dialogo e di confronto, allo scopo di provare a contribuire al grande sogno che Gesù ci ha insegnato a chiamare pace.

A cura di Graziella Baldo

custodire futuro“Custodire è un verbo da articolare al futuro (nel segno del progetto e del sogno) e al plurale (nel segno della relazionalità e dell’attenzione per la complessità) […]: tante sono le realtà da custodire, tutelandole contro un vento fatto di mercificazione disgregante, contro una cultura che non sa accogliere l’alterità…”. Una cultura del “custodire” come antidoto per combattere la miopia che non ci fa pensare alle generazioni future e l’arroganza dell’individualismo che non ci fa superare le grandi diseguaglianze sociali del presente. Una riflessione necessaria in questa fase di profondo cambiamento politico e sociale, alla ricerca di un’etica della sostenibilità e del bene comune per aprire nuove vie di speranza e di pace.

Il libro è pubblicato dalle Edizioni Albeggi.